07 aprile 2004
Aggiornamenti e focus
La proteina esclude il prematuro
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Se nell'Occidente industrializzato la natalità cala, e le primipare sono sempre meno giovani, non stupisce che alla salute di mamma e nascituro si dedichino maggiori attenzioni, visto che il primo figlio diviene un evento ancora più carico di aspettative. L'ultima novità in questo ambito è un test non invasivo che consente di predire con buona approssimazione se la nascita avverrà nei tempi previsti o se vi è la possibilità di un parto prematuro. Il controllo si basa sulla ricerca nelle secrezioni vaginali materne di una particolare proteina, la fibronectina fetale. Questa sostanza, infatti, si presenta nelle primissime fasi della gravidanza per poi sparire dalle secrezioni e riapparire attorno alla trentaquattresima settimana di gestazione.
In pratica la fibronectina fetale, secondo gli autori della ricerca pubblicata sull'American Journal of Obstetrics and Gynecology, sarebbe il segnale che il corpo si sta preparando al travaglio e che, quindi, la nascita è imminente. La proteina in questione è nota da tempo, ovviamente, tuttavia l'aspetto che ha promosso lo studio è di tipo tecnologico. Fino a ora, infatti, la ricerca della fibronectina richiedeva 24 ore, mentre ora è disponibile un test rapido il cui responso si ha nell'arco di un'ora. Di conseguenza, il test assume un'utilità clinica maggiore, visto che c'è un preavviso sufficiente a identificare e gestire le possibili emergenze. Lo studio in questione si è svolto in un servizio di emergenza ostetrica, dove le donne che accusavano sintomi di travaglio prematuro sono state o esaminate con il test o avviate direttamente al ricovero. Nelle donne avviate al test si è visto che quando non si isolava la fibronectina, cioè quando il test era negativo, nel 97% dei casi si poteva escludere che il parto avvenisse entro le due settimane successive. Se invece il test era positivo, cioè la fibronectina era presente nelle secrezioni vaginali, questo corrispondeva a un parto prematuro soltanto nel 27% dei casi.
La conclusione quindi è che la determinazione della fibronectina fetale serve esclusivamente a escludere il pericolo di un travaglio anticipato. Non è poco, soprattutto dal punto di vista della qualità della vita della gestante e della spesa sanitaria. Infatti poter identificare le donne che non corrono rischi significa poter evitare un ricovero per osservazione inutile. Il passo successivo consisterà nel valutare se la negatività alla fibronectina possa essere una guida per stabilire se, malgrado la comparsa dei sintomi, si può consigliare alla gestante di continuare le sue normali occupazioni senza particolari timori. Secondo il primo firmatario dello studio, Patrick Lowe, ginecologo dell'Università dello Iowa, la maggioranza degli esperti ritiene di sì, ma manca una valutazione definitiva.
Davide Minzoni
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Il test serve a soprattutto a escludere
In pratica la fibronectina fetale, secondo gli autori della ricerca pubblicata sull'American Journal of Obstetrics and Gynecology, sarebbe il segnale che il corpo si sta preparando al travaglio e che, quindi, la nascita è imminente. La proteina in questione è nota da tempo, ovviamente, tuttavia l'aspetto che ha promosso lo studio è di tipo tecnologico. Fino a ora, infatti, la ricerca della fibronectina richiedeva 24 ore, mentre ora è disponibile un test rapido il cui responso si ha nell'arco di un'ora. Di conseguenza, il test assume un'utilità clinica maggiore, visto che c'è un preavviso sufficiente a identificare e gestire le possibili emergenze. Lo studio in questione si è svolto in un servizio di emergenza ostetrica, dove le donne che accusavano sintomi di travaglio prematuro sono state o esaminate con il test o avviate direttamente al ricovero. Nelle donne avviate al test si è visto che quando non si isolava la fibronectina, cioè quando il test era negativo, nel 97% dei casi si poteva escludere che il parto avvenisse entro le due settimane successive. Se invece il test era positivo, cioè la fibronectina era presente nelle secrezioni vaginali, questo corrispondeva a un parto prematuro soltanto nel 27% dei casi.
Meno ricoveri (e spaventi)
La conclusione quindi è che la determinazione della fibronectina fetale serve esclusivamente a escludere il pericolo di un travaglio anticipato. Non è poco, soprattutto dal punto di vista della qualità della vita della gestante e della spesa sanitaria. Infatti poter identificare le donne che non corrono rischi significa poter evitare un ricovero per osservazione inutile. Il passo successivo consisterà nel valutare se la negatività alla fibronectina possa essere una guida per stabilire se, malgrado la comparsa dei sintomi, si può consigliare alla gestante di continuare le sue normali occupazioni senza particolari timori. Secondo il primo firmatario dello studio, Patrick Lowe, ginecologo dell'Università dello Iowa, la maggioranza degli esperti ritiene di sì, ma manca una valutazione definitiva.
Davide Minzoni
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