Parità per l’ictus, ma non per il cuore
Nessuna "discriminazione". Almeno quando si verifica un ictus, uomini e donne sono esaminati con la stessa attenzione e ricevono cure di qualità paragonabile. Il recupero più lento e meno favorevole per le donne dipenderebbero essenzialmente dal fatto che vanno incontro a questo tipo di eventi in età più avanzata (in media 76 anni contro i 72 degli uomini), presentando spesso contemporaneamente altre patologie croniche che complicano la situazione clinica globale e sperimentando forme di ictus di per sé più severe e dannose per il cervello. Alla conclusione, recentemente pubblicata sulla rivista Neurology, è arrivato un team di ricercatori australiani, ma la rassicurante parità tra i sessi riscontrata nella gestione dell'ictus in Australia e, analogamente, alcuni anni fa in Canada, non vale in altri Paesi del mondo né per altre malattie. In Italia, la situazione non sembra essere granché buona e non soltanto in ambito cardiovascolare. A ribadire le discrepanze negli approcci e negli esiti clinici e la necessità di un riorientamento che tenga conto delle peculiarità che le malattie assumono nell'organismo femminile, dell'interferenza di fattori familiari e sociali e della diversa risposta della donna ai trattamenti ha pensato il Convegno sulla Medicina di genere "Tutta testa e cuore", organizzato nei giorni scorsi dalla Fondazione Irccs Istituto Neurologico "C. Besta" di Milano con il coinvolgimento dell'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda). La discussione si è concentrata, in particolare, sulle patologie ischemiche, soprattutto infarto miocardico, e neurologiche, a partire dalle cefalee, uno dei disturbi "rosa" per eccellenza.
«In Italia» ha spiegato Maria Grazia Modena, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic) e docente di Cardiologia presso l'Università di Modena «ogni anno circa 120mila donne muoiono per malattie cardiovascolari, eppure si tende a considerare ancora questa condizione specifica del sesso maschile. Per molti anni, lo studio della malattia coronarica e dei suoi fattori di rischio ha interessato prevalentemente gli uomini, data la maggiore incidenza in età media, la comparsa più precoce rispetto alla donna e l'elevata letalità. Ma se fino alla menopausa, la frequenza della malattia e il peso dei fattori di rischio sono effettivamente più bassi rispetto agli uomini, con l'avanzare dell'età le differenze si riducono e le patologie cardiovascolari assumono un'importanza paragonabile nei due sessi». Anche sul fronte delle patologie neurologiche, la scarsa considerazione dell'impatto sullo stato di salute generale e sulla qualità di vita della donna gioca un ruolo primario nel ritardare la diagnosi e l'avvio di terapie adeguate ed efficaci. Le cefalee, troppo spesso inutilmente sopportate o gestite in modo approssimativo con l'autocura sono un caso emblematico. «Oltre alla variabilità epidemiologica» ha sottolineato Alessandra Protti, responsabile del gruppo Donne della Società italiana di neurologia (Sin) «vi sono peculiari aspetti clinici che distinguono la malattia neurologica nella donna, legati in primo luogo a fattori ormonali che si modificano nel tempo. Ciò fa sì che le esigenze di ogni singola paziente e le sue reazioni alle terapie o la possibilità di intraprenderle possano cambiare in relazione alle circostanze e al momento della vita: la gravidanza, il parto, l'allattamento, il puerperio, la menopausa e l'assunzione di anticoncezionali estroprogestinici in età fertile. Questi ed altri aspetti esclusivi della donna, si rendono bene evidenti nella pratica clinica dove il neurologo è chiamato ad affrontare quesiti non del tutto risolti e per i quali, spesso, non sono disponibili indicazioni generali di comportamento (linee guida)».
In attesa di poter usufruire di prestazioni ottimali e "a misura di donna", la strategia più utile è auto-proteggersi, puntando su una miglior prevenzione. Ecco alcuni consigli:
- Evitare di fumare o cercare di smettere con l'aiuto del medico e degli strumenti farmacologici e non disponibili (sostituti della nicotina, agopuntura/clip auricolare, counselling ecc.)
- Svolgere almeno mezz'ora di attività fisica moderata ogni giorno (passeggiate di buon passo, bicicletta, ginnastica, nuoto ecc.), da portare a 60-90 minuti qualora sia necessario perdere peso
- Seguire una dieta ricca di frutta, verdura e fibre che comprenda pesce almeno due volte alla settimana. L'assunzione quotidiana di grassi saturi non deve superare il 7-10% delle calorie totali quotidiane (ossia circa 150-200 Kcal/die, pari a circa 1,8-3,3 g), quella di colesterolo deve essere inferiore a 300 mg e quella di sale a 2,3 grammi.
- Tenere sotto controllo il peso corporeo attraverso una dieta equilibrata e commisurata alle effettive necessità e un'attività fisica regolare. L'indice di massa corporea (BMI), dato dalla formula: peso in Kg/(altezza in metri)2, dovrebbe essere mantenuto tra 18,5 e 24,9
- Non sottovalutare sintomi quali disturbi del sonno, alterazioni dell'appetito, tristezza, stanchezza, mancanza di interesse nelle attività quotidiane: potrebbero segnalare la presenza di un episodio depressivo (frequente in caso di malattie cardiologiche) che va affrontato con l'aiuto del medico
- In presenza di cardiopatie, prevedere integrazioni di acidi grassi omega-3 nella misura di 850-1.000 mg/die, caratterizzati da un'azione protettiva dimostrata contro l'infarto e l'evoluzione dell'insufficienza cardiaca; su consiglio del medico, le quantità possono essere aumentate fino a 2-4 gr/die in caso di dislipidemie
- Dopo un intervento cardiochirurgico, un ricovero per malattia coronarica o un ictus programmare un piano di riabilitazione cardiopolmonare/funzionale
- In presenza di cefalea intensa, protratta o ricorrente, evitare il ricorso all'autocura con farmaci antinfiammatori e consultare il medico per ottenere una caratterizzazione del disturbo e intraprendere un terapia appropriata.
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