Bersagliati dall'eczema

07 aprile 2006
Aggiornamenti e focus

Bersagliati dall'eczema



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L'eczema occupazionale è diventata una malattia di crescente importanza negli ultimi decenni, a causa delle sue conseguenze, come frequenti eruzioni cutanee, ma in particolare per il rischio di prolungate assenze dal lavoro per malattia. E' questa la convinzione di un gruppo di ricercatori danesi che, sull'onda di precedenti studi che avevano riscontrato il pesante impatto della malattia sulla qualità della vita, hanno monitorato circa 600 pazienti affetti da eczema occupazionale a caccia di fattori di rischio predittivi. Si tratta di una malattia, precisano gli autori nell'introduzione della loro ricerca pubblicata sugli Archives of Dermatology, che colpisce diverse categorie ma in particolare le lavoratrici donne. E in alcuni casi è stata ipotizzata una sua associazione con la depressione. Ma mancano i dati, così come non ci sono conferme sull'influenza rappresentata dallo status socio-economico.

Eczema cioè


Per cominciare, però, è bene definire la malattia. Si tratta di un'affezione cutanea che insorge per esposizione a sostanze esogene di natura chimica, chimico-fisica o biologica, in ambiente professionale o extraprofessionale. Il meccanismo di irritazione, che si manifesta con prurito e arrossamento, gonfiore, essudazione, bolle e desquamazione, avviene al semplice contatto ripetuto con alcune sostanze. Gli esempi? Alcuni metalli (cromo, nichel, cobalto); farmaci per uso locale (antibiotici, antistaminici); cosmetici (tinture per capelli, smalto per unghie); fibre tessili (capi d'abbigliamento); sostanze usate in ambiente domestico (detersivi, saponi). Si tratta di malattie che, considerate le sostanze coinvolte, riguardano spesso alcuni lavori (macellai, cuochi e parrucchieri) e che con adeguate misure preventive negli ambienti di lavoro si potrebbero evitare. Ma tant'è il rischio esiste e, in molti casi, il rischio collaterale è perdere il lavoro per le frequenti assenze per malattia. Proprio di questi aspetti si è occupata l'equipe dell'Università di Copenhagen. Ma come si è svolto lo studio?

Lo studio danese


Sono stati presi in considerazione 758 casi di pazienti tutti diagnosticati con eczema occupazionale delle mani, e registrati da un database degli infortuni sul lavoro danese nel periodo compreso tra il 1 ottobre 2001 e il 10 novembre 2002. Ai soggetti è stato sottoposto un questionario con domande su assenze per malattia, problemi sul lavoro, depressione, qualità della vita e gravità dell'eczema. Tutti sono stati ricontattati a un anno di distanza: nel complesso 621 pazienti hanno risposto al primo questionario e 564 (di cui 386 donne) al secondo. Nel periodo di osservazione, il 25% dei pazienti aveva avuto una forma grave di eczema o un aggravamento, il 41% era migliorato e il 34% aveva sperimentato cambiamenti minimi o medi della situazione. Dai risultati emerge come i pazienti con una forma grave di eczema occupazionale, in particolare tra macellai, personale di cucina, cuochi e parrucchieri, sono oltre i 40 anni, hanno una bassa qualità di vita e sono i più a rischio di prolungate assenze dal lavoro (più di cinque settimane l'anno) e addirittura di cambiare posto di lavoro o restare disoccupati. I ricercatori hanno così concluso che esistono fattori predittivi utilizzabili per realizzare strategie preventive di gestione del rischio. E i pazienti più a rischio non sono né giovani né con uno status socio-economico medio alto. E proprio la condizione sociale sembra giocare un ruolo determinante come fattore prognostico. Come a dire che le disgrazie non vengono mai da sole.

Marco Malagutti



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