I conti non tornano

06 dicembre 2005
Aggiornamenti e focus

I conti non tornano



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In Italia il 40% della popolazione adulta e il 60% delle donne in gravidanza soffre di emorroidi: oltre 3 milioni di persone arrivano a uno stadio acuto della patologia e ogni anno si effettuano poco meno di 40000 interventi. Numeri importanti che rendono la patologia emorroidaria una tra le più diffuse dell'apparato intestinale. Ciò nonostante si tratta di una malattia spesso sottaciuta, pochi, infatti, sono disposti a parlarne. Un'occasione per affrontare le problematiche socio-sanitarie connesse alla malattia è stata offerta dalla Società Italiana Unitaria di Colonproctologia (SIUCP) che, nell'ambito del meeting congiunto di colonprocotologia e stomaterapia svoltosi a Milano, ha presentato una ricerca scientifica per misurare e comparare gli effetti economici e sociali delle due più diffuse tecniche chirurgiche per il trattamento delle emorroidi in stato avanzato. I risultati? Si spende troppo e per di più senza utilizzare la tecnica meno dolorosa.

Tecniche a confronto


Le tecniche a disposizione di fatto sono due. La prima, quella storica e ancora predominante è la Milligan-Morgan. Ideata nel 1943 si tratta di una tecnica che comporta l'asportazione delle emorroidi. I limiti? Innanzitutto le ferite rimangono aperte a lungo e provocano dolori anche molto intensi nelle 3-4 settimane successive l'intervento. In più la convalescenza prevede medicazioni quotidiane e non mancano le recidive, che si manifestano nel 25-30% dei casi. Non solo, è piuttosto frequente la complicanza della stenosi anale, l'elevata perdita di sangue, e la degenza ospedaliera è di almeno tre giorni. Può bastare? Si tratterebbe di effetti anche tollerabili se non esistesse, dicono gli esperti della SIUCP, una tecnica conservativa e sicuramente vantaggiosa. Si tratta della tecnica Longo, dal nome di Antonio Longo il chirurgo napoletano che per primo l'ha sperimentata, che in Italia viene utilizzata per ora nel 51% dei casi. Ma in che cosa consiste? Il presupposto di partenza è che le emorroidi non debbano essere tolte. L'obiettivo è, perciò, con un solo atto chirurgico la rimozione con sutura diretta del prolasso anale, il riposizionamento delle emorroidi nella loro sede fisiologica nonché la devascolarizzazione del tessuto emorroidario. Il tutto avviene non nel canale anale, zona altamente innervata, ma nel retto basso, in una porzione priva di ricettori sensitivi. La procedura dura dai 20 ai 30 minuti ed è eseguibile in anestesia spinale o locale. Un intervento soft, conservativo, con un tempo di circa 20 minuti inferiore all'intervento tradizionale con un rischio minimo di recidive e infezioni, una degenza ospedaliera di soli due giorni e una convalescenza inferiore a una settimana. Come non bastasse, anche a livello socio-economico, come ha spiegato la ricerca presentata al meeting, i vantaggi sono considerevoli.

Meno soldi meno dolore


La ricerca, condotta da Giorgio Lorenzo Colombo direttore di SAVE (Studi Analisi Valutazioni Economiche) ha incrociato 15 studi internazionali arrivando a conclusioni particolarmente significative. Se tutti gli interventi chirurgici per curare le emorroidi si effettuassero con la tecnica Longo, si avrebbe un risparmio netto sul nostro sistema economico e sociale del 17%, pari a circa 22 milioni di euro. I conti sono presto fatti, e mostrano un risparmio di 1160 euro a paziente. Per cominciare si riduce l'assenza dal lavoro a soli cinque giorni, 750 euro per un'azienda, in più altri 130 euro sono risparmiati per un intervento più breve, cui vanno aggiunti 280 euro in meno di "costi alberghieri" per una degenza dimezzata. Se a questi numeri si aggiunge la riduzione di un indicatore come il dolore percepito dal paziente, ci sono tutti gli elementi per giudicare vincente la tecnica Longo. Eppure l'utilizzo non è capillare come dovrebbe. Perché? Escludendo il masochismo sembra che si tratti di rimborsi inadeguati, i cosiddetti DRG, per cui in media il rimborso a livello nazionale è oggi pari a 1769 euro per un intervento in ricovero ordinario, mentre per quello in day Surgery è 730 euro. Le cifre variano poi da regione a regione ma il concetto di fondo è che si guadagna di più con la tecnica tradizionale, a scapito dei cittadini. Ma qual è l'obiettivo degli Ospedali. Sia pure ospedali-azienda? Esclusivamente il fatturato, i rimborsi, o anche il miglioramento della salute a costi contenuti? La risposta va agli amministratori della salute, Pier Gianni Prosperini, rappresentante del Consiglio regionale lombardo e medico, presente all'evento, sembrerebbe aver recepito il messaggio e ha garantito che perorerà in consiglio la richiesta. Ma i tempi della politica, si sa, sono piuttosto lunghi.

Marco Malagutti



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