21 febbraio 2007
Aggiornamenti e focus
I costi dell'Aids
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L'Aids costa. Una recente indagine italiana ha messo in evidenza come ogni italiano infettato dal virus dell'Hiv costi circa 8mila euro l'anno tra farmaci ed esami di controllo. A costare parecchio sono i farmaci che, dicono quelli delle aziende farmaceutiche, sono il risultato di una ricerca molto dispendiosa. Ma se l'impatto delle spese per la malattia è molto oneroso per realtà benestanti come quella italiana, si può immaginare quanto lo sia per realtà povere come l'Africa e l'Asia, dove l'Aids è maggiormente diffuso, che ben difficilmente si potranno permettere simili esborsi. Per questo fioccano le fondazioni e i benefattori, spesso celebrità di fama mondiale, che sovvenzionano progetti di sostegno alle realtà del terzo mondo. Ma i soldi spesi per l'Aids nei paesi in via di sviluppo sono ben spesi? O forse si sta spendendo troppo e non in modo oculato? Il dibattito sull'argomento si sta facendo sempre più fitto e ne è la conferma un editoriale "doppio" apparso sul Bmj nel quale vengono presentate due versioni opposte.
Il dato di fatto assodato e che trova tutti d'accordo è che per la lotta all'Aids vengono spesi miliardi di dollari nei paesi in via di sviluppo. Troppi, dice Roger England dell'Health System Workshop, secondo il quale sono utilizzati in modo inefficiente e comunque controproducente. I dati più recenti evidenziano che il 21% degli aiuti sanitari ai paesi in via di sviluppo viene destinato alla ricerca sull'Hiv. Un trend in crescita, visto che nel 2000 erano l'8% ed è probabile, perciò, che oggi si vada anche oltre, con una stima approssimativa del 25%. Eppure la malattia rappresenta solo il 5% dell'emergenza sanitaria in questi paesi se misurata in termini di DALYs (Disability Adjusted Life Years). Si tratta di una misura complessa delle singole patologie, che è determinata dalla somma degli anni di vita vissuti con disabilità (YLDs - Years of Life lived with Disability) e degli anni persi per mortalità precoce (YLLs - Years of Life Lost). L'Aids causa ogni anno la morte di 2,8 milioni di persone nel mondo, sono di più i bambini che nascono morti e più del doppio i neonati che muoiono per altre patologie. Per intendersi si muore più di diabete che di Aids. Eppure... E' per questo, spiega England, che gli interventi per l'Hiv non sono costo-efficaci o quantomeno non lo sono abbastanza da giustificare una simile spesa. Quel denaro, il 40% dei fondi disponibili, potrebbe essere speso diversamente, letti d'ospedale, piani di immunizzazione, pianificazione familiare. Così non è, denuncia England.
Di tutt'altro avviso la risposta, sempre sulla stessa rivista, di Paul de Lay, insieme ad alcuni colleghi in rappresentanza di Unaids. Non solo non si spende troppo, ma anzi si spende troppo poco. La metà di quanto sarebbe necessario. Nel 2006 sono stati messi a disposizione 9 miliardi di dollari per la risposta all'Aids contro una reale necessità di 15 miliardi di dollari. Manca, dicono i rappresentanti di Unaids, il necessario coordinamento tra i vari sostenitori dei finanziamenti e questo limita una spesa efficace. In più le istituzioni coinvolte sono deboli e non mancano i casi di cattiva gestione nonché di corruzione. In più non va sottovalutato il peso che la malattia ha rispetto ad altre patologie trasmissibili che colpiscono le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo, spesso attribuibili proprio al virus dell'Hiv. Posizioni evidentemente poco conciliabili. L'unico punto di accordo riguarda la necessità di sviluppare una gestione stabile dei fondi per la salute pubblica e lo sviluppo. Che sia un punto di partenza?
Marco Malagutti
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...e inoltre su Dica33:
Troppe spese?
Il dato di fatto assodato e che trova tutti d'accordo è che per la lotta all'Aids vengono spesi miliardi di dollari nei paesi in via di sviluppo. Troppi, dice Roger England dell'Health System Workshop, secondo il quale sono utilizzati in modo inefficiente e comunque controproducente. I dati più recenti evidenziano che il 21% degli aiuti sanitari ai paesi in via di sviluppo viene destinato alla ricerca sull'Hiv. Un trend in crescita, visto che nel 2000 erano l'8% ed è probabile, perciò, che oggi si vada anche oltre, con una stima approssimativa del 25%. Eppure la malattia rappresenta solo il 5% dell'emergenza sanitaria in questi paesi se misurata in termini di DALYs (Disability Adjusted Life Years). Si tratta di una misura complessa delle singole patologie, che è determinata dalla somma degli anni di vita vissuti con disabilità (YLDs - Years of Life lived with Disability) e degli anni persi per mortalità precoce (YLLs - Years of Life Lost). L'Aids causa ogni anno la morte di 2,8 milioni di persone nel mondo, sono di più i bambini che nascono morti e più del doppio i neonati che muoiono per altre patologie. Per intendersi si muore più di diabete che di Aids. Eppure... E' per questo, spiega England, che gli interventi per l'Hiv non sono costo-efficaci o quantomeno non lo sono abbastanza da giustificare una simile spesa. Quel denaro, il 40% dei fondi disponibili, potrebbe essere speso diversamente, letti d'ospedale, piani di immunizzazione, pianificazione familiare. Così non è, denuncia England.
O troppo poche?
Di tutt'altro avviso la risposta, sempre sulla stessa rivista, di Paul de Lay, insieme ad alcuni colleghi in rappresentanza di Unaids. Non solo non si spende troppo, ma anzi si spende troppo poco. La metà di quanto sarebbe necessario. Nel 2006 sono stati messi a disposizione 9 miliardi di dollari per la risposta all'Aids contro una reale necessità di 15 miliardi di dollari. Manca, dicono i rappresentanti di Unaids, il necessario coordinamento tra i vari sostenitori dei finanziamenti e questo limita una spesa efficace. In più le istituzioni coinvolte sono deboli e non mancano i casi di cattiva gestione nonché di corruzione. In più non va sottovalutato il peso che la malattia ha rispetto ad altre patologie trasmissibili che colpiscono le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo, spesso attribuibili proprio al virus dell'Hiv. Posizioni evidentemente poco conciliabili. L'unico punto di accordo riguarda la necessità di sviluppare una gestione stabile dei fondi per la salute pubblica e lo sviluppo. Che sia un punto di partenza?
Marco Malagutti
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