Sindrome dell'intestino irritabile: un aiuto dai probiotici

21 maggio 2018
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Sindrome dell'intestino irritabile: un aiuto dai probiotici



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«C'era una volta la colite nervosa, che è diventata colite spastica e che oggi è nota come sindrome del colon irritabile, malattia dati precisi alla mano che colpisce oltre 2.700.00 di italiani, di cui mezzo milione in forma grave, ossia tale da compromettere in misura significativa la vita lavorativa, personale e relazionale», spiega il professor Giovanni Barbara, gastroenterologo, docente associato al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell'Università di Bologna parlando del trattamento dell'IBS (Irritable bowel syndrome), che è oggi un'entità patologica precisa: non più quindi un vago disturbo intestinale legato allo stress, come spesso si attribuiva in passato, ma una malattia che riconosce specifici meccanismi patogenetici e un inquadramento clinico ben preciso.

La barriera intestinale


«Il settore anatomico cruciale è la barriera intestinale, costituita da cellule affiancate che devono far passare i nutrienti ma allo stesso tempo deve impedire il passaggio di agenti nocivi e microorganismi, quindi deve funzionare selettivamente. Quando questo non avviene, si verificano alterazioni che provocano uno stato infiammatorio locale. Questa malattia pertanto ha una chiara dimostrazione microscopica, ma si accompagna a sintomi macroscopici, di grande impatto e di disturbo su chi ne soffre», spiega Giovanni Barbara, specialista gastroenterologo, professore associato di Medicina Interna all'università di Bologna e presidente della Società Europea di Neurogastroenterologia.

Utilizzo dei probiotici mirati


I dati sul trattamento mostrano evidenze contrastanti: circa il 40 per cento di tutti i casi non richiede una terapia farmacologica ma interventi semplici sullo stile di vita, metà di tutti i pazienti si rivolge a un medico e la grande maggioranza dei pazienti, l'85 per cento, si sottopone a indagini diagnostiche strumentali che sono in gran parte inutili. Nell'ambito degli interventi non farmacologici per l'IBS, l'utilizzo dei probiotici è raccomandato dalle linee guida internazionali grazie all'azione mirata e clinicamente dimostrata di specifici ceppi sui sintomi perché la 'micro' azione dei probiotici è in grado di prevenire e riparare il danno alla barriera. Anche se non è possibile individuare oggi la composizione ideale del microbiota intestinale di una persona sana, la cosiddetta eubiosi, conosciamo molti dei fattori capaci di alterare il profilo microbico, inducendo una disbiosi cronica, la quale si esprime con segni e sintomi e sono questi ad essere di solito curati nella sindrome dell'intestino irritabile, ignorando del tutto lo stato del microbiota. «È necessario intervenire innanzitutto direttamente sulla disbiosi intestinale - aggiunge il professor Antonio Gasbarrini, ordinario Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - con l'integrazione di prebiotici, cioè sostanze che nutrono la flora intestinale, o probiotici mirati, possibilmente personalizzati, vera novità per il trattamento della sindrome dell'intestino irritabile».

Intestino e cervello si parlano

Probiotici e prebiotici, sana alimentazione e corretto stile di vita, senza dimenticare l'aspetto di benessere psicologico, fortemente implicato nello sviluppo e nella sintomatologia dell'IBS: «esiste un asse neuroendocrino che porta informazioni dall'intestino all'encefalo, il quale a sua volta condiziona la funzionalità digestiva. Quasi tre milioni di italiani soffrono di sindrome dell'intestino irritabile: un problema di microbiota e di barriera intestinale, ma anche di violenze infantili, di sedentarietà e di fragilità psichica», sottolinea infatti il professor Vincenzo Stanghellini, ordinario del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Un asse intestino-cervello, quindi, per spiegare la correlazione fra disturbi dell'umore e sindrome dell'intestino irritabile.


Silvia Ambrogio
Biologa nutrizionista



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