23 ottobre 2009
Aggiornamenti e focus
Tumore dell’utero, Papilloma alle strette
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Il tumore del collo dell'utero rappresenta la seconda forma di cancro più diffusa tra le donne dopo il tumore al seno e in Italia è responsabile di 1.100 decessi ogni anno. Inequivocabilmente un "big killer". Con il grande vantaggio però che, stando agli esperti, potrebbe essere sconfitto nel giro di pochi anni, grazie alla prevenzione. E', infatti, accertata la relazione tra questo tumore e l'infezione da Papillomavirus Umano (HPV) ed è per questo che circa cinque milioni di donne in Italia si sottopongono ogni anno a test di screening. Ma si può fare di più. Solo il 39% delle donne italiane interessate sono, infatti, coinvolte in programmi di screening. Dell'argomento si è parlato a Milano alla presentazione del volume Elsevier "Test HPV e prevenzione del carcinoma della cervice uterina. Dalle evidenze alla clinica". L'occasione per fare il punto sulla situazione in termini di prevenzione, mentre si è affacciato sulla scena dello screening il test HPV, oggi solo un supporto al Pap test, presto, forse, l'unico esame di primo livello.
Di HPV ne sono stati identificati 150 tipi, di cui circa 30 si trasmettono tramite contatto intimo. Ogni tipo di Papillomavirus è identificato con un numero, che indica la sequenza con cui è stato scoperto. La suddivisione più grossolana distingue tra HPV a basso rischio e ad alto rischio. Ed è proprio quest'ultima categoria, comprendente oltre 12 tipi di virus, che può causare la formazione di cellule anomale sulla cervice uterina, che, se persistenti nell'arco di anni, possono evolvere in un tumore. La maggioranza delle donne contrae almeno una volta nella vita il Papillomavirus ed è il suo stesso sistema immunitario a debellarlo. In una piccola percentuale di donne, però, il virus rimane attivo per un lungo periodo, con un'alterazione delle cellule cervicali (la cervice è la parte inferiore dell'utero che si apre nella vagina) che può evolvere in tumore. In circa 10-15 anni. Un lasso di tempo che permette di intervenire precocemente negli stati intermedi, prima che le cellule diventino cancerose. Lo screening è perciò cruciale, tenuto conto che si tratta di un virus asintomatico e anche le eventuali alterazioni cellulari risultano impercettibili. Ma che cosa si può fare per prevenire il tumore del collo dell'utero?
La via più precoce è quella dei vaccini che proteggono dai due tipi di HPV più pericolosi, il 16 e il 18, ma sono maggiormente efficaci nelle donne non ancora esposte al virus. Dal 2008 in Italia è stata avviata una campagna di vaccinazione gratuita per le dodicenni, cinque Regioni hanno esteso la gratuità ad altre fasce d'età e 12 hanno disposto prezzi agevolati per le donne fino a 26 anni che decidono di vaccinarsi. Ma la vaccinazione non può comunque bastare e le donne vaccinate si devono sottoporre a programmi di screening con Pap test e test HPV: Il primo è lo screening per eccellenza e permette di individuare anomalie cellulari causate dal Papillomavirus, prima che evolvano in tumore. Un esame il cui contributo è stato determinante per ridurre l'incidenza del tumore del collo dell'utero. Ma ancora non basta. E' qui che si inserisce il test HPV DNA che permette di rilevare la presenza di 13 tipi di HPV ad alto rischio, ancora prima che siano manifeste le anomalie cellulari rilevate dal Pap test. Un test, come hanno spiegato gli esperti convenuti a Milano, che in prospettiva potrebbe diventare il test di primo livello: cioè test HPV a tutte, poi Pap test solo alle donne risultate positive ad HPV. Se il Pap test dovesse risultare negativo, basterà ripetere il test a distanza di tre anni, seguendo le indicazioni del ginecologo. Al momento sono in corso valutazioni per capire come sfruttare al meglio il test HPV, rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale come test diagnostico di secondo livello, a un costo variabile da Regione a Regione. Quello che al momento è certo è che oggi, grazie a tutte le risorse disponibili, il tumore del collo dell'utero è prevenibile e curabile. Al 100%.
Marco Malagutti
Conferenza stampa "Dal Pap test all'HPV DNA test". Milano 21 ottobre
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Di HPV ne sono stati identificati 150 tipi, di cui circa 30 si trasmettono tramite contatto intimo. Ogni tipo di Papillomavirus è identificato con un numero, che indica la sequenza con cui è stato scoperto. La suddivisione più grossolana distingue tra HPV a basso rischio e ad alto rischio. Ed è proprio quest'ultima categoria, comprendente oltre 12 tipi di virus, che può causare la formazione di cellule anomale sulla cervice uterina, che, se persistenti nell'arco di anni, possono evolvere in un tumore. La maggioranza delle donne contrae almeno una volta nella vita il Papillomavirus ed è il suo stesso sistema immunitario a debellarlo. In una piccola percentuale di donne, però, il virus rimane attivo per un lungo periodo, con un'alterazione delle cellule cervicali (la cervice è la parte inferiore dell'utero che si apre nella vagina) che può evolvere in tumore. In circa 10-15 anni. Un lasso di tempo che permette di intervenire precocemente negli stati intermedi, prima che le cellule diventino cancerose. Lo screening è perciò cruciale, tenuto conto che si tratta di un virus asintomatico e anche le eventuali alterazioni cellulari risultano impercettibili. Ma che cosa si può fare per prevenire il tumore del collo dell'utero?
La via più precoce è quella dei vaccini che proteggono dai due tipi di HPV più pericolosi, il 16 e il 18, ma sono maggiormente efficaci nelle donne non ancora esposte al virus. Dal 2008 in Italia è stata avviata una campagna di vaccinazione gratuita per le dodicenni, cinque Regioni hanno esteso la gratuità ad altre fasce d'età e 12 hanno disposto prezzi agevolati per le donne fino a 26 anni che decidono di vaccinarsi. Ma la vaccinazione non può comunque bastare e le donne vaccinate si devono sottoporre a programmi di screening con Pap test e test HPV: Il primo è lo screening per eccellenza e permette di individuare anomalie cellulari causate dal Papillomavirus, prima che evolvano in tumore. Un esame il cui contributo è stato determinante per ridurre l'incidenza del tumore del collo dell'utero. Ma ancora non basta. E' qui che si inserisce il test HPV DNA che permette di rilevare la presenza di 13 tipi di HPV ad alto rischio, ancora prima che siano manifeste le anomalie cellulari rilevate dal Pap test. Un test, come hanno spiegato gli esperti convenuti a Milano, che in prospettiva potrebbe diventare il test di primo livello: cioè test HPV a tutte, poi Pap test solo alle donne risultate positive ad HPV. Se il Pap test dovesse risultare negativo, basterà ripetere il test a distanza di tre anni, seguendo le indicazioni del ginecologo. Al momento sono in corso valutazioni per capire come sfruttare al meglio il test HPV, rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale come test diagnostico di secondo livello, a un costo variabile da Regione a Regione. Quello che al momento è certo è che oggi, grazie a tutte le risorse disponibili, il tumore del collo dell'utero è prevenibile e curabile. Al 100%.
Marco Malagutti
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