Diabete e obesità, un’associazione ad alto rischio

04 aprile 2011
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Diabete e obesità, un’associazione ad alto rischio



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Il 66,7% delle persone con diabete di tipo 2 è anche obeso e solo il 17,9% risulta di peso normale, in pratica, sono sovrappeso 21 milioni di Italiani, obesi 6 milioni, con diabete 3 milioni, e 2 milioni con l'uno e l'altro problema. Sono questi i dati forniti dagli Annali 2010 dell'Associazione medici diabetologi (Amd) che fanno comprendere come diabete e obesità si sostengano a vicenda aumentando i rischi: un diabetico sovrappeso raddoppia il proprio rischio di morire entro 10 anni rispetto a un diabetico di peso normale.

L'associazione diabete-obesità, chiamata anche, con un termine coniato dalla stessa Organizzazione della snità che ne ha riconosciuto la gravità, diabesità, deve preoccupare, perché di diabesità si muore: «Il rischio di morte raddoppia ogni 5 punti di crescita dell'indice di massa corporea» spiega Antonio Pontiroli, direttore Medicina II, Azienda ospedaliera Polo universitario San Paolo «un diabetico sovrappeso raddoppia il proprio rischio di morire entro 10 anni rispetto a un diabetico di peso normale; per un diabetico obeso il rischio quadruplica». Le due condizioni si sostengono a vicenda, e visti i numeri così alti della loro combinazione, vengono considerati la vera epidemia che ha effetti anche nel tempo, poiché non è solo l'aumento di peso che incide sui rischi ma anche per quanto tempo si rimane in sovrappeso: «Sono stati pubblicati dati di uno studio dell'Università di Melbourne in Australia, che dimostrano come più a lungo si è obesi, più il rischio di morte cresce: duplica se si è obesi per un periodo dai 5 ai 15 anni, triplica oltre i 15 anni».

Dando per scontato che sarebbe meglio dimagrire, anche sul fronte medico ci sono strumenti efficaci come spiega Pontiroli: «Le strade che si stanno battendo sono essenzialmente due: sviluppare farmaci contro il diabete che abbiano anche un'azione di riduzione del peso corporeo e, dall'altra parte, mettere a punto interventi di chirurgia bariatrica destinati alla riduzione del peso, che abbiano anche un ruolo nella cura del diabete». In campo farmacologico, le novità sono i farmaci incretino-mimetici il capostipite dei quali è exenatide, a seguire liraglutide, primo analogo del Glp-1 umano disponibile in Italia da settembre 2010, che può già oggi essere assunto in un'unica dose giornaliera, per via sottocutanea. Sul lato chirurgico, è ormai assodato che l'intervento bariatrico, che rappresenta una valida cura dell'obesità grave, in determinate condizioni produce effetti positivi anche sul diabete. «La chirurgia bariatrica, secondo gli Standard italiani per la cura del diabete mellito, è raccomandata nelle persone adulte con diabete tipo 2 e obesità grave, con indice di massa corporea superiore o uguale a 35», precisa Pontiroli. «In queste persone, il calo di peso che si mantiene nel tempo è sufficiente a produrre un sostanziale miglioramento o persino la scomparsa del diabete tipo 2. Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato come il dimagrimento prodotto dall'intervento chirurgico abbassi il rischio relativo di mortalità di quasi il 70% a fronte di una riduzione ottenuta con i farmaci antidiabete del 30-40%».



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