C’è un laser ultrarapido nel futuro della cataratta

23 marzo 2015
Interviste

C’è un laser ultrarapido nel futuro della cataratta



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Tra i progressi della medicina che oggi permettono a sempre più persone di affrontare l'avanzare dell'età in piena autonomia c'è anche l'affinamento di tecniche ogni giorno più efficaci per eliminare la cataratta , ovvero la progressiva opacizzazione del cristallino, la lente che all'interno dell'occhio permette la messa a fuoco delle immagini sulla retina.
Oltre i 55 anni di età, la cataratta colpisce circa due italiani su cinque (con una preferenza per le donne), e oltre i 75 anni addirittura nove su dieci, compromettendo progressivamente la vista, finché non si interviene chirurgicamente.
Dica33 ha fatto il punto con Aldo Caporossi, direttore dell'Istituto di clinica oculistica dell'Università Cattolica di Roma e pioniere di questa chirurgia, che sull'argomento ha tenuto una relazione al Congresso nazionale dell'associazione italiana di chirurgia della cataratta e rifrattiva che si è da poco svolto a Firenze.

Professor Caporossi, che cosa è cambiato nella chirurgia della cataratta?
«Rispetto a quando ho cominciato io, circa 35 anni fa, è cambiato praticamente tutto, in primo luogo grazie alla diffusione, a partire da circa 20 anni fa, della tecnica di facoemulsificazione».

Di cosa si tratta? In cosa consiste l'operazione?
«Questa tecnica operatoria consiste nell'arrivare al cristallino opacizzato attraverso tagli di appena due millimetri sulla superficie della cornea, e di sbriciolarlo con gli ultrasuoni così da poter aspirare le briciole e ripulire bene prima di inserire al suo posto una lente intraoculare, che può essere anche molto sofisticata per correggere i difetti visivi.
In linea di massima si usano poche gocce per un'anestesia topica nell'occhio e l'intervento dura tra i 15 e i 30 minuti. Poi il paziente torna alla normalità nel giro di pochi giorni. Ma la novità più promettente è oggi il cosiddetto femtolaser, che secondo me rappresenta il futuro della chirurgia della cataratta».

Che cos'è il femtolaser?
«Il nome deriva dalla durata estremamente breve dell'impulso luminoso, che quando è necessario si può far durare appena un milionesimo di miliardesimo di secondo (in linguaggio scientifico un "femto-secondo"). Questo permette di dosare con estrema precisione l'azione del laser».

Perché il femtolaser è utile nella chirurgia della cataratta?
«Partirei da una piccola premessa: l'intervento di cataratta garantisce di norma ottimi risultati ma non deve essere sottovalutato, anche perché ci sono tanti tipi diversi di cataratta e tante possibili complicazioni, più o meno gravi, che in casi estremi possono causare la perdita dell'occhio, in un caso su milleduecento circa. Oggi, con la tecnica chirurgica classica ci sono ancora differenze significative, in termini di rapidità ed efficacia, tra chirurghi diversi. La "mano" del chirurgo è ancora fondamentale, e non sempre il fatto di eseguire interventi in gran numero è garanzia sufficiente di saper ridurre al minimo il rischio di complicanze.
Con l'impiego del laser, una volta superata la fase di apprendimento diventa più facile garantire i migliori risultati. In base all'esame approfondito del paziente da operare, il chirurgo pianifica l'intervento, poi il laser viene gestito da un computer, con estrema precisione».

Che risultati si ottengono?
«In generale, grazie alla maggiore standardizzazione dell'intervento si ottiene una riduzione delle complicanze. Ancora oggi in alcuni casi l'impiego del laser comporta anche un allungamento dei tempi, ma si tratta di un problema quasi sempre superabile con una diversa organizzazione della sala operatoria. Più complesso è il discorso sui costi».

L'intervento con il laser è molto più costoso?
«In questo momento le strutture pubbliche che dispongono di un laser per la chirurgia della cataratta - insieme al Policlinico Gemelli c'è l'Università di Chieti - affrontano dei costi aggiuntivi che non sono rimborsati dal sistema sanitario. Non sono costi proibitivi, ma secondo i casi, al costo legato all'uso del laser - che comporta l'impiego di un kit per ciascun paziente - possono aggiungersi quelli per le lenti intraoculari speciali, alcune delle quali sono particolarmente sofisticate. In questi casi si rischia facilmente di superare il rimborso che il servizio sanitario garantisce all'ospedale. Poiché però si tratta appunto di somme relativamente modeste, nell'ordine delle poche centinaia di euro, il problema potrebbe essere risolto con il cosiddetto "copayment"».

Sarebbe una sorta di contributo da parte del cittadino, in aggiunta al ticket?
«Esattamente. Alcuni anni fa, quando lavoravo ancora all'ospedale universitario di Siena, proposi e ottenni che la Regione Toscana adottasse questo sistema per le lenti intraoculari più costose. Chi voleva essere operato in regime di sistema sanitario nazionale, ma aveva bisogno di una lente intraoculare più sofisticata e costosa di quella rimborsata, da allora può eventualmente decidere di contribuire pagando la differenza di costo, che può aggirarsi sui duecento euro circa. Anche per il laser, se ci fosse la volontà, si potrebbe immaginare una soluzione di questo tipo, con un costo paragonabile, infinitamente più basso rispetto a quello che si affronta rivolgendosi al settore privato. Questa soluzione permetterebbe fra l'altro ai reparti di eccellenza che da sempre operano nell'ambito della sanità pubblica di mantenere il loro ruolo di apripista anche in un periodo di gravi difficoltà finanziarie per il servizio sanitario pubblico».



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