A volte proteggono

27 giugno 2007
Aggiornamenti e focus

A volte proteggono



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La questione della terapia ormonale sostitutiva per le donne in menopausa da tempo solleva vivaci dibattiti tra gli esperti. Dai principali studi in corso di svolgimento, il Million Women Study e il Women's Health Iniziative, arrivano risultati contrastanti. Se, infatti, sono stati sottolineati nel tempo potenziali rischi come tumori e problemi cardiovascolari anche i benefici non mancherebbero, come per esempio il minor rischio di osteoporosi. Un'altalena di conclusioni rispetto alle quali ancora non è stata fatta definitiva chiarezza. Ora un ulteriore capitolo all'annosa questione viene aggiunto da uno studio, con relativo editoriale, pubblicato sul New England Journal of Medicine. Lo studio sottolinea un ruolo protettivo degli ormoni a livello cardiovascolare, l'editoriale riassume quella che ormai è la convinzione sempre più diffusa: esiste una finestra temporale, all'inizio della menopausa o poco prima, durante la quale la terapia è sicura. Anzi addirittura protettiva.

Le premesse


L'editoriale del New England parte con il riassunto dei dieci anni trascorsi e con le domande che ancora sono in sospeso: chi può con sicurezza ricevere la terapia ormonale sostitutiva? Chi è ad aumentato rischio? Se ne può beneficiare per ragioni che vanno al di la dei sintomi della menopausa? Ora, dice il New England, emerge più chiarezza sul rapporto tra terapia ormonale sostitutiva e malattia cardiaca. Le nuove ricerche supportano l'ipotesi che gli ormoni abbiano effetti diversi sui vasi sanguigni delle donne in menopausa più giovani, tra i 50 e i 59 anni. Come a ribadire l'importanza dei tempi della terapia. Una buona notizia che va di pari passo con ricerche estensive condotte sugli animali e sugli effetti biologici degli ormoni a livello vascolare. In particolare sottostudi condotti nell'ambito del Women's Health Iniziative (WHI), il principale studio in corso per monitorare gli effetti della terapia sui principali end-point delle donne in menopausa, contribuiscono a questa nuova chiarezza.

Lo studio


Lo studio pubblicato sull'ultimo New England, in particolare, riporta i risultati del WHI Coronary-Artery Calcium Study (WHI-CACS), uno studio ausiliario che ha esaminato gli effetti degli estrogeni sulla calcificazione delle arterie coronariche in donne di età compresa tra i 50 e i 59 anni. E i risultati sono stati chiari ed inequivocabili. Su un campione di 1064 donne, dopo un periodo medio di trattamento di 7,4 anni, il punteggio medio del calcio intracoronarico è risultato inferiore tra le donne trattate con estrogeni (83,1) rispetto alle donne trattate con placebo (123,1). Come a dire che gli estrogeni hanno un effetto protettivo, anche se la complessità biologica degli estrogeni impedisce affermazioni definitive rispetto al rischio cardiovascolare. Una conclusione che supporta l'ipotesi temporale della terapia sostitutiva, in base alla quale per beneficiare dei vantaggi della terapia per la prevenzione dell'aterosclerosi, bisogna cominciare per tempo. Gli effetti deleteri, infatti, si manifesterebbero nelle pazienti più in là con gli anni. Ciò detto la terapia ormonale sostitutiva non può essere considerata una strategia per la prevenzione cardiovascolare, visto che ne esistono di più efficaci e sottoutilizzate. Ma senza demonizzare gli ormoni.

Marco Malagutti



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