Papà sempre più coinvolti nella crescita dei figli
I papà, uno stile di gioco diverso
«Il coinvolgimento dei padri nella crescita dei figli è sempre maggiore e gli effetti positivi sui bambini sono piuttosto evidenti anche se le cose da fare sono ancora molte» spiega Michael Yogman, della American Academy of Pediatrics coautore di un report sull'argomento comparso sulla rivista Pediatrics. E stando a quanto emerge dal documento che ha analizzato molti studi sulla relazione padre-figlio, il tempo che i padri trascorrono con i figli è davvero prezioso: più tempo con il papà significa per i bimbi più piccoli effetti positivi sullo sviluppo del linguaggio e sulla salute mentale, per esempio perché i genitori maschi tendono a utilizzare parole nuove quando parlano con i loro bimbi.
«Diverso è anche il modo di giocare» continua l'autore che poi precisa: «I padri hanno uno stile di gioco più disordinato e movimentato: spingono spesso i bambini a esplorare e a correre rischi, mentre le madri tipicamente tendono a offrire stabilità e sicurezza». E non è tutto. Nei bambini di età prescolare con un padre "presente" si riscontrano meno sintomi di tipo psicologico come ansia e aggressività, mentre in quelli più grandicelli si notano meno sintomi depressivi e problemi comportamentali e si riduce il numero di gravidanze nell'adolescenza. «Questo non vale solo per i padri che vivono con i figli o per i padri biologici» specificano gli autori, sottolineando che la cosa importante è avere una figura maschile di riferimento, sia esso il padre biologico, il nonno o il compagno della mamma single.
Anche l’uomo vive il conflitto lavoro-famiglia
Per quanto riguarda il conflitto famiglia lavoro, Siamo tradizionalmente portati a pensare che siano le donne le uniche a dover fare i conti con l'equilibrio lavoro-famiglia, ma gli studi ci mostrano un quadro ben diverso, spiegano dalle pagine della rivista Journal of applied psychology i ricercatori guidati da Kristen Shockley, della University of Georgia (Stati Uniti), che hanno cercato di fare luce sull'argomento analizzando la letteratura scientifica ad oggi disponibile (J Appl Psychol. 2017 Jul 27. doi: 10.1037/apl0000246).
La ricerca ha preso in considerazione 350 studi clinici pubblicati per un totale di circa 250mila persone coinvolte e ha dimostrato che non ci sono differenze significative tra i due sessi quando si tratta di vivere il conflitto tra lavoro e famiglia. È un problema che riguarda senza dubbio anche gli uomini, ma loro per diverse ragioni tendono a non parlarne molto. In parte è come se fossero prigionieri del ruolo che li vede come coloro che "portano a casa il pane" e non possano dare voce al loro conflitto interiore.
Kei Nomaguchi, sociologa della Ohio's Bowling Green State University, dice di non essere particolarmente stupita del fatto che ci sia parità di genere nel conflitto lavoro-famiglia. «Sempre più spesso ci si aspetta che gli uomini dedichino più tempo alla famiglia, soprattutto se ci sono figli piccoli, ma allo stesso tempo resta forte l'immagine dell'uomo come colui che si dedica alla carriera» spiega, ricordando che le donne spesso devono occuparsi anche di altre figure familiari (per esempio i genitori anziani) e in genere si sentono più in colpa se il lavoro interferisce con la vita familiare.
«Questa parità che emerge dagli studi non viene però rispettata nel mondo del lavoro: solo pochissime aziende hanno politiche di permessi retribuiti di maternità/paternità davvero paritari per uomini e donne» conclude Shockley.
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