Rete ematologica lombarda: pari accesso a terapie innovative del linfoma

07 marzo 2013
Aggiornamenti e focus

Rete ematologica lombarda: pari accesso a terapie innovative del linfoma



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Circa 100 strutture che si occupano di patologie del sangue, oncologiche e non, di cui 12 sono divisioni specialistiche di ematologia, organizzate per livelli di complessità e intensità di cura, all'interno di una rete regionale. È questa la forma della Rete ematologica lombarda (Rel) giunta al suo quinto anno di attività, e presentata solo ora in un incontro pubblico svoltosi a Milano. «La Rete è nata nel 2008» ha spiegato Enrica Morra, direttore del Dipartimento di ematologia e oncologia, dell'ospedale Niguarda di Milano «con l'obiettivo di mettere in comunicazione tutti coloro che si occupano di patologie ematologiche, dai linfomi alle anemie, e di dare pari opportunità di accesso, a tutti i cittadini, ai percorsi di cura e alle terapie più aggiornate ed efficaci, tra cui diversi farmaci innovativi come gli anticorpi monoclonali». Ed è proprio su questi farmaci che i centri lombardi, oltre a impiegarli nel trattamento, hanno avuto la possibilità di rientrare in studi clinici internazionali per sperimentarne nuove formulazioni: «La parola d'ordine è qualità della vita, non soltanto efficacia» ha chiarito Morra «obiettivi che hanno spinto la ricerca verso la sperimentazione della somministrazione sottocute del rituximab, capostipite degli anticorpi monoclonali utilizzati contro il linfoma, che modifica l'approccio del paziente alla terapia poiché permette di passare da un'infusione endovena del farmaco che dura 5-6 ore e necessita di un monitoraggio da parte di un operatore sanitario a infusione sottocutanea che si esegue in 10 minuti, con risparmio sui costi». Si tratta di farmaci che restano, in ogni caso, costosi, ha ribadito l'esperta, «ma nell'organizzazione della Rete c'è il razionale per la sua sostenibilità basato su strutture differenziate in livelli di assistenza e di intensità di cura, sull'allocazione dell'eccellenza in pochi centri, che siano raggiungibili senza rischi per il paziente e dove è necessario avere il coraggio i tetti di spesa per l'innovazione, e sul corretto risk assessment dei pazienti affinché siano inviati al centro di livello più appropriato». La Rete lombarda, tuttavia, non è ancora ottimizzata: «Ci sono ancora margini di miglioramento» ha concluso Morra «servono dieci anni di attività per portarla al massimo, per migliorare l'appropriatezza terapeutica e diagnostica».



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