20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Staminali anti sclerosi
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Le malattie neurologiche costituiscono uno dei più intensi campi di ricerca sulle potenzialità terapeutiche delle staminali, le cellule progenitrici indifferenziate sulle quali si appuntano le speranze per svariate patologie. Passi avanti sono stati fatti dalla scoperta di diverse fonti utilizzabili per cellule di questo tipo anche in organismi adulti, in alternativa all'uso degli embrioni e relativi problemi etici. Anche per questo appare molto promettente uno studio italiano nel quale si è riusciti a bloccare la progressione della sclerosi multipla indotta nel topo impiegando staminali prelevate dal midollo osseo di altri topi sani. E' la prima volta che riesce il tentativo di curare una malattia autoimmune, quale la sclerosi multipla, utilizzando le cellule mesenchimali staminali presenti nel midollo osseo, con il vantaggio quindi di poterle prelevare abbastanza agevolmente. La ricerca è opera di autori dell'Ospedale S. Martino e dell'Università di Genova e fa parte di un progetto della Fism (Federazione italiana sclerosi multipla) e sarà pubblicata su Annals of Neurology. I risultati portano i ricercatori ad affermare che la sperimentazione della tecnica sull'uomo potrebbe essere avviata già entro quest'anno. Si potrebbero quindi aprire nuove prospettive per la cura di una malattia che colpisce circa 54mila italiani, nella quale l'obiettivo più difficile da raggiungere resta impedire la progressione a forme più avanzate non rispondenti ai trattamenti.
La sclerosi multipla è una patologia autoimmune in quanto è presente una reazione immunitaria anomala per la quale i linfociti T attaccano e distruggono la mielina, sostanza isolante delle guaine di rivestimento dei nervi necessaria per la trasmissione dei segnali elettrici: senza di essa gli impulsi nervosi non vengono trasferiti e si arriva a crescenti problemi motori. Nel 2005 Antonio Uccelli, autore della ricerca in collaborazione con Gianluigi Mancardi, aveva già dimostrato che le staminali mesenchimali di midollo osseo prelevate, coltivate e iniettate endovena nei roditori con la malattia impedivano l'attivazione impropria dei linfociti nei linfonodi bloccando l'aggressione alla mielina. Il nuovo studio ha confermato e ampliato quei risultati. Iniettando le staminali di topi sani in altri con encefalomielite autoimmune indotta sperimentalmente per simulare la malattia umana, si è osservato che esse bloccavano i linfociti distruttivi salvaguardando la mielina, inoltre raggiungevano il cervello dove proteggevano i neuroni danneggiati dalla reazione immunitaria. Si è così bloccata la progressione della patologia e non ci sono state ricadute. Sembra quindi che una chiave importante per impedire gli sviluppi della sclerosi multipla sia stata identificata in queste cellule staminali presenti nell'organismo adulto e a carattere multipotente, cioè quelle che danno origine ai tipi cellulari specifici dei vari tessuti come il sistema nervoso, il sangue o il muscolo.
Cellule staminali multipotenti, meno indifferenziate di quelle embrionali totipotenti e pluripotenti, si ritrovano in diversi tessuti maturi, compresi quelli fetali. Come le staminali del sistema nervoso ricavate da feti abortiti con le quali si fa ricerca all'Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano (dove c'è una banca di queste cellule), coinvolto anche nel progetto Fism sulla sclerosi multipla, così come lo è l'Istituto S. Raffaele di Milano. Le prospettive d'impiego delle hNSC, cellule staminali neurali umane ottenute dai feti, oltre che in questa malattia sono per esempio nel Parkinson, con protocolli clinici già sperimentati in altri paesi, nella sindrome di Down e nell'Alzheimer. Le ricerche in corso, con queste come con altre cellule progenitrici, quali quelle vascolari, rendono sempre più vicino l'obiettivo finale della medicina rigenerativa, che in teoria potrebbe riparare gli organi danneggiati nelle principali patologie degenerative.
Viviana Zanardi
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Fermata l'aggressione alla mielina
La sclerosi multipla è una patologia autoimmune in quanto è presente una reazione immunitaria anomala per la quale i linfociti T attaccano e distruggono la mielina, sostanza isolante delle guaine di rivestimento dei nervi necessaria per la trasmissione dei segnali elettrici: senza di essa gli impulsi nervosi non vengono trasferiti e si arriva a crescenti problemi motori. Nel 2005 Antonio Uccelli, autore della ricerca in collaborazione con Gianluigi Mancardi, aveva già dimostrato che le staminali mesenchimali di midollo osseo prelevate, coltivate e iniettate endovena nei roditori con la malattia impedivano l'attivazione impropria dei linfociti nei linfonodi bloccando l'aggressione alla mielina. Il nuovo studio ha confermato e ampliato quei risultati. Iniettando le staminali di topi sani in altri con encefalomielite autoimmune indotta sperimentalmente per simulare la malattia umana, si è osservato che esse bloccavano i linfociti distruttivi salvaguardando la mielina, inoltre raggiungevano il cervello dove proteggevano i neuroni danneggiati dalla reazione immunitaria. Si è così bloccata la progressione della patologia e non ci sono state ricadute. Sembra quindi che una chiave importante per impedire gli sviluppi della sclerosi multipla sia stata identificata in queste cellule staminali presenti nell'organismo adulto e a carattere multipotente, cioè quelle che danno origine ai tipi cellulari specifici dei vari tessuti come il sistema nervoso, il sangue o il muscolo.
Prospettive per Parkinson e Down
Cellule staminali multipotenti, meno indifferenziate di quelle embrionali totipotenti e pluripotenti, si ritrovano in diversi tessuti maturi, compresi quelli fetali. Come le staminali del sistema nervoso ricavate da feti abortiti con le quali si fa ricerca all'Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano (dove c'è una banca di queste cellule), coinvolto anche nel progetto Fism sulla sclerosi multipla, così come lo è l'Istituto S. Raffaele di Milano. Le prospettive d'impiego delle hNSC, cellule staminali neurali umane ottenute dai feti, oltre che in questa malattia sono per esempio nel Parkinson, con protocolli clinici già sperimentati in altri paesi, nella sindrome di Down e nell'Alzheimer. Le ricerche in corso, con queste come con altre cellule progenitrici, quali quelle vascolari, rendono sempre più vicino l'obiettivo finale della medicina rigenerativa, che in teoria potrebbe riparare gli organi danneggiati nelle principali patologie degenerative.
Viviana Zanardi
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