27 aprile 2012
Interviste
Corsa, bici e nuoto: per cominciare meglio una visita medica
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Sui benefici dell'attività fisica, almeno quella moderata, la comunità medica è sostanzialmente d'accordo: ne basta poca e regolare per tenere il peso sotto controllo e combattere i rischi derivanti dalla sedentarietà, come lo sviluppo di diverse malattie croniche, in particolare quelle dell'apparato cardiovascolare. Ma prima di intraprendere qualsiasi attività, amatoriale o agonistica che sia, è fondamentale effettuare una visita medica, una buona occasione per fare il punto della situazione sulla propria salute. Lo conferma Enrico Arcelli, professore associato presso la facoltà di Scienze Motorie dell'Università degli Studi di Milano e nel passato responsabile federale del mezzofondo, del fondo e della marcia per la federazione di atletica leggera: «È indiscutibile, l'attività fisica fa bene a tutto l'organismo, ma ci sono situazioni che sconsigliano l'attività per malformazioni congenite del cuore che una visita medico-sportiva è in grado di individuare. In Italia la visita, per chi fa attività all'interno di una struttura sportiva, è obbligatoria per legge e la casistica di mortalità è di gran lunga inferiore a quella degli Stati Uniti, dove non ci sono obblighi di questo tipo» continua l'esperto. La legge italiana, infatti, impone a chi comincia un'attività sportiva di effettuare una visita di idoneità, distinguendo tra attività agonistica e amatoriale. «La legge risale agli anni '70, dopo due casi fatali, quello di Vendemmini e quello di Curi, che sconvolsero il mondo sportivo» spiega Arcelli. «Una legge che divise il mondo della medicina sportiva, ricordo un fisiologo svedese convinto che a fare la visita dovessero essere le persone che non facevano attività sportiva per essere certi di poterne fare a meno. Ma col tempo si sono conosciute sempre meglio alcune patologie e i progressi fatti con questa legge sono importanti». La visita, peraltro, non può escludere in maniera assoluta che si possano verificare casi e la cronaca recente, con la scomparsa del giocatore del Livorno Piermario Morosini, ne è la conferma «è impossibile prevedere tutti i casi» conferma il medico sportivo «alcune patologie sono difficili da valutare, ma nonostante un piccolo margine di rischio si è tutelati».
E lo sportivo "della domenica" ? Per chi pratica un'attività amatoriale, al di fuori del contesto di società sportive e magari dopo un periodo di sedentarietà prolungata, il suggerimento è sempre quello di un consulto con il proprio medico, quantomeno per una valutazione generale: udito, vista, movimenti, misurazione della pressione e auscultazione del battito cardiaco. Quanto più l'attività cresce di intensità tanto più la visita deve essere specifica e contemplare un elettrocardiogramma, a riposo e sotto sforzo, una spirometria e alcuni esami di laboratorio, in particolare quello delle urine. In questo modo è possibile valutare la risposta cardiaca e la capacità polmonare. Il certificato e quindi la visita, anche se in molti casi viene rilasciato senza effettuarla, può essere richiesta al medico curante. La visita medico sportiva vera e propria si può effettuare sia presso l'Asl, dove si trova un medico dello sport, sia presso uno studio privato sia presso un centro sportivo, che spesso dispone di un proprio medico specialista. Nel primo caso è sufficiente prendere appuntamento e pagare il ticket, negli altri due si paga, in genere attorno ai 50 euro, come per ogni visita specialistica. Espletata la "formalità" visita medica si può cominciare, senza trascurare, però, una serie di accorgimenti. «Per cominciare è necessaria gradualità» spiega Arcelli che fa riferimento alla corsa, con consigli che possono valere anche per altre discipline, come la bici o il nuoto «aumentando di intensità col passare del tempo. All'inizio bisogna essere molto attenti alla respirazione, se correndo molto piano non si riesce a parlare allora è meglio camminare. Molti poi» continua il medico dello sport «consigliano l'alternanza di corsa e camminata. Io sono contrario perché considero gli intervalli e i cambi di ritmo troppo impegnativi. Meglio essere blandi ma costanti». Quante sedute è meglio fare nella settimana? «Tre sedute sono l'ideale, l'importante è avere sempre un giorno di riposo in mezzo e crescere gradualmente nel tempo dell'attività. Meglio non farsi prendere dall'euforia del miglioramento» secondo Arcelli. Infine le ultime due raccomandazioni «correre con il clima mite, evitando salite e discese, impegnative per la parte cardiocircolatoria e muscolare e alimentarsi nel modo giusto. Meglio lasciare un certo intervallo dal pasto. Al mattino appena svegli, per esempio, l'ideale è correre digiuni» conclude l'esperto, che invita a «evitare di fare gli eroi, soprattutto dopo una certa età».
Marco Malagutti
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