22 giugno 2009
Aggiornamenti e focus
Prevenzione vitale
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Che la prevenzione sia un mezzo efficace, lo dice il buon senso, ma servono numeri per giustificare (e chiedere) investimenti pubblici e strumenti per misurare i successi di politiche sanitarie orientate a implementare o potenziare programmi di screening. Uno degli ambiti in cui la prevenzione è di fondamentale importanza è l'oncologia, soprattutto vista la disponibilità di trattamenti che, se precoci, possono garantire la guarigione. Lo strumento per misurarne l'efficacia si chiama EUROCARE uno studio arrivato al quarto aggiornamento. Il primo risale al 1995.
La valutazione è stata condotta a livello europeo, in l'Italia, l'EUROCARE Working Group è stato coordinato dall'Istituto dei Tumori di Milano, con elaborazione dei dati presso l'Istituto Superiore di Sanità (ISS). I ricercatori hanno adottato come indicatore principale la sopravvivenza a livello di popolazione, riconosciuta anche come la probabilità di essere curati per un tumore e hanno confrontato i valori riscontrati nei diversi paesi per stimare l'efficacia dei sistemi sanitari in ambito oncologico. Si tratta di un parametro molto complesso, poiché la sopravvivenza può dipendere da diversi fattori. Un'aspettativa di vita più lunga può riflettere una diagnosi precoce, un eccesso di diagnosi o semplicemente una morte tardiva, aspetti che dipendono dalle risorse che un paese stanzia per il controllo dei tumori e che quindi spiegano bene la relazione tra l'investimento e la sopravvivenza a cinque anni per tutti i tipi di tumore. Nel complesso, l'EUROCARE 4 ha incluso i dati di 93 Registri dei Tumori di 23 stati europei, per un totale di 13 milioni e mezzo di pazienti con diagnosi di tumore ricevuta tra il 1978 e il 2002 e monitorati almeno fino al 2003.
Il dato di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per tutti i tipi di cancro considerati ha registrato un aumento del 5% per gli uomini (passato dal 34 al 39%) e del 7% per le donne (dal 52 al 59%). Gli incrementi più significativi della sopravvivenza riguardano il tumore della prostata (salito dal 58 al 79%), del colon e del retto (dal 48 al 54% per entrambi i sessi), del seno (dal 74 all'83%). Un risultato reso possibile, dicono i ricercatori, anche grazie alla diffusione della diagnosi precoce con test del PSA, mammografia, colonscopia ed esame del sangue occulto nelle feci per il colon-retto. Da segnalare anche gli incrementi di sopravvivenza nei pazienti con cancro allo stomaco (dal 22 al 24%), alla laringe (dal 62 al 64% negli uomini), da melanoma della pelle (dal 78 all'83%), dal linfoma di Hodgkin (dal 77 all'83%) e da quello di non- Hodgkin (dal 49 al 56%), da leucemia (dal 37 al 42%). La sopravvivenza non è invece migliorata per le donne affette da tumore alla laringe e alla cervice uterina, e, per entrambi i sessi, per i tumori ai polmoni. "Il marcato aumento della sopravvivenza - si legge in una nota dell'ISS - nei paesi in cui essa era bassa agli inizi degli anni '80 suggerisce che sono stati fatti miglioramenti per l'adozione di procedure diagnostiche adeguate e di protocolli di trattamento standardizzati". Tuttavia permangono dei divari soprattutto per diagnosi risalenti al periodo 1995-1999 e le ragioni vanno ricercate probabilmente, oltre che nelle differenze di accesso allo screening per avere diagnosi precoci, anche nella diversa disponibilità dei trattamenti.
Simona Zazzetta
Ufficio stampa ISS
Eur J Cancer. Volume 45, Issue 6, April 2009
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
La valutazione è stata condotta a livello europeo, in l'Italia, l'EUROCARE Working Group è stato coordinato dall'Istituto dei Tumori di Milano, con elaborazione dei dati presso l'Istituto Superiore di Sanità (ISS). I ricercatori hanno adottato come indicatore principale la sopravvivenza a livello di popolazione, riconosciuta anche come la probabilità di essere curati per un tumore e hanno confrontato i valori riscontrati nei diversi paesi per stimare l'efficacia dei sistemi sanitari in ambito oncologico. Si tratta di un parametro molto complesso, poiché la sopravvivenza può dipendere da diversi fattori. Un'aspettativa di vita più lunga può riflettere una diagnosi precoce, un eccesso di diagnosi o semplicemente una morte tardiva, aspetti che dipendono dalle risorse che un paese stanzia per il controllo dei tumori e che quindi spiegano bene la relazione tra l'investimento e la sopravvivenza a cinque anni per tutti i tipi di tumore. Nel complesso, l'EUROCARE 4 ha incluso i dati di 93 Registri dei Tumori di 23 stati europei, per un totale di 13 milioni e mezzo di pazienti con diagnosi di tumore ricevuta tra il 1978 e il 2002 e monitorati almeno fino al 2003.
Il dato di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per tutti i tipi di cancro considerati ha registrato un aumento del 5% per gli uomini (passato dal 34 al 39%) e del 7% per le donne (dal 52 al 59%). Gli incrementi più significativi della sopravvivenza riguardano il tumore della prostata (salito dal 58 al 79%), del colon e del retto (dal 48 al 54% per entrambi i sessi), del seno (dal 74 all'83%). Un risultato reso possibile, dicono i ricercatori, anche grazie alla diffusione della diagnosi precoce con test del PSA, mammografia, colonscopia ed esame del sangue occulto nelle feci per il colon-retto. Da segnalare anche gli incrementi di sopravvivenza nei pazienti con cancro allo stomaco (dal 22 al 24%), alla laringe (dal 62 al 64% negli uomini), da melanoma della pelle (dal 78 all'83%), dal linfoma di Hodgkin (dal 77 all'83%) e da quello di non- Hodgkin (dal 49 al 56%), da leucemia (dal 37 al 42%). La sopravvivenza non è invece migliorata per le donne affette da tumore alla laringe e alla cervice uterina, e, per entrambi i sessi, per i tumori ai polmoni. "Il marcato aumento della sopravvivenza - si legge in una nota dell'ISS - nei paesi in cui essa era bassa agli inizi degli anni '80 suggerisce che sono stati fatti miglioramenti per l'adozione di procedure diagnostiche adeguate e di protocolli di trattamento standardizzati". Tuttavia permangono dei divari soprattutto per diagnosi risalenti al periodo 1995-1999 e le ragioni vanno ricercate probabilmente, oltre che nelle differenze di accesso allo screening per avere diagnosi precoci, anche nella diversa disponibilità dei trattamenti.
Simona Zazzetta
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