04 settembre 2009
Aggiornamenti e focus
Il vaccino protegge il pancione
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Stando a un'indagine recente voluta dall'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (O.N.Da) esiste una notevole informazione sui rischi associati alle malattie infettive durante la gravidanza: l'80% delle donne ne è al corrente, tuttavia solo il 50% di queste ha fatto ricorso a una vaccinazione prima di intraprendere la gravidanza. Le percentuali variano molto tra una regione e l'altra, a conferma che le iniziative istituzionali sortiscono effetto qualora vengono attuate. Un elemento fondamentale evidenziato dagli esperti è lo screening per le malattie infettive da effettuare prima del concepimento.
«E' opportuno - spiega Alessandra Kustermann, responsabile del Servizio di Diagnosi prenatale e del Centro soccorso violenza sessuale dell'Ospedale Policlinico Mangiagalli e Regina Elena - che le donne conoscano, preventivamente alla gravidanza, il proprio stato immunologico eseguendo lo screening per citomegalovirus, rosolia e toxoplasmosi. Nel caso della rosolia la donna può eseguire la vaccinazione e intraprendere la gravidanza solo in un successivo momento. Il medico di base - aggiunge l'esperta - dovrebbe consigliare il vaccino a tutte le donne in età fertile insieme a quello per l'epatite B. Per altre infezioni come il citomegalovirus, invece, purtroppo, anche se sarebbe utile, il vaccino non è ancora disponibile. Ha un senso, infine, anche effettuare lo screening per sifilide e HIV, perché questo modifica la condotta ostetrica». Queste considerazioni sono particolarmente opportune per le donne che svolgono lavoro ad alto rischio come le maestre d'asilo, le pediatre, le educatrici di comunità. Tuttavia, è emerso anche un invito a evitare inutili allarmismi, poiché i rischi non dipendono solo dal tipo di infezione ma anche dal periodo gestazionale in cui avviene il contagio. Patologie come la toxoplasmosi e la rosolia, per esempio, hanno conseguenze molto più gravi se vengono contratte all'inizio della gravidanza, periodo in cui, però, l'infezione viene trasmessa al feto in una percentuale più bassa di casi rispetto alle fasi più avanzate. «Su 10 donne infette, solo 3 trasmettono la malattia al figlio e in percentuale ancora minore si verificano effetti sul feto» sostiene Kustermann.
Altre infezioni, come la varicella vengono trasmesse e provocano malformazioni in una percentuale di casi quasi trascurabile. Il citomegalovirus, invece, attraversa la placenta piuttosto spesso (40%), ma provoca danni al feto in una percentuale di casi molto bassa, anche se i danni possono essere, per una piccola quota, molto gravi. Per altre infezioni, infine, come il parvovirus B (agente della quinta malattia), il rischio interessa, in una percentuale di casi modesta, un'anemia fetale che va riconosciuta in tempo utile per poter attuare delle terapie intrauterine fondamentali per la sopravvivenza fetale. La prevenzione, oltre alla vaccinazione include anche semplici regole di cautela durante la gestazione: «Lavarsi le mani spesso evita il contagio da citomegalovirus presente nelle urine o nella saliva - suggerisce Kustermann - inoltre, se è in corso un epidemia infettiva nella scuole è preferibile tenere il bambino a casa, ed è consigliabile rimandare visite a pazienti immunodepressi».
Simona Zazzetta
Conferenza stampa - O.N.Da. Vaccinazioni: cosa deve sapere una donna prima di diventare mamma
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«E' opportuno - spiega Alessandra Kustermann, responsabile del Servizio di Diagnosi prenatale e del Centro soccorso violenza sessuale dell'Ospedale Policlinico Mangiagalli e Regina Elena - che le donne conoscano, preventivamente alla gravidanza, il proprio stato immunologico eseguendo lo screening per citomegalovirus, rosolia e toxoplasmosi. Nel caso della rosolia la donna può eseguire la vaccinazione e intraprendere la gravidanza solo in un successivo momento. Il medico di base - aggiunge l'esperta - dovrebbe consigliare il vaccino a tutte le donne in età fertile insieme a quello per l'epatite B. Per altre infezioni come il citomegalovirus, invece, purtroppo, anche se sarebbe utile, il vaccino non è ancora disponibile. Ha un senso, infine, anche effettuare lo screening per sifilide e HIV, perché questo modifica la condotta ostetrica». Queste considerazioni sono particolarmente opportune per le donne che svolgono lavoro ad alto rischio come le maestre d'asilo, le pediatre, le educatrici di comunità. Tuttavia, è emerso anche un invito a evitare inutili allarmismi, poiché i rischi non dipendono solo dal tipo di infezione ma anche dal periodo gestazionale in cui avviene il contagio. Patologie come la toxoplasmosi e la rosolia, per esempio, hanno conseguenze molto più gravi se vengono contratte all'inizio della gravidanza, periodo in cui, però, l'infezione viene trasmessa al feto in una percentuale più bassa di casi rispetto alle fasi più avanzate. «Su 10 donne infette, solo 3 trasmettono la malattia al figlio e in percentuale ancora minore si verificano effetti sul feto» sostiene Kustermann.
Altre infezioni, come la varicella vengono trasmesse e provocano malformazioni in una percentuale di casi quasi trascurabile. Il citomegalovirus, invece, attraversa la placenta piuttosto spesso (40%), ma provoca danni al feto in una percentuale di casi molto bassa, anche se i danni possono essere, per una piccola quota, molto gravi. Per altre infezioni, infine, come il parvovirus B (agente della quinta malattia), il rischio interessa, in una percentuale di casi modesta, un'anemia fetale che va riconosciuta in tempo utile per poter attuare delle terapie intrauterine fondamentali per la sopravvivenza fetale. La prevenzione, oltre alla vaccinazione include anche semplici regole di cautela durante la gestazione: «Lavarsi le mani spesso evita il contagio da citomegalovirus presente nelle urine o nella saliva - suggerisce Kustermann - inoltre, se è in corso un epidemia infettiva nella scuole è preferibile tenere il bambino a casa, ed è consigliabile rimandare visite a pazienti immunodepressi».
Simona Zazzetta
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