Prevenzione con complicazioni

17 febbraio 2006
Aggiornamenti e focus

Prevenzione con complicazioni



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Il tumore al collo dell'utero rappresenta una delle neoplasie maggiormente diffuse nelle donne. I programmi di screening e le campagne di prevenzione hanno aiutato a sensibilizzare la popolazione femminile e negli ultimi anni l'incidenza di tumori cervicali invasivi è notevolmente diminuita. Infatti, l'evoluzione della patologia è molto lenta e, se diagnosticata precocemente, è curabile al 100%. Tuttavia, il tumore alla cervice rimane, per le donne, la seconda causa di morte e si stima che in Italia ogni anno si verifichino circa 3500 nuovi casi e 1800 decessi.Nel 99,7% dei casi la causa riconosciuta del tumore è rappresentata dal virus HPV, che si trasmette per via sessuale; il più delle volte è asintomatico e l'organismo riesce a eliminarlo con il sistema immunitario. Una parte di donne, tuttavia, non riesce a rimuovere il virus e questo, insieme ad altri fattori di rischio, può favorire lo sviluppo di anomalie cellulari che possono evolvere in un tumore.Sottoporsi periodicamente a esami diagnostici come il Pap-test, consente di identificare la presenza di eventuali zone di trasformazione cellulare e di intervenire prima che si sviluppi la neoplasia. Tuttavia, i metodi più utilizzati per la rimozione preventiva di tali anomalie, potrebbero causare complicazioni alle future gravidanze.

Efficaci ma rischiose


Uno studio pubblicato sulla rivista Lancet si è occupato di verificare, prendendo in esame 27 studi sull'argomento, in che modo le più comuni tecniche di rimozione delle zone "trasformate" del collo dell'utero, influissero sulla fertilità della donna e sull'andamento della gravidanza. I metodi più utilizzati e che sono stati presi in considerazione in questa indagine sono la LLETZ (Large Loop Excision of the Transformation Zone) o ansa-diatermia, che rappresenta il trattamento più comune e impiega, per la rimozione del tessuto anormale, una piccola ansa di metallo riscaldata dalla corrente elettrica. Un'altra tecnica molto praticata è la conizzazione, che prevede la rimozione della zona trasformata mediante il taglio di un pezzo di tessuto a forma di cono. Può essere fatta utilizzando uno speciale bisturi a lama fredda o il laser. Quest'ultimo, inoltre, può essere impiegato anche per vaporizzare la lesione.Per quanto riguarda la conizzazione a lama fredda, lo studio ha rivelato che comporta un aumento del rischio di parto prematuro (prima della trentasettesima settimana), basso peso del neonato (inferiore ai 2,5Kg) e parto cesareo, rispettivamente, di 2,59, 2,53 e 3,17 volte. Analogamente, la tecnica LLETZ incrementa di 1,7 volte il rischio di parti pretermine e di 1,82 volte quello di basso peso alla nascita. L'impiego della conizzazione laser ha fatto riscontrare i medesimi effetti negativi sull'andamento della gravidanza, ma l'incidenza è statisticamente irrilevante, mentre la vaporizzazione laser dell'area lesionata non comporta alcun tipo di conseguenze sulla maternità.

A volte è meglio aspettare


Per quanto riguarda la salute del neonato, nessuna delle tecniche prese in esame ha dimostrato di influenzare l'incidenza di morti perinatali o il ricovero in unità di terapia intensiva. Inoltre, dai dati disponibili è emerso che neanche la fertilità della donna risulta compromessa dopo un trattamento di rimozione di tessuto anormale dalla cervice uterina.In conclusione, lo studio ha evidenziato che la rimozione di zone trasformate dal collo dell'utero è associata a un aumento, seppur non molto elevato, delle complicazioni in gravidanza. Tale eventualità deve quindi essere presa in considerazione sia dal medico, sia dalla donna, prima di procedere con l'intervento. Secondo gli autori, inoltre, quando si tratta di soggetti al di sotto dei 25 anni con anomalie lievi, che presentano pertanto una bassa probabilità di progressione in neoplasia, la soluzione migliore è quella di tenere sotto stretto controllo il tessuto anomalo e la sua eventuale evoluzione, rimandando l'intervento di rimozione.

Ombretta Bandi



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