Utili se gratuiti

16 luglio 2004
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Utili se gratuiti



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Se si dicesse che esiste una vaccinazione che costa circa 2 centesimi a dose, ha un'efficacia del 90-95% (si pensi che quello contro la varicella arriva al 90% ma in alcuni casi si ferma al 70%) ed è senza controindicazioni, verrebbe da pensare che è logico fornirla gratis. No? Se poi si aggiunge che può la malattia prevenuta è oggi poco curabile e in continua diffusione, anche l'ultimo dubbio svanirebbe. Eppure... Il vaccino è il profilattico, la malattia è l'AIDS ma la gratuità non si vede. A sollevare la questione, in concomitanza con la conferenza di Bangkok, un editoriale di Lancet, scritto da due personaggi insospettabili, uno della Rand Corporation, società di consulenze strategiche che opera anche per il Governo federale statunitense, e l'altro igienista della Tulane School of Public Health and Tropical Medicine. Tutto, quindi, fuorché no global. Tuttavia nell'editoriale si riportano i dati di un'esperienza condotta, grazie a finanziamenti ad hoc, nello stato della Louisiana, dove dal 1993 al 1996, i profilattici sono stati distribuiti gratuitamente in circa 1900 tra centri commerciali e cliniche a finanziamento pubblico.

Gratis è meglio


In questi tre anni di distribuzione gratuita, l'uso dei condom è salito tra gli uomini dal 40 al 54% e, dato ancor più importante, dal 28 al 36% tra le donne. Nel biennio 96-97, però, causa restrizioni dei fondi si cercò di contenere la spesa passando dalla distribuzione gratuita a quello che si potrebbe definire un prezzo politico: un quarto di dollaro al pezzo. Poco, è vero, ma sufficiente a far precipitare del 98% il numero di profilattici distribuiti e a far calare l'impiego da 77 al 64% tra le persone più a rischio, cioè coloro che hanno rapporti con più partner. Del resto, dicono i due autori, sarebbe stato poco realistico aspettarsi l'eradicazione del vaiolo se si fosse dovuto pagare il vaccino, e questo vale praticamente per tutte le misure preventive: proprio perché tali vanno attuate quando si sta bene e, quando la salute c'è, diventa più "duro" mettere mano al portafoglio. Senza contare un altro aspetto, e cioè che in molti paesi in via di sviluppo semplicemente i profilattici non sono reperibili e che, in una fascia di popolazione sempre più larga anche in alcuni paesi ricchi, persino i 20 centesimi fanno la differenza, come prova l'esperienza della Louisiana. E di converso, siccome i vantaggi di arrestare un'epidemia ricadono su tutta la comunità, appare equo che sia la comunità stessa a sostenere l'onere. I costi, peraltro, sono in questo caso relativamente contenuti. Secondo le stime delle Nazioni Unite, occorrerebbero 24 miliardi di profilattici per far fronte alle necessità mondiali. Siccome il costo di produzione si aggira attorno a 3 centesimi di dollaro l'uno, si tratterebbe di 720 milioni di dollari molto meno di quanto destinano annualmente i soli Stati Uniti per la lotta all'AIDS nel continente africano (3 miliardi di dollari).

E' anche un fatto di educazione


Peraltro, non soltanto di soldi si tratta, ma anche di educazione. Secondo l'immunologo Fernando Aiuti, che è presidente dell'ANLAIDS, quello che i lavori di Bangkok hanno provato - se ancora che ne fosse bisogno - è che diffondere l'uso del condom serve. "E' una clamorosa smentita di quanti in Italia vanno sostenendo da tempo che il preservativo non serve e che non è sicuro. E la sconfessione di quanti, sempre in Italia, non fanno campagne contro l'AIDS. I delegati dei Paesi che hanno attuato Campagne di educazione, hanno diffuso messaggi sull'utilità del preservativo, regalandolo - ecco il punto - alle persone a rischio, hanno annunciato che questa politica ha fatto calare i nuovi casi di infezione. "Un calo estremamente importante" ha detto Aiuti. "E' assurdo, davanti al dilagare dell'AIDS - ha continuato - criminalizzare uno strumento come il preservativo che si sta rivelando un grande mezzo di difesa dal virus. Per di più non si favoriscono i messaggi di educazione e di informazione. Da Bangkok viene il messaggio che bisogna, anche in Italia, cambiare strada e prendere ad esempio quanto fanno i Paesi che hanno compreso come si combatte efficacemente l'AIDS".

Maurizio Imperiali



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