Terapie psicosociali per l’Alzheimer

12 marzo 2018
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Terapie psicosociali per l’Alzheimer



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Negli ultimi anni le terapie farmacologiche non hanno dato grandi risultati nel rallentamento e nella cura della malattia di Alzheimer e di altri tipi di demenza. Da qui sembra accresciuto anche in Italia l'interesse per quelle che sono le terapie non farmacologiche. "In realtà, le cosiddette terapie non farmacologiche godono di una dignità propria" spiega Piero Secreto, responsabile Struttura Complessa Geriatria, Alzheimer e altre Demenze del Presidio Riabilitativo Beata Vergine della Consolata "Fatebenefratelli" di San Maurizio Canavese alle porte di Torino. "Non è che le utilizziamo perché non abbiamo altri strumenti validi a disposizione. Anzi, viene sempre più raccomandato che le strategie non farmacologiche nella demenza siano da preferire come prima di linea di trattamento, indipendentemente dalla presenza o assenza dei farmaci. Possono, quindi, essere associate o addirittura anticiparli". Perché esistono evidenze di miglioramento.

Attività per migliorare la vita del malato

Da tempo è passato il concetto che le persone con demenza lieve devono avere l'opportunità di partecipare a gruppi di stimolazione cognitiva strutturata. "In quest'ottica, il nostro Centro ha come obiettivo il mantenimento e il potenziamento delle abilità cognitive residue attraverso la stimolazione cognitiva dei circuiti neuronali che sono rimasti" spiega Piero Secreto. Spesso si riesce a migliorare la qualità di vita della persona, talvolta anche con un rallentamento dello sviluppo della malattia. Ci sono evidenze che la stimolazione cognitiva porta un beneficio in fase iniziale ma anche in fase moderata e avanzata della demenza. E contribuisce a mantenere la persona al proprio domicilio con riduzione dell'ansia e di forme di depressione. Tante le attività che vengono proposte e che riguardano tra le altre uso della luce, terapia della reminescenza, stimolazione cognitiva individuale e di gruppo, uso della musica, massaggi, esercizio fisico.

La forza del gruppo

In questo modo il malato riesce ad adattarsi il più possibile all'ambiente in cui vive e migliora la percezione che ha di sé. Meglio se gli esercizi sono costruiti su misura, adattati al grado di deterioramento della singola persona. "Molto spesso è necessario realizzare queste attività anche in modo creativo, ritagliandole sulle problematiche di ciascun malato" afferma Piero Secreto. Nelle malattie psico-sociali è fondamentale il gruppo. Soprattutto nelle fasi più avanzate di malattia. Si creano, infatti, relazioni interdipendenti che influiscono sulla terapia. Nel Centro di San Maurizio Canavese è stato chiesto ai pazienti che partecipano a queste attività che cosa si aspettavano dal lavoro in gruppo. Ecco alcune risposte:
  • migliorare il cervello
  • stare bene insieme
  • condividere le esperienze
  • sentirsi compresi
  • trovare un clima familiare
E alla domanda "Perché ti è piaciuto partecipare alle attività di gruppo?" hanno risposto:
  • ho fatto tanta attività
  • è stata una bella esperienza
  • ho fatto movimento
  • mi sono sentito a mio agio

Carla De Meo



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