Oltre al farmaco

11 novembre 2005
Aggiornamenti e focus

Oltre al farmaco



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Nel diabete tipo 2, gli ipoglicemizzanti rappresentano solo una piccola parte della terapia. Nelle fasi iniziali, infatti, quello che conta è ridurre l'apporto calorico in generale. Anche in caso di predisposizione genetica, tenendo la dieta sotto controllo si può evitare che la malattia si manifesti. Chi invece presenti già resistenza insulinica o intolleranza al glucosio, se segue un regime adeguato e perde l'eventuale sovrappeso, può vedere regredire il suo disturbo. Dal punto di vista qualitativo, la dieta deve essere equilibrata sia come quantità di energia che fornisce (apporto calorico) sia come rapporti tra i diversi alimenti: il 10-20 per cento delle calorie deve essere fornito dalle proteine e il restante 80-90 per cento deve essere suddiviso tra carboidrati e grassi. Questi ultimi dovrebbero rappresentare un 20 per cento circa delle calorie totali (non più del 10 per cento di grassi saturi e fino al 10 per cento di grassi polinsaturi), il restante 60-70% delle calorie deve essere rappresentato da carboidrati. I carboidrati, la categoria in cui rientrano anche gli zuccheri semplici e complessi (amidi), sono la principale fonte di calorie anche per chi soffre di diabete. Da sempre si è sostenuto che tra i carboidrati andrebbero preferiti quelli complessi e scartati più o meno completamente quelli semplici, in quanto più rapidamente assimilati e quindi con maggiore impatto sulla glicemia. In realtà non ci sono prove scientifiche sufficienti a sostenere questo assunto: latte e frutta, per esempio, sono ricchi di zuccheri semplici (rispettivamente lattosio e fruttosio) eppure hanno mostrato di provocare un aumento glicemico inferiore a molti amidi. Ancora una volta, quello che conta è l'introito calorico, cioè la quantità di carboidrati, piuttosto che la fonte. Il vino e gli alcolici vanno consumati con grande attenzione, perché oltre ad apportare molte calorie, provocano un'ipoglicemia di rimbalzo se non vengono accompagnati da una giusta quantità di carboidrati.

Schemi diversi


Nel diabete di tipo 1, e nel tipo 2 quando si usano ipoglicemizzanti o insulina, è importante frazionare l'introito calorico nell'arco della giornata anche in funzione delle somministrazioni di insulina. Di solito di consiglia di fare sette pasti al giorno, e cioè prima colazione, spuntino a metà mattina, pranzo leggero, merenda a metà pomeriggio, cena equilibrata e uno spuntino prima di coricarsi. L'obiettivo dello schema è far sì che il paziente assuma ogni giorno la stessa quantità di carboidrati alla stessa ora. Lo scopo è evitare che si presenti l'ipoglicemia.
E a questo proposito va segnalato che, per il diabete tipo 1, si va affermando anche un altro approccio. Si tratta di uno schema terapeutico più vicino alle istanze del paziente, DAFNE, acronimo che sta per Dose Adjustment for Normal Eating, cioè aggiustamento della dose (di insulina) per mangiare normalmente. Il sistema DAFNE si basa sull'educazione del paziente attraverso un corso di pochi giorni, nel quale si insegna a:
  • valutare la propria glicemia e la sua variazione in funzione dell'insulina assunta;
  • stimare la quantità di carboidrati presente in ciò che si vuole mangiare (imparando quindi a interpretare le etichette degli alimenti);
  • stimare la quantità di attività fisica che si svolgerà durante il giorno;
  • determinare la dose di insulina adeguata a tutti questi fattori.
Lo schema è stato messo a punto in Germania nei primi anni ottanta, a opera di Michael Berger, e lì è applicato con successo, quindi, da oltre 20 anni. Studi recenti, britannici per la precisione, hanno mostrato che però può funzionare anche in altre situazioni in cui il contesto culturale è diverso. Quale che sia lo schema che si utilizza, comunque, l'importante è seguirlo scrupolosamente.

Marco Malagutti



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