09 luglio 2004
Aggiornamenti e focus
Diabete sommerso
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In Italia il giovane diabetico o non pratica attività sub o lo fa nascondendo la propria condizione. Niente di più sbagliato e proprio per superare queste preclusioni non motivate è nato il progetto "Diabete sommerso", grazie al quale per la prima volta in Italia e in Europa, sette pazienti diabetici hanno ottenuto il patentino per le immersioni subacquee. La cerimonia si è svolta all'Ospedale Niguarda di Milano dove - come ha sottolineato Luca Maria Munari, che è il direttore sanitario - "sono presenti istruttori qualificati dotati di competenza medica e sensibilizzati su queste tematiche".
Le immersioni subacquee, sia in apnea che con autorespiratore, sono da sempre state considerate precluse per le persone affette da diabete mellito, rientrando costantemente nella lista delle attività non consentite - come ha spiegato Matteo Bonomo, diabetologo, che è responsabile del progetto. In realtà questa esclusione indiscriminata risulta priva di fondamenti scientifici reali. I modesti rischi comunemente connessi alla pratica subacquea, infatti, risultano solo minimamente aumentati dalla presenza di una malattia diabetica non complicata e in buon compenso: eventuali difficoltà aggiuntive possono derivare quasi esclusivamente da possibili reazioni ipoglicemiche, e sono facilmente prevenibili con una corretta preparazione del paziente e con l'adozione di misure precauzionali adeguate.
Studi sia sperimentali (Edge) sia condotti "sul campo" (Lerch) hanno infatti dimostrato che non si determinano variazioni glicemiche (in particolare ipoglicemia o abbassamento della glicemia) durante le immersioni, mentre una modesta tendenza all'ipo e una riduzione del fabbisogno insulinico vanno attribuite al ben noto effetto sulla sensibilità insulinica proprio di ogni forma di attività fisica.
Anche per quanto riguarda gli altri possibili problemi ricordati (da quelli legati alle variazioni di pressione, a quelli gastroenterici), non esistono evidenze di una loro maggiore frequenza o gravità in presenza di malattia diabetica. Se ci sono buon controllo e consapevolezza, perciò, il diabete non impedisce nessun traguardo. Ma in che cosa consiste il progetto?
Il progetto complessivo prevede la effettuazione di un Corso Pilota "Open Water Diver"
basato sulla classica didattica Padi (Associazione Professionale d'istruttori Subacquei), integrata con elementi teorico-pratici centrati sulla condizione diabetica, e un successivo programma di immersioni in acque libere, con studio delle interferenze con equilibrio metabolico e le complicanze d'organo. È evidente che il fatto che non si corrano rischi particolari non è una ragione sufficiente per proporre questa pratica al giovane con diabete mellito. Male non fa ma neppure bene, né in termini di controllo metabolico, né di evoluzione delle complicanze. Le ragioni per proporre l'attività subacquea, tutt'al più, sono psicologiche, il non sentirsi escluso a priori e il confrontarsi con uno sport che richiede efficienza fisica, fattori che si possono rivelare straordinariamente positivi. Diabetici e contenti, perciò.
Marco Malagutti
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Immersioni senza rischi
Le immersioni subacquee, sia in apnea che con autorespiratore, sono da sempre state considerate precluse per le persone affette da diabete mellito, rientrando costantemente nella lista delle attività non consentite - come ha spiegato Matteo Bonomo, diabetologo, che è responsabile del progetto. In realtà questa esclusione indiscriminata risulta priva di fondamenti scientifici reali. I modesti rischi comunemente connessi alla pratica subacquea, infatti, risultano solo minimamente aumentati dalla presenza di una malattia diabetica non complicata e in buon compenso: eventuali difficoltà aggiuntive possono derivare quasi esclusivamente da possibili reazioni ipoglicemiche, e sono facilmente prevenibili con una corretta preparazione del paziente e con l'adozione di misure precauzionali adeguate.
Studi sia sperimentali (Edge) sia condotti "sul campo" (Lerch) hanno infatti dimostrato che non si determinano variazioni glicemiche (in particolare ipoglicemia o abbassamento della glicemia) durante le immersioni, mentre una modesta tendenza all'ipo e una riduzione del fabbisogno insulinico vanno attribuite al ben noto effetto sulla sensibilità insulinica proprio di ogni forma di attività fisica.
Anche per quanto riguarda gli altri possibili problemi ricordati (da quelli legati alle variazioni di pressione, a quelli gastroenterici), non esistono evidenze di una loro maggiore frequenza o gravità in presenza di malattia diabetica. Se ci sono buon controllo e consapevolezza, perciò, il diabete non impedisce nessun traguardo. Ma in che cosa consiste il progetto?
Una questione psicologica
Il progetto complessivo prevede la effettuazione di un Corso Pilota "Open Water Diver"
basato sulla classica didattica Padi (Associazione Professionale d'istruttori Subacquei), integrata con elementi teorico-pratici centrati sulla condizione diabetica, e un successivo programma di immersioni in acque libere, con studio delle interferenze con equilibrio metabolico e le complicanze d'organo. È evidente che il fatto che non si corrano rischi particolari non è una ragione sufficiente per proporre questa pratica al giovane con diabete mellito. Male non fa ma neppure bene, né in termini di controllo metabolico, né di evoluzione delle complicanze. Le ragioni per proporre l'attività subacquea, tutt'al più, sono psicologiche, il non sentirsi escluso a priori e il confrontarsi con uno sport che richiede efficienza fisica, fattori che si possono rivelare straordinariamente positivi. Diabetici e contenti, perciò.
Marco Malagutti
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