22 giugno 2009
Aggiornamenti e focus
Reflusso bruciante
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Il passaggio di materiale dallo stomaco all'esofago è fisiologico, diventa patologico quando dura troppo e il materiale gastrico rimane più a lungo a contatto con l'esofago. Le cause non sono note o per lo meno non esistono studi statistici a riprova, ma esistono alcuni fattori, dal regime alimentare ricco di grassi ai pasti consumati in fretta, che facilitano l'insorgenza di una cattiva digestione che può evolversi in malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). A livello fisiologico si assiste a un'alterata peristalsi, che non facilita il ritorno del materiale gastrico verso lo stomaco, e una dismotilità che riduce la capacità dello sfintere esofageo, la valvola che separa lo stomaco dall'esofago di resistere alla pressione gastrica e quindi mantenersi chiuso.
I sintomi sono provocati proprio dal fenomeno del reflusso che ha un'azione irritativa sulla mucosa esofagea. Il quadro clinico della MRGE è costituito da sintomi tipici altamente specifici (la pirosi retrosternale e il rigurgito) e da sintomi cosiddetti atipici che possano riguardare sia l'esofago (dolore toracico non-cardiaco) che il distretto oro-faringeo (disfagia, raucedine) e le vie aeree (tosse secca, crisi asmatiche). La MRGE presenta un'evoluzione clinica: il fisiologico reflusso può dare origine ai sintomi, tipici o atipici, può derivarne successivamente l'esofagite a cui possono fare seguito le complicanze. L'esofago di Barrett è una di queste: l'epitelio esofageo in risposta ai continui insulti degli acidi gastrici si modifica in epitelio gastrico più resistente e infine in epitelio intestinale. E' una lesione potenzialmente precancerosa che quindi può evolversi in adenocarcinoma, una neoplasia in aumento con una bassissima percentuale, 10-15%, di sopravvivenza a 5 anni.
La manifestazione di sintomi atipici, come il dolore al torace, il dolore epigastrico e la nausea, spinge i pazienti verso specialisti diversi. Anche i sintomi extraesofagei, a livello faringeo e laringeo (raucedine, laringite, irritazione corde vocali), polmonare (tosse cronica, asma) e i disturbi del sonno, muovono i sospetti verso altre patologie. Il 50% dei pazienti con dolore al torace, non di origine cardiaca, il 78% di quelli con raucedine cronica e l'82% di quelli con asma di origine non allergica risulta avere disturbi da reflusso acido. L'indagine endoscopica diagnostica con certezza l'esofagite. In base a una classificazione, che considera l'ampiezza delle lesioni della mucosa, si misura il grado (A, B, C, D) della patologia. Un altro esame efficace è la pH-metria (esame dei valori di acidità dell'esofago): eseguita in caso di bruciore retrosternale evidenzia nel 50-70% dei casi un'anormale esposizione all'acido, anche se nel 30-50% dei casi si tratta di un'esposizione fisiologica che fa comparire il sintomo in pazienti con esofago ipersensibile che risponde più acutamente alla presenza di acidi.
Gli obiettivi della terapia sono la scomparsa dei sintomi, la guarigione dell'esofagite, la prevenzione delle complicazioni e l'efficienza economica (miglior risultato nel più breve tempo possibile). Si distinguono storicamente due tipi di approcci: step-up e step-down. Nel primo caso, si evita il sovraccarico di farmaci iniziale, somministrando farmaci e dosi inizialmente meno forti per poi adeguarsi ai risultati. I costi finali tendono a essere più elevati appesantiti anche degli oneri di verifiche diagnostiche. Nel sistema step-down il farmaco impiegato inizialmente è più potente per poi diminuire dosaggi o frequenza di somministrazione, i costi iniziali sono più elevati ma ammortizzati dalla rapidità di risoluzione dei sintomi e la realizzazione dei risultati, inoltre l'eventuale, ma rapida scomparsa dei sintomi si può considerare un test diagnostico per accertare la natura dei sintomi. Gli aspetti negativi dell'approccio sono i potenziali effetti collaterali del trattamento. I farmaci che attualmente rispondono a questi criteri e anche i più diffusi sono i PPI, gli inibitori della pompa protonica. In caso di sintomi lievi e poco frequenti si consiglia di eseguire terapie sintomatiche all'occorrenza e di ripetere una breve terapia farmacologica. Se i sintomi sono più severi e frequenti e necessario intervenire quotidianamente con i PPI per controllare l'acidità gastrica e se le recidive, di sintomi o di lesioni, sono frequenti o compaiono complicazioni si può ipotizzare di ricorrere alla chirurgia, anche se è la soluzione tra le meno preferite dai chirurghi stessi e quasi mai necessaria.
Simona Zazzetta
Conferenza "Malattia da Reflusso Gastroesofageo", 3° Update Media & Salute Milano, 14 maggio 2002
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
I sintomi sono provocati proprio dal fenomeno del reflusso che ha un'azione irritativa sulla mucosa esofagea. Il quadro clinico della MRGE è costituito da sintomi tipici altamente specifici (la pirosi retrosternale e il rigurgito) e da sintomi cosiddetti atipici che possano riguardare sia l'esofago (dolore toracico non-cardiaco) che il distretto oro-faringeo (disfagia, raucedine) e le vie aeree (tosse secca, crisi asmatiche). La MRGE presenta un'evoluzione clinica: il fisiologico reflusso può dare origine ai sintomi, tipici o atipici, può derivarne successivamente l'esofagite a cui possono fare seguito le complicanze. L'esofago di Barrett è una di queste: l'epitelio esofageo in risposta ai continui insulti degli acidi gastrici si modifica in epitelio gastrico più resistente e infine in epitelio intestinale. E' una lesione potenzialmente precancerosa che quindi può evolversi in adenocarcinoma, una neoplasia in aumento con una bassissima percentuale, 10-15%, di sopravvivenza a 5 anni.
La manifestazione di sintomi atipici, come il dolore al torace, il dolore epigastrico e la nausea, spinge i pazienti verso specialisti diversi. Anche i sintomi extraesofagei, a livello faringeo e laringeo (raucedine, laringite, irritazione corde vocali), polmonare (tosse cronica, asma) e i disturbi del sonno, muovono i sospetti verso altre patologie. Il 50% dei pazienti con dolore al torace, non di origine cardiaca, il 78% di quelli con raucedine cronica e l'82% di quelli con asma di origine non allergica risulta avere disturbi da reflusso acido. L'indagine endoscopica diagnostica con certezza l'esofagite. In base a una classificazione, che considera l'ampiezza delle lesioni della mucosa, si misura il grado (A, B, C, D) della patologia. Un altro esame efficace è la pH-metria (esame dei valori di acidità dell'esofago): eseguita in caso di bruciore retrosternale evidenzia nel 50-70% dei casi un'anormale esposizione all'acido, anche se nel 30-50% dei casi si tratta di un'esposizione fisiologica che fa comparire il sintomo in pazienti con esofago ipersensibile che risponde più acutamente alla presenza di acidi.
Gli obiettivi della terapia sono la scomparsa dei sintomi, la guarigione dell'esofagite, la prevenzione delle complicazioni e l'efficienza economica (miglior risultato nel più breve tempo possibile). Si distinguono storicamente due tipi di approcci: step-up e step-down. Nel primo caso, si evita il sovraccarico di farmaci iniziale, somministrando farmaci e dosi inizialmente meno forti per poi adeguarsi ai risultati. I costi finali tendono a essere più elevati appesantiti anche degli oneri di verifiche diagnostiche. Nel sistema step-down il farmaco impiegato inizialmente è più potente per poi diminuire dosaggi o frequenza di somministrazione, i costi iniziali sono più elevati ma ammortizzati dalla rapidità di risoluzione dei sintomi e la realizzazione dei risultati, inoltre l'eventuale, ma rapida scomparsa dei sintomi si può considerare un test diagnostico per accertare la natura dei sintomi. Gli aspetti negativi dell'approccio sono i potenziali effetti collaterali del trattamento. I farmaci che attualmente rispondono a questi criteri e anche i più diffusi sono i PPI, gli inibitori della pompa protonica. In caso di sintomi lievi e poco frequenti si consiglia di eseguire terapie sintomatiche all'occorrenza e di ripetere una breve terapia farmacologica. Se i sintomi sono più severi e frequenti e necessario intervenire quotidianamente con i PPI per controllare l'acidità gastrica e se le recidive, di sintomi o di lesioni, sono frequenti o compaiono complicazioni si può ipotizzare di ricorrere alla chirurgia, anche se è la soluzione tra le meno preferite dai chirurghi stessi e quasi mai necessaria.
Simona Zazzetta
Conferenza "Malattia da Reflusso Gastroesofageo", 3° Update Media & Salute Milano, 14 maggio 2002
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