Lo stent trova spazio nell'aorta

21 febbraio 2007
Aggiornamenti e focus

Lo stent trova spazio nell'aorta



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Si chiama EUROSTAR ed è partito nel 1996 per arrivare a destinazione ora. Non si tratta però di un treno in enorme ritardo, ma di uno studio che ha valutato nel tempo il trattamento endovascolare degli aneurismi aortici addominali, che rappresentano la tredicesima causa di morte nei paesi occidentali. In parole povere, si tratta della formazione di una sacca nella parete arteriosa, nella quale il sangue va a ingolfarsi con i rischi che la pressione faccia cedere la parete indebolita provocando una rapida e copiosa emorragia. Tradizionalmente, come insegnano le migliaia di telefilm americani, per trattare l'aneurisma, spesso scoperto per caso, si deve mettere a nudo l'aorta addominale, clamparla e applicare una protesi, cioè il più delle volte un tratto di un altro vaso. Chi pensi al by-pass coronarico non è lontano dal vero: il principio è simile.

Quasi come per le coronarie


Però, come il by-pass è stato almeno in parte sostituito dall'angioplastica con applicazione dello stent, così la chirurgia degli aneurismi addominali conosce una nuova versione mini-invasiva. Si tratta di applicare nel tratto di arteria interessato dalla lesione un'endoprotesi, una versione maggiore dello stent coronarico, il cui fissaggio è affidato alle estremità a cilindri metallici (gli stent veri e propri), con un corpo costituito da tessuto poliestere, che viene fatto risalire fino alla destinazione attraverso l'arteria iliaca o quella femorale. Una tecnica non adatta a tutti i casi ma che, se applicabile, presenta i consueti vantaggi della chirurgia mini-invasiva: ridotte perdite di sangue, minori traumi e sicurezza anche in quei pazienti, spesso la maggioranza, che hanno condizioni generali di salute tali da scoraggiare il ricorso a interventi cruenti.
Tuttavia, come per tutte le metodiche innovative, la prima fase di applicazione è sempre aperta a imprevisti. Così lo studio EUROSTAR ha valutato che cosa è successo ai pazienti trattati con l'endoprotesi nel medio-lungo termine. Infatti, che l'intervento funzionasse nel breve periodo era già stato provato da diverse ricerche. Così poco meno di 1200 pazienti sottoposti all'intervento di applicazione dello stent aortico, in 62 centri europei, sono stati controllati per un periodo pari in media a otto anni. I ricercatori hanno esaminato la frequenza di malattia e morte in questo gruppo, considerando situazioni quali: la necessità di effettuare un nuovo intervento "in aperto", cioè con la tecnica tradizionale, la rottura dell'aneurisma, la morte per tutte le cause e la morte dovuta specificamente all'aneurisma. Nel periodo considerato, il 7,1% dei pazienti ha subito un reintervento in aperto e il 2,4% è andato incontro rottura dell'aneurisma; i decessi per qualsiasi causa sono stati il 20% circa e quelli dovuti alla malattia il 3%.

Aneurismi piccoli e grandi


Per quanto riguarda gli incidenti collegati all'intervento di applicazione dell'endoprotesi i più frequenti sono stati le piccole emorragie dallo stent, con 13 casi per 100 pazienti/anno, la stenosi o la trombosi (restringimento, formazione di trombi nella sede dell'endoprotesi, con 4,6 casi per 100 pazienti anno e la migrazione, cioè lo spostamento, dello stent, con 4,3 casi ogni 100 pazienti/anno. Come è facilmente intuibile, tutti gli eventi avversi riguardavano soprattutto i casi in cui il paziente presentava aneurismi di grandi dimensioni; l'altro fattore importante era l'età del paziente: le complicanze sono state più frequenti tra i più anziani. Complessivamente solo per il 48% dei pazienti sottoposti alla riparazione mediante endoprotesi tutto è filato liscio. Però, attenzione, questo dato va interpretato: si trattava infatti delle endoprotesi della prima generazione, quelle disponibili oggi, a dieci anni di distanza dall'inizio dello studio hanno prestazioni nettamente migliori. Inoltre, gli stessi autori fanno presente che se i risultati elaborati in funzione delle dimensioni della lesione il quadro cambia: in caso di piccolo aneurisma solo il 38% dei pazienti ha avuto complicanze. Il che conferma altri studi, che hanno mostrato la superiorità del trattamento con l'endoprotesi rispetto alla strategia di tenere semplicemente sotto controllo il paziente per vedere come si evolve la situazione. In pratica, chi ha ricevuto una di queste protesi della prima ora deve effettivamente esser tenuto sotto controllo, ma la nuova tecnica, soprattutto per gli aneurismi di piccole dimensioni, funziona.

Maurizio Imperiali



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