20 settembre 2016
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Mantenere la propria identità, abbattendo le maschere
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L'essere umano spesso si maschera e indossa tutta una serie di armature mentali con il tentativo - conscio o inconscio - di nascondere la sua vera natura. Perché lo fa? E in che misura dissimulare il sé è sintomo di un disagio psicologico? Qualche giorno fa è uscito sul quotidiano la Repubblica un pezzo di Franco Maraldi in cui si parla dell'ultimo saggio di David Le Breton, sociologo che antropologo dell'Università di Strasburgo. Il titolo è Fuggire da sé. Una tentazione contemporanea (Raffaello Cortina Editore) e tratta in maniera per nulla banale il tema della difficoltà a mantenere la propria identità, «a reggere il proprio personaggio».
Molto spesso è la paura a governare la psiche degli uomini, spingendoli a recitare parti molto lontane dal loro carattere connaturale. Come si legge nella descrizione del libro, «l'esistenza a volte ci pesa. La società contemporanea esige da noi un'affermazione permanente, la continua reinvenzione della vita, il successo». Cosa accade se qualcuno non si dovesse sentire all'altezza del proprio ruolo? Forse subentrerebbe «la tentazione di lasciare la presa, di assentarsi da sé divenendo irraggiungibili, che può manifestarsi in forma di fuga nell'alcol, nelle droghe, nel gioco, nella follia, o può assumere il carattere di una fuga vera e propria, quando non si lasciano tracce di sé, scegliendo per esempio di vivere "nelle terre estreme". Eppure, la volontà di sottrarsi al legame sociale è, a volte, la condizione per continuare a vivere, per inaugurare un rapporto nuovo con sé, con gli altri e con il mondo».
Gli spunti che dà Le Breton sono tanti, anche antropologici e letterari, con l'invito a riscoprire alcuni grandi autori della "fuga da sé", tra cui Emily Dickinson, Robert Walser e Fernando Pessoa. Il tema dell'irraggiungibilità è interessantissimo e spesso riguarda le donne nelle relazioni con l'altro sesso. Chi non conosce qualche signora o ragazza con la cosiddetta "puzza sotto al naso"? Si tratta della tipica "armatura mentale" delle persone insicure, che tentano di controllare gli eventi della loro vita con l'uso di una forza di carattere solo apparente. È un po' quello che accade alle persone arroganti, che, secondo il sito wikiHow, celano una grande vulnerabilità: «Secondo la legge della compensazione, credono in questo modo di scacciare la propria debolezza. Per esempio, se un arrogante è cresciuto tra difficoltà economiche, ma in seguito ha iniziato a essere benestante, dietro il suo essere snob potrebbe celarsi la paura di ricadere nella povertà del passato».
La psicanalisi quando si tratta di maschere, fa riferimento a una ferita procurata da un forte dolore provato nell'infanzia. Si dice, poi, che la maschera sia parte della personalità di una persona, esattamente la parte più esterna, ma ne fa comunque parte a livello strutturale.
In questo campo vengono riscontrati cinque tipi di ferite con relativa maschera:
- La prima è la ferita del rifiuto con la corrispondente maschera da fuggitivo;
- La seconda è quella d'abbandono e la maschera è da dipendente;
- La terza è la ferita dell'umiliazione con la rispettiva maschera da masochista;
- La quarta è quella del tradimento e corrisponde all'atteggiamento da ossessivo del controllo;
- L'ultima è la ferita dell'ingiustizia che equivale alla rigidità di carattere.
Una trattazione più analitica è stata fatta dalla Onlus Giacinto , nel cui sito si danno persino i dettagli fisici delle persone con le diverse ferite infantili e i suggerimenti per comprenderle meglio.
Maria Elena Capitanio
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