13 luglio 2017
Aggiornamenti e focus
Ai batteri buoni dell’intestino piacciono i mirtilli rossi
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"Grazie agli xiloglucani (zuccheri) presenti nella parete delle cellule dei mirtilli rossi i bifidobatteri (batteri buoni dell'intestino) riescono a crescere bene e modificano il loro metabolismo producendo sostanze diverse da quelle abitualmente prodotte". È quanto si legge in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Applied and environmental microbiology da un gruppo di ricerca statunitense, grazie anche ai finanziamenti della Ocean Spray Inc., un consorzio che produce e commercializza frutta e che ha fornito la materia prima per la ricerca.
«Oltre a nutrire noi, gli alimenti che assumiamo con la dieta quotidiana servono anche a nutrire la folta schiera di microrganismi che vivono nel nostro intestino e che sono fondamentali per la salute e il benessere» spiega David Sela nutrizionista e microbiologo della University of Massachusetts Amherst e coordinatore della ricerca che poi aggiunge: «Negli alimenti ci sono molti prebiotici, ovvero sostanze che noi non riusciamo a digerire ma che sono indispensabili per nutrire "quei bravi ragazzi" che vivono nel nostro intestino, ovvero i batteri buoni che ci aiutano a stare bene».
Proprio su un gruppo di batteri buoni - i bifidobatteri - si è concentrato il lavoro svolto in laboratorio da Sela e colleghi dal quale è emerso che uno zucchero (xiloglucano) presente nella parete dei mirtilli rossi rappresenta un cibo gradito per i bifidobatteri che quando lo consumano cominciano a produrre acido formico e meno acido lattico come invece fanno di solito.
«Il significato per la nostra salute di questo cambiamento nel metabolismo dei batteri è ancora da esplorare, ma probabilmente è una modifica importante in termini di equilibrio delle specie di microbi presenti nell'intestino» aggiunge l'autore, che con il suo gruppo vuole esplorare gli effetti di altre molecole sulla crescita dei bifidobatteri e gli effetti dello xiloglucano su altre popolazioni microbiche. «Questi risultati sottolineano ancora una volta l'importanza dei prebiotici che ci aiutano a nutrire e a modulare la composizione dei piccoli "amici" presenti nell'intestino e potrebbe in futuro avere implicazioni nella produzione di integratori ad hocper far crescere uno specifico gruppo di microrganismi buoni» conclude Sela.
Fonte: Appl Environ Microbiol. 2017. doi: 10.1128/AEM.01097-17
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«Oltre a nutrire noi, gli alimenti che assumiamo con la dieta quotidiana servono anche a nutrire la folta schiera di microrganismi che vivono nel nostro intestino e che sono fondamentali per la salute e il benessere» spiega David Sela nutrizionista e microbiologo della University of Massachusetts Amherst e coordinatore della ricerca che poi aggiunge: «Negli alimenti ci sono molti prebiotici, ovvero sostanze che noi non riusciamo a digerire ma che sono indispensabili per nutrire "quei bravi ragazzi" che vivono nel nostro intestino, ovvero i batteri buoni che ci aiutano a stare bene».
Proprio su un gruppo di batteri buoni - i bifidobatteri - si è concentrato il lavoro svolto in laboratorio da Sela e colleghi dal quale è emerso che uno zucchero (xiloglucano) presente nella parete dei mirtilli rossi rappresenta un cibo gradito per i bifidobatteri che quando lo consumano cominciano a produrre acido formico e meno acido lattico come invece fanno di solito.
«Il significato per la nostra salute di questo cambiamento nel metabolismo dei batteri è ancora da esplorare, ma probabilmente è una modifica importante in termini di equilibrio delle specie di microbi presenti nell'intestino» aggiunge l'autore, che con il suo gruppo vuole esplorare gli effetti di altre molecole sulla crescita dei bifidobatteri e gli effetti dello xiloglucano su altre popolazioni microbiche. «Questi risultati sottolineano ancora una volta l'importanza dei prebiotici che ci aiutano a nutrire e a modulare la composizione dei piccoli "amici" presenti nell'intestino e potrebbe in futuro avere implicazioni nella produzione di integratori ad hocper far crescere uno specifico gruppo di microrganismi buoni» conclude Sela.
Fonte: Appl Environ Microbiol. 2017. doi: 10.1128/AEM.01097-17
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