Sicurezza sotto controllo

16 giugno 2006
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Sicurezza sotto controllo



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Su quasi tutti i foglietti illustrativi dei farmaci c'è scritto che il profilo di sicurezza del prodotto non è stata testato in gravidanza. Anche perché sarebbe un tipo di verifica costoso e che pone problemi etici non semplici da liquidare. In tutto questo però, le donne gravide, escludendo quelle che devono farsi passare l'influenza o un mal di schiena, possono trovarsi nella condizione di dover assumere dei farmaci, per la loro salute o per quella del nascituro. E su questa somministrazione, per i succitati motivi, spesso la sperimentazione è ancora aperta a nuovi risultati, a conferme o a smentite sia sulla loro efficacia sia sulla loro sicurezza.

A volte la sicurezza si conferma...


Uno dei possibili motivi per cui si somministrano farmaci a una donna incinta è il rischio di parto pretermine. In questi casi le possibili conseguenze negative sul nascituro sono i problemi respiratori come malattie polmonari o la sindrome da sofferenza respiratoria, entrambi causati dall'immaturo sviluppo dei polmoni. Condizione che può diventare anche causa di mortalità infantile e in ogni caso di morbidità, cioè di altre condizioni patologiche. L'assunzione di corticosteroidi da parte della madre rimane il metodo più efficace tra le strategie prenatali per ridurre esiti avversi della nascita pretermine. Ma la cautela non è mai troppa, soprattutto nel ripetere i cicli di terapia. Esiste, infatti, la preoccupazione che i farmaci possano far aumentare il rischio di infezioni nella madre dopo la prematura rottura delle membrane prima del travaglio. Inoltre studi non randomizzati (cioè senza un rigoroso protocollo sperimentale) parlano anche di eventi avversi per il bambino. Per sgombrare un po' di dubbi sono stati testati gli effetti della terapia, contro placebo, somministrata a quasi mille donne, che rimanevano a rischio di parto pretermine sette o più giorni dopo aver ricevuto un primo ciclo di corticosteroidi. Lo schema veniva ripetuto ogni settimana in cui la donna non aveva ancora partorito, ma comunque sempre a rischio pretermine. L'esposizione ripetuta effettivamente riduceva la morbidità neonatale: meno bambini con la sindrome da sofferenza respiratoria, ventilazione meccanica più breve, minore necessità di terapia con ossigeno. Quindi non solo si conferma la sicurezza ma anche l'efficacia del regime farmacologico.

...a volte il dubbio rimane


Altro risultato, invece, quello ottenuto sulla sicurezza degli ACE inibitori, antipertensivi, assunti durante la gravidanza per controllare la pressione sanguigna materna. Di essi si conoscono gli effetti avversi della somministrazione nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza, che quindi si evita, mentre nel primo non si hanno prove e quindi si continua a somministrarlo. Ma le informazioni in merito sono attualmente molto poche. Ed è in questi casi che sorge il dubbio e si va a verificare. Per esempio, su circa 30 mila donne gravide, sulle loro prescrizioni e sui dati medici loro e dei loro bambini. Sono stati identificati 209 bambini esposti agli ACE inibitori, 202 ad altri antipertensivi e il resto non esposti. Ebbene, tra quelli esposti l'8,6% era nato con malformazioni, con un rischio più che doppio (2,71) rispetto ai non esposti. Per quanto discutibile il metodo del confronto con le prescrizioni, in quanto non permettono di stabilire inizio e fine dell'assunzione, gli autori del lavoro concludono che la sicurezza non è garantita durante questo periodo della gestazione e che quindi andrebbe evitata. Al solito, si invocano ulteriori ricerche in merito.
Non stupisce, ovviamente, che in una fase così delicata della vita di una donna e del nascituro in formazione, la cautela è una strategia adottata sempre e comunque, prima di una valutazione dei rischi e dei benefici, è bene conoscere i rischi. E questi studi, più che allarmare servono proprio per sapere a cosa di potrebbe andare incontro, e decidere se ne vale la pena.

Simona Zazzetta



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