Nuovi impulsi al cuore insufficiente

28 maggio 2004
Aggiornamenti e focus

Nuovi impulsi al cuore insufficiente



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Un milione di malati in Italia, contando soltanto quelli che presentano sintomi rilevabili. Si tratta di persone di norma anziane, destinate oltretutto ad aumentare grazie al miglioramento complessivo delle cure. E' il primo dato da tenere presente parlando di insufficienza cardiaca, una condizione grave, spesso l'esito di un infarto, che a 5 anni presenta una mortalità del 50%. "La principale causa di morte è la fibrillazione ventricolare, spiega il professor Livio Dei Cas, direttore del Dipartimento Cardio-Toracico degli Spedali Civili di Brescia "quella che viene detta morte improvvisa. Ogni anno il 10% dei malati va incontro al decesso per questa causa". Al di là della mortalità, comunque, la malattia comporta anche una qualità della vita, nei casi più gravi, molto bassa: "Sono molto frequenti i ricoveri, dice il professor Antonio Raviele, direttore dell'Unità Operativa di Cardiologia dell'Ospedale di Mestre. "Ricoveri non brevi, che hanno una durata media quasi 9 giorni, e se ne registrano 80.000 l'anno".

Progressi notevoli ma..


Semplificando per quanto possibile, l'insufficienza cardiaca è la situazione in cui il cuore non è più in grado di pompare una quantità di sangue adeguata alle necessità dell'organismo. A questa situazione concorrono fattori elettrici (si ricordi che il cuore come tutti i muscoli è azionato da segnali nervosi) che si traducono in fattori meccanici (il cuore non è più in grado di contrarsi a sufficienza). A causa del ritardo nella trasmissione dei segnali elettrici nel muscolo cardiaco, le diverse camere del cuore (atri e ventricoli) cominciano a lavorare fuori sincrono e questo degrado della funzione culmina nella fibrillazione ventricolare, cioè la situazione in cui il ventricolo compie movimenti assolutamente inefficaci a pompare il sangue. Questa condizione viene curata sempre meglio, grazie all'associazione di farmaci diversi (beta-bloccanti, ACE-inibitori, sartani, tutti antipertensivi che hanno anche un'azione diretta sulla funzionalità del muscolo cardiaco), ma esiste pur sempre una quota di pazienti nella quale anche la migliore terapia medica non basta.

Andare oltre il farmaco


Fino alla seconda metà degli anni novanta l'unica alternativa in questi casi era il trapianto. L'arrivo dei pace-maker e dei defibrillatori impiantabili ha però cambiato la prospettiva, con la nascita della terapia di risincronizzaione cardiaca. "Si tratta di un intervento abbastanza semplice, oggi"spiega il dottor Antonio Curnis, sempre degli Spedali civili di Brescia "nel quale, attraverso un catetere, si impiantano nel muscolo cardiaco tre elettrodi. Questi a loro volta vengono collegati al pacemaker-defibrillatore". E' un intervento che oggi richiede un'ora, eseguito in anestesia locale che solo raramente richiede di passare all'intervento chirurgico vero e proprio, peraltro per via endoscopia.
L'applicazione di questo dispositivo ha un duplice scopo: da una parte risincronizzare i movimenti cardiaci, dall'altro registrare l'arrivo dell'eventuale fibrillazione atriale e intervenire erogando al cuore un shock elettrico che lo fa ripartire. Recentemente la CRT è stata definitivamente promossa, grazie allo studio Companion, pubblicato su The New England Journal of Medicine. "Si sapeva fin dalla fine degli anni novanta"dice Raviele. "che la CRT migliorava la qualità della vita dei pazienti, che vedevano ridursi i sintomi più invalidanti come la dispnea e potevano dedicarsi alle normali attività fisiche con minori difficoltà, questo studio, però, dimostra che diminuisce anche la mortalità". Lo studio Companion, infatti, ha registrato nei pazienti sottoposti a CRT una diminuzione della mortalità pari al 35% e si tratta di casi molto gravi. Infatti l'indicazione per l'impianto del pacemaker-defibrillatore è la persistenza dei sintomi malgrado la miglior terapia possibile, una frazione di eiezione (capacità di pompaggio del cuore) inferiore al 35% del normale, presenza di un blocco di branca (interruzione della conduzione dei segnali elettrici) e altri parametri ben definiti. "Nel caso dell'Italia si tratta di 30-50 mila persone" dice Dei Cas " che non solo vedono ridursi i sintomi ma vanno incontro a minori ricoveri e soprattutto vivono più a lungo". Attualmente in Italia sono stati impiantati circa 10.000 di questi dispositivi, oltre 3.000 soltanto nel 2003. E' vero che questi apparecchi presentano un costo, ma questo rimane nelle poche decine di migliaia di euro e comporta comunque un minore accesso ad altre prestazioni (ricoveri, day hospital) come provato da studi anche italiani. Certamente, è chiaro che quando qualcuno vive più a lungo i costi alla fine salgono, ma se non si vuole spendere così, tanto vale non curare...

Maurizio Imperiali



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