23 dicembre 2004
Aggiornamenti e focus
L'alternativa all'ormone è poco utile
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Per la maggior parte delle donne l'arrivo della menopausa, e a volte alcuni anni successivi, sono contrassegnati dalle tipiche "vampate", cioè quelle improvvise sensazioni di calore accompagnate spesso da sudorazione, palpitazioni e ansia, che costituiscono una reazione vasomotoria legata al declino della produzione degli estrogeni. Contro questo fastidioso sintomo che, a seconda dei casi, può condizionare anche pesantemente la vita quotidiana e disturbare il sonno, con ripercussioni psicologiche, sono andate man mano aumentando in questi anni le proposte di trattamento, una gamma in realtà molto eterogenea che comprende diversi farmaci in aggiunta alla classica terapia sostitutiva con estrogeni, oltre a terapie alternative come integratori, preparati erboristici o tecniche di manipolazione che non sembrano supportate da dimostrazioni valide di efficacia.
Il ricorso all'estrogenoterapia è consolidato da vari decenni e gli studi hanno indicato che questo approccio riesce a diminuire in media la frequenza delle vampate del 77%, cioè 2-3 episodi al giorno, ma la ricerca di alternative a questo trattamento di dimostrata efficacia è diventata più attuale dopo la diffusione dei dati del noto Women's Health Initiative trial nel 2002, che indicava come effetto indesiderato della terapia sostitutiva estroprogestinica un rischio aumentato, anche se limitatamente, di eventi cardio e cerebrovascolari e di tumore della mammella. In base alle indagini successive l'indicazione dell'ormonoterapia contro la sintomatologia vasomotoria post-menopausale è stata confermata, per le donne nelle quali è opportuno ricorrervi, con la raccomandazione della FDA statunitense di utilizzare le dosi minime efficaci e per la minore durata possibile.
Numerosi studi sono anche stati condotti sull'efficacia e sulla sicurezza di altre terapie non ormonali usate contro le vampate, includendo in questa categoria sia sostanze come gli isoflavoni della soia, che in realtà hanno una debole attività estrogenica e antiestrogenica, sia farmaci. Una metanalisi dei risultati di questi trial è stata compiuta da un team di ricercatori americani che hanno operato una meticolosa selezione di 4.249 lavori scegliendone solo 43 rispondenti a rigorosi criteri d'inclusione, nei quali l'effetto delle sostanze assunte per via orale è stato valutato in confronto a placebo: dieci riguardavano antidepressivi, sedici altre molecole come antipertensivi e anticonvulsivanti e diciassette isoflavoni estrattivi di trifoglio rosso o di soia. L'analisi complessiva ha mostrato una certa efficacia per gli antidepressivi tipo inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) o della noradrenalina (SNRI), l'antipertensivo clonidina e l'anticonvulsivante gabapentina nel ridurre la frequenza e della gravità delle vampate, anche se inferiore a quella degli estrogeni; gli studi relativi a questi farmaci per tale indicazione sono però ancora scarsi, ed essi potrebbero risultare utili soprattutto per le donne fortemente sintomatiche che non possono assumere estrogeni. Dalla metanalisi non sono invece emerse evidenze di efficacia per gli isoflavoni di trifoglio rosso e quelle relative agli isoflavoni di soia sono apparse contradditorie, mentre per gli altri trattamenti non si sono potute trarre conclusioni perché i lavori erano scarsi o presentavano carenze.
Elettra Vecchia
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L'estrogeno funziona
Il ricorso all'estrogenoterapia è consolidato da vari decenni e gli studi hanno indicato che questo approccio riesce a diminuire in media la frequenza delle vampate del 77%, cioè 2-3 episodi al giorno, ma la ricerca di alternative a questo trattamento di dimostrata efficacia è diventata più attuale dopo la diffusione dei dati del noto Women's Health Initiative trial nel 2002, che indicava come effetto indesiderato della terapia sostitutiva estroprogestinica un rischio aumentato, anche se limitatamente, di eventi cardio e cerebrovascolari e di tumore della mammella. In base alle indagini successive l'indicazione dell'ormonoterapia contro la sintomatologia vasomotoria post-menopausale è stata confermata, per le donne nelle quali è opportuno ricorrervi, con la raccomandazione della FDA statunitense di utilizzare le dosi minime efficaci e per la minore durata possibile.
Bene l'antidepressivo, male l'isoflavone
Numerosi studi sono anche stati condotti sull'efficacia e sulla sicurezza di altre terapie non ormonali usate contro le vampate, includendo in questa categoria sia sostanze come gli isoflavoni della soia, che in realtà hanno una debole attività estrogenica e antiestrogenica, sia farmaci. Una metanalisi dei risultati di questi trial è stata compiuta da un team di ricercatori americani che hanno operato una meticolosa selezione di 4.249 lavori scegliendone solo 43 rispondenti a rigorosi criteri d'inclusione, nei quali l'effetto delle sostanze assunte per via orale è stato valutato in confronto a placebo: dieci riguardavano antidepressivi, sedici altre molecole come antipertensivi e anticonvulsivanti e diciassette isoflavoni estrattivi di trifoglio rosso o di soia. L'analisi complessiva ha mostrato una certa efficacia per gli antidepressivi tipo inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) o della noradrenalina (SNRI), l'antipertensivo clonidina e l'anticonvulsivante gabapentina nel ridurre la frequenza e della gravità delle vampate, anche se inferiore a quella degli estrogeni; gli studi relativi a questi farmaci per tale indicazione sono però ancora scarsi, ed essi potrebbero risultare utili soprattutto per le donne fortemente sintomatiche che non possono assumere estrogeni. Dalla metanalisi non sono invece emerse evidenze di efficacia per gli isoflavoni di trifoglio rosso e quelle relative agli isoflavoni di soia sono apparse contradditorie, mentre per gli altri trattamenti non si sono potute trarre conclusioni perché i lavori erano scarsi o presentavano carenze.
Elettra Vecchia
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