Procreazione assistita, anzi congelata

07 aprile 2003
Aggiornamenti e focus

Procreazione assistita, anzi congelata



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La specie umana non è particolarmente fertile, in ogni ciclo mensile una coppia ha il 25% di probabilità di concepire un figlio, molto bassa rispetto al 98-99% dei conigli, per esempio.
Ma la percentuale non rimane invariata per tutta la vita, anzi, tende a decrescere: già a 26 anni nella donna si verifica una flessione nella capacità di procreare, a 36 si abbassa ancora e dopo i 40 ancora di più. Nell'uomo la fertilità non incontra tappe critiche ma declina lentamente.
La scienza medica non si occupa della fertilità/sterilità da molto tempo, fino a qualche tempo fa ci si basava sulle tempistiche di accoppiamento degli altri mammiferi per poi scoprire che l'uomo, anzi la donna, funzionava esattamente al contrario: il periodo mensile di fertilità si allontana dalla fase mestruale del ciclo.

Esuberi tecnici


E' indubbio che nel recente trentennio si sono verificati molti cambiamenti nello stile di vita delle popolazioni occidentali, l'emancipazione della donna nel mondo del lavoro ha comportato un ritardo nella decisione di avere figli, l'esposizione a inquinanti e ormoni (estrogeni) presenti negli alimenti ha modificato la fertilità maschile. "Niente che debba stupirci, comunque," sostiene Carlo Flamigni, pioniere in Italia nella fecondazione assistita - "considerato il fatto che siamo una specie che inquina senza remore l'ambiente in cui vive e mette trappole di ogni genere sul proprio cammino". Nel complesso, queste trasformazioni, hanno condizionato le potenzialità e le dinamiche procreative, arrivando in certi casi a creare il problema di non riuscire ad avere figli.
La fecondazione assistita sembrerebbe la soluzione ideale per tutte quelle coppie che si riconoscono in questa descrizione. Ma la realtà non è così agevole: mettere un ovulo e uno spermatozoo in una piastra di laboratorio e aspettare il miracolo non è proprio un quadro rispecchiante la realtà, tutt'altro. In primo luogo bisogna avere sufficiente materia prima cioè parecchi ovuli da fecondare, in quanto è necessario creare numerosi embrioni che vadano a sopperire laddove precedenti candidati hanno fallito. Tecnicamente è molto semplice, ma implicazioni etiche lo sono molto meno: i frigoriferi dei laboratori che eseguono la fecondazione assistita sono pieni di embrioni soprannumerari congelati di cui nessuno reclama la paternità/maternità, destinati a essere eliminati in quanto non possono essere utilizzati se non per la suddetta tecnica, oppure a fare da "scorta" per i genitori che pensano di poterne aver bisogno in futuro. In Italia, oggi, se ne contano circa 24.000, "pochi" rispetto ai 400.000 dell'Inghilterra, Stato che ha deciso che, allo scadere dei cinque anni gli embrioni soprannumerari devono essere gettati via.
L'ipotesi di usare un ovulo per volta non è percorribile, significherebbe sottoporre la donna a cicli di stimolazione ovarica rischiosi per la sua salute.

Uova al gelo


La soluzione, recentemente accettata e avallata dall'Istituto Superiore di Sanità e finanziata dal Ministero della Salute, sembrerebbe essere il congelamento degli ovociti. La procedura rimuove la questione etica sull'esubero di embrioni e sull'eliminazione del materiale non utilizzato, un ovocita è una cellula sulla cui eventuale distruzione nessuno può porre riserve morali. Inoltre, assicura alle donne che vanno incontro a terapie a elevato impatto sulla loro fertilità di poter ancora procreare in futuro.
Ma se fino ad oggi non sono stati riscontrati svantaggi nel congelamento di embrioni, la sperimentazione sugli ovociti dovrà chiarire l'efficacia e la sicurezza della tecnica. La cellula uovo ha una vita molto breve e, se non viene fertilizzata, degenera rapidamente. Molte strutture dell'ovocita possono essere danneggiate dal congelamento e scongelamento e le conseguenze dei danni potrebbero minare la salute del nascituro. Quindi, vista la bassa percentuale di successo attuale, la tecnica deve essere considerata sperimentale.
La sperimentazione durerà due anni e interesserà 1.100 coppie con donne al di sotto dei 38 anni, in 11 centri pubblici e privati autorizzati; tre le unità di ricerca supervisionate dalla Tecnobios di Bologna, e guidate da Carlo Flamigni. Per avere dati preliminari bisognerà attendere la nascita dei primi 300 bambini, per ora sono solo una sessantina.

Simona Zazzetta



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