Rischi infettivi

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Rischi infettivi



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Trasfusioni pericolose? Sì certo, come qualsiasi altra pratica medica. Come sempre quel che conta è valutare il rischio in rapporto ai benefici. E' inutile fare trasfusioni per una blanda anemia, ma in altri casi è indispensabile. Se è possibile operare con minime perdite di sangue non serve trasfondere per cautela, ma di fronte a un grave trauma con emorragia è inutile porsi la domanda. O si trasfonde o il paziente muore.

Quali rischi


Le recenti vicende giudiziarie hanno rilanciato una delle principali paure e cioè che con la trasfusione possano essere veicolati virus (più facile) e batteri (più raro). Questo rischio è stato quantificato già da tempo. Secondo uno studio del 1995, la possibilità che una unità di sangue trasmetta il virus HIV è di 1 su 300.000; un paziente, cioè, dovrebbe ricevere 300.000 unità di sangue per essere infettato. Quanto all'epatite C il rischio è di 1 su 3.000, che è comunque un rischio piuttosto remoto. Queste elaborazioni si riferiscono al 1992-1993, cioè a un periodo in cui i metodi impiegati per esaminare il sangue raccolto erano meno sensibili di quelli in uso oggi. Quindi attualmente il pericolo dovrebbe essere ulteriormente ridotto.

Gli emoderivati


Il sangue raccolto non viene impiegato soltanto per le trasfusioni, ma anche per ricavarne farmaci chiamati emoderivati. Alcuni, come l'albumina e le immunoglobuline sono assolutamente sicuri, perché vengono pastorizzati, e quindi resi sterili. Altri, come i fattori della coagulazione impiegati per curare gli emofilici, non possono essere sottoposti ad alte temperature perché verrebbero distrutti, e quindi hanno comunque un margine di rischio. Inoltre, poiché vengono ottenuti da grandi quantità di plasma, è sufficiente che una piccola parte sia infettata perché contamini tutta la produzione.

Gli altri rischi

Se il contagio da epatite virale e HIV sono il rischio più presente al pubblico, in effetti teoricamente con le trasfusioni si può andare incontro ad altri effetti indesiderati. Restando al campo delle infezioni virali, vanno citati nuovi virus dei quali è provata la trasmissione per via trasfusionale, per esempio il virus SEN, il virus dell'epatite G e il virus TT. Però di questi virus mentre è provato il contagio, resta ancora da stabilire se causino effettivamente una malattia a carico del fegato.
Imperfette condizioni di conservazione, poi, possono essere all'origine di contagio infezioni batteriche. Ma si tratta di una circostanza molto rara. Secondo i Centers for Disease Control di Atlanta la probabilità è pari a 1 su un milione, dati francesi stimano che la probabilità di incontrare un'unità di sangue infetta sia pari a 2 su 100.000. Insomma un rischio molto basso. Inoltre il rischio è piuttosto basso con i globuli rossi e il plasma, leggermente più alto con le piastrine, perché questo componente del sangue (indispensabile alla coagulazione) è conservato a 24°, una temperatura favorevole alla proliferazione batterica. La principale forma di difesa consiste nell'evitare la contaminazione al momento del prelievo, perché di norma il sangue non presenta batteri se non in caso di infezioni gravi. Vi sono poi i parassiti, come il plasmodio della malaria, ma contaminazioni di questo genere possono verificarsi soltanto se il sangue viene prelevato in zone in cui malattie da parassiti sono endemiche e, anche così, la trasmissione è molto difficile.
Anche se meno presenti al pubblico, vi sono anche i rischi immunologici. Vale a dire che il sangue, per problemi di compatibilità, può dare luogo a reazioni di "rigetto". Quelle più gravi, dette emolitiche perché portano alla distruzione del sangue, sono state evitate, in teoria, con la tipizzazione cioè con la scoperta dei gruppi sanguigni e del fattore Rh. Tuttavia incidenti sono ancora possibili e nel 75% dei casi sono attribuibili all'errore umano nell'identificazione o del gruppo del sangue da trasfondere o nel gruppo di appartenenza del paziente. Tuttavia vi sono altri anticorpi (per esempio quelli anti-HLA) che possono dare origine a reazioni meno gravi in seguito alla trasfusione. Sia chiaro però che si sta parlando di eventi rari.

La prevenzione

Di fatto, per quanto riguarda la trasmissione di malattie virali, la chiave sta nel controllo del donatore e del sangue donato. Attualmente i test più avanzati come la Polymerase Chain Reaction (PCR), consente di rintracciare anche le più piccole tracce di materiale virale. L'altra possibilità sta nel ridurre il fabbisogno di plasma e ed eritrociti, da una parte ricorrendo alle alternative alla trasfusione omologa e, dall'altro, affidandosi sempre più largamente alle biotecnologie per la produzione di emoderivati.

Maurizio Imperiali



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