08 novembre 2006
Aggiornamenti e focus
Recupero miocardico senza trapianto
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L'insufficienza cardiaca è, come noto, la principale causa di mortalità e di disabilità in tutto il mondo. E' per questo che ormai da anni le modifiche di vario tipo, molecolare, cellulare, biochimico e strutturale, che si verificano nel miocardio sono oggetto di studi. Rimodellamento, così si definiscono le modifiche cui è soggetto il cuore. Uno degli aspetti più interessanti nell'ambito della ricerca è quello di riuscire a ottenere la regressione prolungata dell'insufficienza cardiaca. Ma come? Uno degli impieghi clinici più estesi è quello dei device per assistenza ventricolare (VAD). Si tratta di singole pompe ventricolari progettate per lavorare in parallelo con il cuore naturale e assistere o il ventricolo sinistro o il destro o entrambi. Gli apparecchi di assistenza ventricolare si compongono normalmente di pompe e di cannule di prelievo e immissione, unitamente a un sistema di controllo e di alimentazione elettrica. Sono apparecchi il cui utilizzo ormai è collaudato con buoni risultati, mancano però conferme sulla piena riabilitazione dei pazienti sui quali vengono utilizzati e sull'assenza di recidive. Da uno studio del New England sembra sia stata trovata la chiave per raggiungere risultati ottimali.
L'obiettivo dei ricercatori è, infatti, non solo il recupero della funzionalità cardiaca ma anche la sua durata nel tempo e la riduzione della necessità di un successivo trapianto cardiaco. Nello studio sono stati arruolati 15 pazienti con insufficienza cardiaca grave dovuta a cardiomiopatia non ischemica e senza evidenza istologica di miocardite attiva. I pazienti sono stati sottoposti all'impianto di un dispositivo di assistenza ventricolare sinistra (LVAD) e sono stati trattati con lisinopril, carvedilolo, spironolattone e losartan per migliorare il rimodellamento inverso. Una volta ottenuta la regressione dell'ingrandimento ventricolare sinistro, è stato somministrato clenbuterolo, agonista del recettore adrenergico ß2, per prevenire l'atrofia miocardica. Si tratta di un farmaco, approvato per la terapia dell'asma, con effetti benefici sul metabolismo cardiaco nei modelli sperimentali. Undici dei 15 pazienti hanno raggiunto un recupero miocardico sufficiente a permettere la successiva rimozione del LVAD. Non solo. Il tasso cumulativo di libertà da scompenso cardiaco ricorrente fra i pazienti sopravvissuti è stato del 100% e dell'88,9% rispettivamente a 1 e 4 anni dalla rimozione del dispositivo. E la qualità della vita, valutata a 3 anni, in base a uno specifico parametro, è risultata quasi normale. Non sono ancora del tutto chiare le ragioni di un simile risultato, in particolare non è ancora chiaramente definito il ruolo della terapia farmacologica. Quello che però risulta chiaro, sebbene su un piccolo numero di pazienti, è che è possibile invertire per lunghi periodi l'insufficienza cardiaca grave dovuta a cardiomiopatia non ischemica grazie all'impiego del dispositivo e di una terapia farmacologica specifica. In attesa di ulteriori studi.
Marco Malagutti
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Assistenza ventricolare sinistra cioè?
L'obiettivo dei ricercatori è, infatti, non solo il recupero della funzionalità cardiaca ma anche la sua durata nel tempo e la riduzione della necessità di un successivo trapianto cardiaco. Nello studio sono stati arruolati 15 pazienti con insufficienza cardiaca grave dovuta a cardiomiopatia non ischemica e senza evidenza istologica di miocardite attiva. I pazienti sono stati sottoposti all'impianto di un dispositivo di assistenza ventricolare sinistra (LVAD) e sono stati trattati con lisinopril, carvedilolo, spironolattone e losartan per migliorare il rimodellamento inverso. Una volta ottenuta la regressione dell'ingrandimento ventricolare sinistro, è stato somministrato clenbuterolo, agonista del recettore adrenergico ß2, per prevenire l'atrofia miocardica. Si tratta di un farmaco, approvato per la terapia dell'asma, con effetti benefici sul metabolismo cardiaco nei modelli sperimentali. Undici dei 15 pazienti hanno raggiunto un recupero miocardico sufficiente a permettere la successiva rimozione del LVAD. Non solo. Il tasso cumulativo di libertà da scompenso cardiaco ricorrente fra i pazienti sopravvissuti è stato del 100% e dell'88,9% rispettivamente a 1 e 4 anni dalla rimozione del dispositivo. E la qualità della vita, valutata a 3 anni, in base a uno specifico parametro, è risultata quasi normale. Non sono ancora del tutto chiare le ragioni di un simile risultato, in particolare non è ancora chiaramente definito il ruolo della terapia farmacologica. Quello che però risulta chiaro, sebbene su un piccolo numero di pazienti, è che è possibile invertire per lunghi periodi l'insufficienza cardiaca grave dovuta a cardiomiopatia non ischemica grazie all'impiego del dispositivo e di una terapia farmacologica specifica. In attesa di ulteriori studi.
Marco Malagutti
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