Morte sul campo prevenibile

14 febbraio 2004
Aggiornamenti e focus

Morte sul campo prevenibile



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Il calciatore inizia a barcollare poi si accascia di schianto come se fosse colpito da un invisibile cecchino. Così è morto Miklos Feher, attaccante del Benfica, ennesima morte in campo dopo quella del centrocampista del Camerun Vivien Foe, entrambi stroncati da un infarto durante una partita. Una morte che ha riportato a galla una serie di drammatici interrogativi sulle cause e sui possibili interventi. Se ne è parlato anche nel corso del congresso Florence Heart 2004, che ha riunito a Firenze i più importanti cardiologi italiani ed europei. Due di loro, Giorgio Galanti e Francesco Furlanello hanno presentato un nuovo metodo diagnostico per scoprire i soggetti a rischio di morte improvvisa, nella quasi totalità dei casi provocata da aritmie.

Improvvisa ma non troppo


Intanto, come ha puntualizzato in una recente intervista il professor Furlanello, consulente del Policlinico S. Donato di Milano e uno dei massimi esperti in materia di aritmie cardiache, parlare di morte improvvisa non è corretto. Esiste una patologia precedente, magari non rilevata o nascosta, che in particolari circostanze scatena una fibrillazione ventricolare; se non si interviene subito diventa fatale. Negli atleti competitivi, anche di elite, infatti, non sono infrequenti aritmie cardiache di ogni tipo, spesso benigne senza significato clinico o conseguenza dell'allenamento intenso e protratto nel tempo. In un certo numero di casi però le aritmie possono essere ben più maligne, fino a determinare l'arresto cardiocircolatorio e la morte. Le cause sono per lo più genetiche e ereditarie, ma è un dato di fatto che la diffusione nel mondo dello sport della pratica di assumere sostanze illecite ha sicuramente peggiorato la situazione. Se cioè il cuore dell'atleta è aritmogeno, con una piccola parte di tessuto muscolare in grado di provocare aritmie, gli anabolizzanti o le altre sostanze contribuiscono a far precipitare l'evento aritmico. E il doping è un problema sempre più diffuso, anche a livello dilettantistico e amatoriale.
Spesso, comunque, si può intervenire. Al 90% questi casi - ha dichiarato sempre Furlanello- sono dovuti a fibrillazione ventricolare. Perciò si tratta di non perdere la testa e di agire rapidamente, entro 3-4 minuti, con un defibrillatore. Diversamente, se anche la vittima riuscisse a sopravvivere, riporterebbe danni cerebrali gravissimi. Nei casi di recente attualità questo non è successo e il tempo trascorso tra la disperazione in campo e l'arrivo di un'ambulanza, tra l'altro non adeguatamente attrezzata, è stato eterno. L'auspicio emerso al congresso fiorentino è che certi episodi si possano addirittura prevenire. Come?

Il nuovo test diagnostico


Il metodo consiste in una prova da sforzo per la valutazione della microalternanza dell'onda T, un'onda presente in tutti gli elettrocardiogrammi e che, a seconda di come si manifesta, può predire se il paziente è soggetto o meno ad aritmie mortali. Finora è stato effettuato uno screening su 3000 persone sofferenti di cardiopatie, con risultati davvero buoni in un centinaio di individui. Ma non basta. È necessaria una conferma da un campione statisticamente significativo, dopodiché il metodo potrà essere applicato nella routine, consentendo di individuare cardiopatie nascoste o potenziali. L'obiettivo - come dichiarato dai ricercatori - è duplice. Da una parte mettere in guardia i soggetti a rischio, dall'altra consentire ai cardiopatici di fare attività sportiva in sicurezza. E tenuto conto che in Italia fanno sport, a vario titolo, circa 24 milioni di persone, il guadagno in termini di difesa della salute sarebbe importante. Anche perché aumenta il numero di coloro che cominciano a fare sport a 40 anni, soggetti che farebbero bene a consultare un medico sportivo per accertare se esistono patologie in atto, capire quale sport praticare e come. E l'introduzione del nuovo test potrebbe rendere più efficaci tutti i controlli preventivi.

Marco Malagutti



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