07 novembre 2007
Aggiornamenti e focus
AIDS: indietro dodici anni
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La data di nascita ufficiale dell'AIDS è il 1981, con i primi casi di una misteriosa polmonite tra giovani omosessuali statunitensi: ma a un quarto di secolo di distanza l'anno d'inizio potrebbe essere anticipato nei manuali di epidemiologia al 1969. E' quanto sostiene una nuova ricerca sulla storia della malattia, tutt'altro che definitivamente chiarita: un'indagine cha va avanti non solo per far luce sul passato, ma anche per la potenziale utilità rispetto sia a un possibile vaccino che tenga conto della diversità genetica del virus sia alle previsioni sulle differenze genetiche regionali e globali future. L'obiettivo del team internazionale, coordinato dall'Università di Tucson in Arizona, è stata una prospettiva combinata evolutivo molecolare ed epidemiologica che ricostruisse la storia del sottotipo B pandemico dell'HIV. Una vicenda che prima degli Stati Uniti ha una localizzazione precisa, non l'Africa, ma l'isola di Haiti.
Si sono infatti studiate le sequenze genetiche dell'HIV-1 da campioni congelati di sangue di cinque persone ritenute tra le prime vittime americane dell'AIDS, di recente immigrazione da Haiti, per scoprire quando, dove e come il sottotipo B del virus è emerso dall'Africa per diffondersi poi a livello mondiale. Il confronto è stato fatto con i campioni ematici di un altro centinaio di malati di AIDS da altre parti del mondo, infettati con il sottotipo B. La scelta di quest'ultimo è legata al fatto che, anche se responsabile di meno infezioni rispetto al sottotipo C che predomina nella pandemia in Africa e India, la variante più diffusa nella maggior parte dei paesi è l'HIV-1 gruppo M sottotipo B. Quanto al sospetto di un ruolo specifico dell'isola caraibica era già stato avanzato in occasione dei primi casi di AIDS, data la prevalenza elevata tra gli immigrati haitiani in America: in seguito però diventò chiaro che l'HIV-1 di gruppo M era originato dall'Africa centrale, apparentemente intorno al 1930. L'isola caraibica avrebbe però potuto costituire una tappa intermedia per l'emersione della linea dell'HIV-1 sottotipo B eccezionalmente diffusa: ed è proprio quanto hanno appurato i ricercatori. In sostanza, il virus sarebbe arrivato nel 1966 circa dall'Africa centrale ad Haiti dove è rimasto a lungo, avendo più tempo per mutare. Da qui l'HIV-1 gruppo M sottotipo B, il primo scoperto dell'immunodeficienza umana, è sbarcato intorno al 1969 negli Stati Uniti, probabilmente veicolato da una sola persona immigrata: ben prima quindi dello storico "paziente zero". Quelli che si sono poi diffusi nel mondo al di fuori dell'Africa sub-sahariana sarebbero la discendenza di questo virus antenato.
Nell'analisi statistica della ricerca, infatti, la probabilità che l'HIV fosse arrivato dall'Africa ad Haiti e da questa all'America è risultata pari al 99,8%, come dire una certezza, mentre quella che fosse passato oltreoceano direttamente dall'Africa è stata pari allo 0,003%, vale a dire una possibilità inesistente. E lo studio aiuta così a capire la ragione della maggiore diversità dei ceppi di HIV rispetto a quella presente negli Stati Uniti e negli altri paesi. E' auspicabile che tutto questo sia d'utilità per raggiungere l'obiettivo del vaccino; le sequenza geniche del virus analizzate nella ricerca riguardavano i geni env e gag, due di quelli saggiati per l'immunoprofilassi.
Elettra Vecchia
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Virus mutato emerso nell'isola caraibica
Si sono infatti studiate le sequenze genetiche dell'HIV-1 da campioni congelati di sangue di cinque persone ritenute tra le prime vittime americane dell'AIDS, di recente immigrazione da Haiti, per scoprire quando, dove e come il sottotipo B del virus è emerso dall'Africa per diffondersi poi a livello mondiale. Il confronto è stato fatto con i campioni ematici di un altro centinaio di malati di AIDS da altre parti del mondo, infettati con il sottotipo B. La scelta di quest'ultimo è legata al fatto che, anche se responsabile di meno infezioni rispetto al sottotipo C che predomina nella pandemia in Africa e India, la variante più diffusa nella maggior parte dei paesi è l'HIV-1 gruppo M sottotipo B. Quanto al sospetto di un ruolo specifico dell'isola caraibica era già stato avanzato in occasione dei primi casi di AIDS, data la prevalenza elevata tra gli immigrati haitiani in America: in seguito però diventò chiaro che l'HIV-1 di gruppo M era originato dall'Africa centrale, apparentemente intorno al 1930. L'isola caraibica avrebbe però potuto costituire una tappa intermedia per l'emersione della linea dell'HIV-1 sottotipo B eccezionalmente diffusa: ed è proprio quanto hanno appurato i ricercatori. In sostanza, il virus sarebbe arrivato nel 1966 circa dall'Africa centrale ad Haiti dove è rimasto a lungo, avendo più tempo per mutare. Da qui l'HIV-1 gruppo M sottotipo B, il primo scoperto dell'immunodeficienza umana, è sbarcato intorno al 1969 negli Stati Uniti, probabilmente veicolato da una sola persona immigrata: ben prima quindi dello storico "paziente zero". Quelli che si sono poi diffusi nel mondo al di fuori dell'Africa sub-sahariana sarebbero la discendenza di questo virus antenato.
Tappa intermedia tra Africa e America
Nell'analisi statistica della ricerca, infatti, la probabilità che l'HIV fosse arrivato dall'Africa ad Haiti e da questa all'America è risultata pari al 99,8%, come dire una certezza, mentre quella che fosse passato oltreoceano direttamente dall'Africa è stata pari allo 0,003%, vale a dire una possibilità inesistente. E lo studio aiuta così a capire la ragione della maggiore diversità dei ceppi di HIV rispetto a quella presente negli Stati Uniti e negli altri paesi. E' auspicabile che tutto questo sia d'utilità per raggiungere l'obiettivo del vaccino; le sequenza geniche del virus analizzate nella ricerca riguardavano i geni env e gag, due di quelli saggiati per l'immunoprofilassi.
Elettra Vecchia
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