05 maggio 2004
Aggiornamenti e focus
Gravidanza: diritto o desiderio?
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Il tempo e la pazienza possono essere alleati preziosi per avere una gravidanza serena e spontanea; superata una certa età, però, la fertilità della coppia, in particolare della donna deve fare i conti con il tempo che passa. La tecnologia è in grado di aiutare coppie in difficoltà grazie a tecniche più o meno specifiche, ma la procreazione medicalmente assistita è solo uno degli aspetti del problema della fertilità umana. Le possibilità di accedervi sono affidate alla Legge 40/2004 recentemente approvata che regolamenta l'applicazione di queste tecniche. Tuttavia sono ancora molti gli argomenti per i quali tale legge non è risolutiva, anzi tutt'altro. Ne hanno discusso in merito alcuni esperti in materia durante una tavola rotonda organizzata dal Centro Studi Comunicazione Farmaco.
Per molti aspetti la Legge 40 entra in contraddizione con altre norme e lascia aperti interrogativi ai quali risponderà, purtroppo, l'esperienza di chi dovrà affrontarli per primo.
Una delle prime cose che è necessario stabilire è se la procreazione medicalmente assistita (PMA) sia o meno una terapia. Apparentemente si, ma in realtà è il concetto di cura stabilito dall'Art. 32 della Costituzione che viene modificato. Infatti, come sottolinea Mario Zanchetti, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattaneo di Castellanza: "Se nella coppia con difficoltà a procreare, l'infertilità interessa l'uomo, la PMA, cioè la cura, viene applicata alla donna, che in teoria è sana". Cambiano, quindi, anche il confini di ciò che viene considerato malattia stabiliti da chi fa la diagnosi di infertilità, che dà quindi diritto ad accedere alle cure. Un diritto limitato tuttavia dal budget attribuito dal SSN alle Regioni che a loro volta decideranno la misura in cui coprire economicamente queste prestazioni.
Il professor Piergiorgio Crosignani, Ordinario di Ostetricia e Ginecologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Milano, ha aggiunto che le modalità previste dalla legge creano un problema di efficacia della tecnica. "Oltre a non poter congelare gli embrioni, ora è possibile fecondare, in caso di PMA con fecondazione extrauterina, solo tre ovociti che devono poi essere tutti impiantati". Un numero fisso e stabilito che tuttavia non incontra le esigenze di donne diverse: mentre per una donna con più di 38 anni tre ovociti potrebbero essere pochi, per una più giovane potrebbero essere troppi e quindi comportare una gravidanza gemellare, indubbiamente più a rischio.
Aldilà delle difficoltà tecniche che la legge impone, sono emerse delle incongruità rispetto ad altre norme della Costituzione che in un futuro molto prossimo potranno minarne la validità. Ancora una volta ci sono solo domande, per avere risposte bisognerà attendere lo svolgersi degli eventi.
"E' attualmente possibile eseguire dei test per verificare le condizioni di salute dei tre ovociti fecondati - afferma Roberto Mordacci, professore di Bioetica, Università Vita e Salute, San Raffaele di Milano - tuttavia in ogni caso la donna dovrà impiantare gli ovuli fecondati". Le conseguenze di questo vincolo sono principalmente due: in primo luogo le coppie infertili che hanno tratti genetici malati, e quindi a elevato rischio di produrre embrioni impiantabili con difetti congeniti, sono escluse in partenza dall'accedere alla PMA. In secondo luogo, qualora la donna cambiasse idea sul sottoporsi alla PMA, non è chiaro in che modo dovrà comportarsi il medico: imporre una terapia a un paziente non consenziente è senza ombra di dubbio incostituzionale. "Infine - prosegue Mordacci - c'è una contraddizione di fondo: la Legge n. 40 impedisce di rifiutare l'impianto di un embrione malato ma subito dopo la legge n. 194 permette di eseguire un aborto". Il vizio di fondo salta all'occhio.
"Forse - come suggerisce Sylvie Coyaud, giornalista - il desiderio di gravidanza dovrebbe restare un desiderio piuttosto che diventare un diritto da consegnare ai legislatori".
Simona Zazzetta
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
La PMA è una terapia
Per molti aspetti la Legge 40 entra in contraddizione con altre norme e lascia aperti interrogativi ai quali risponderà, purtroppo, l'esperienza di chi dovrà affrontarli per primo.
Una delle prime cose che è necessario stabilire è se la procreazione medicalmente assistita (PMA) sia o meno una terapia. Apparentemente si, ma in realtà è il concetto di cura stabilito dall'Art. 32 della Costituzione che viene modificato. Infatti, come sottolinea Mario Zanchetti, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattaneo di Castellanza: "Se nella coppia con difficoltà a procreare, l'infertilità interessa l'uomo, la PMA, cioè la cura, viene applicata alla donna, che in teoria è sana". Cambiano, quindi, anche il confini di ciò che viene considerato malattia stabiliti da chi fa la diagnosi di infertilità, che dà quindi diritto ad accedere alle cure. Un diritto limitato tuttavia dal budget attribuito dal SSN alle Regioni che a loro volta decideranno la misura in cui coprire economicamente queste prestazioni.
Il professor Piergiorgio Crosignani, Ordinario di Ostetricia e Ginecologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Milano, ha aggiunto che le modalità previste dalla legge creano un problema di efficacia della tecnica. "Oltre a non poter congelare gli embrioni, ora è possibile fecondare, in caso di PMA con fecondazione extrauterina, solo tre ovociti che devono poi essere tutti impiantati". Un numero fisso e stabilito che tuttavia non incontra le esigenze di donne diverse: mentre per una donna con più di 38 anni tre ovociti potrebbero essere pochi, per una più giovane potrebbero essere troppi e quindi comportare una gravidanza gemellare, indubbiamente più a rischio.
Prevenire o abortire dopo?
Aldilà delle difficoltà tecniche che la legge impone, sono emerse delle incongruità rispetto ad altre norme della Costituzione che in un futuro molto prossimo potranno minarne la validità. Ancora una volta ci sono solo domande, per avere risposte bisognerà attendere lo svolgersi degli eventi.
"E' attualmente possibile eseguire dei test per verificare le condizioni di salute dei tre ovociti fecondati - afferma Roberto Mordacci, professore di Bioetica, Università Vita e Salute, San Raffaele di Milano - tuttavia in ogni caso la donna dovrà impiantare gli ovuli fecondati". Le conseguenze di questo vincolo sono principalmente due: in primo luogo le coppie infertili che hanno tratti genetici malati, e quindi a elevato rischio di produrre embrioni impiantabili con difetti congeniti, sono escluse in partenza dall'accedere alla PMA. In secondo luogo, qualora la donna cambiasse idea sul sottoporsi alla PMA, non è chiaro in che modo dovrà comportarsi il medico: imporre una terapia a un paziente non consenziente è senza ombra di dubbio incostituzionale. "Infine - prosegue Mordacci - c'è una contraddizione di fondo: la Legge n. 40 impedisce di rifiutare l'impianto di un embrione malato ma subito dopo la legge n. 194 permette di eseguire un aborto". Il vizio di fondo salta all'occhio.
"Forse - come suggerisce Sylvie Coyaud, giornalista - il desiderio di gravidanza dovrebbe restare un desiderio piuttosto che diventare un diritto da consegnare ai legislatori".
Simona Zazzetta
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