Carni a rischio: apocalipse cow?

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Carni a rischio: apocalipse cow?



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Che cos'è la BSE


L'encefalopatia spongiforme bovina (Bse), comunemente conosciuta come morbo della mucca pazza, è una malattia degenerativa del cervello che colpisce i bovini. È caratterizzata dalla comparsa, nel cervello dei bovini colpiti, di vacuoli, minuscoli buchi, che danno al cervello l'apparenza di una spugna, da cui il nome del morbo. La malattia ha condizionato in modo significativo l'industria degli allevamenti in Gran Bretagna, determinando una psicosi che ha contagiato vari paesi fra i quali l'Italia. Gli animali colpiti manifestano significativi cambiamenti nel comportamento come nervosismo e aggressività, difficoltà nella postura, mancanza di coordinazione e difficoltà ad alzarsi, diminuita produzione di latte nonché perdita di peso nonostante il continuo appetito. Il bovino colpito muore quasi certamente. La malattia ha un periodo di incubazione che oscilla tra i 2 e gli 8 anni. La condizione dell'animale, dopo che si manifestano i primi sintomi clinici va peggiorando rapidamente in un tempo oscillante tra le due settimane e i sei mesi. A tutt'oggi non esiste un test per diagnosticare la malattia nell'animale vivo, l'unica modalità per i patologi veterinari conferma la presenza del morbo solo dopo l'esame microscopico dei tessuti cerebrali effettuato post-mortem o dall'identificazione della forma anomala di una proteina: il prione, presunto responsabile della malattia.

Il prione


Si tratta di una proteina capace di modificarsi divenendo tossica e provocando la distruzione delle cellule cerebrali. La sua scoperta è piuttosto recente, una quindicina d'anni fa circa, ed è merito di Stanley Prusiner dell'Università di San Francisco, che per primo scoprì la sua natura e lo identificò come responsabile dell'encefalopatia spongiforme. Una sua caratteristica singolare è di non aver acidi nucleici (DNA e RNA) nella struttura, che consiste infatti di una singola molecola contenente circa 250 aminoacidi, le cosiddette proteine PrP, normali varianti proteiche che si trovano abitualmente nelle cellule, e in particolare in quelle cerebrali. I prioni non sono dannosi di per sé, essendo presenti in tutti i mammiferi, ma possono acquisire capacità infettive e patologiche quando ne viene alterata la struttura, il che può accadere per mutazione genetica o per effetto dell'interazione con altri prioni modificati. Una scoperta importantissima per la scienza medica. Se prima infatti si riteneva che solo strutture dotate di DNA o RNA, come i virus e i batteri, potessero moltiplicarsi in un organismo fino a causare una malattia, ora si sa che le malattie possono essere sostenute anche da entità più semplici del virus, che difficilmente potrebbero essere considerate organismi viventi in sé. Ancora però non è noto in modo preciso quale sia l'effetto dose dei prioni, cioè qual è la probabilità per i prioni contenuti nei supplementi alimentari di entrare nel corpo della mucca, tuttavia si presume siano sufficienti quantità ridotte.

La storia del morbo

E' stata individuata per la prima volta in Gran Bretagna nel 1986 e fino al luglio 1999 177000 capi di bestiame su 34800 mandrie monitorate sono stato diagnosticati con BSE nel Regno Unito. Il primo contagio pare sia da attribuire alle pecore per effetto di una malattia nota come scrapie (dall'inglese scrape, grattare, perché le pecore malate si grattavano furiosamente) che affligge gli ovini da quasi duecento anni.. La via di trasmissione della malattia è stata quella alimentare, negli integratori proteici con cui veniva alimentato il bestiame infatti probabilmente erano incluse anche frattaglie di pecore malate, tra l'altro dopo le prime morti sospette le carcasse bovine sono state riutilizzate a scopo alimentare amplificando così l'epidemia. Il picco epidemico si è avuto nel 1993 quando i casi si sono moltiplicati fino a divenire 1000 ogni settimana. Sono di riflesso cominciate anche le prime misure cautelative: rendere nota la sindrome innanzitutto, proibire l'utilizzo di carne di mammiferi e fertilizzanti a base di farina di ossa nel cibo destinato agli animali produttivi, proibire poi l'inclusione di animali sopra i 30 mesi di età sia nella catena alimentare umana sia in quella animale e infine eliminare tutti gli animali con sintomi di BSE nonché quelli a rischio di sviluppare il morbo. I risultati sono stati positivi, con una significativa diminuzione di anno in anno, anche se la malattia non è stata completamente eradicata, come i recenti fatti di cronaca confermano.

Da cosa è provocato e come si trasmette?

Si ritiene che la causa della malattia vada ricercata nell'alimentazione dei bovini con farine ottenute dalle carcasse degli animali. Queste farine ingrassano rapidamente gli animali, ma di fatto impongono agli animali erbivori di trasformarsi in carnivori portandoli a rischio di 'pazzia'. Le ipotesi sono che l'infezione abbia avuto origine a partire dalle pecore affette da scrapie mentre una seconda ipotesi prevede che il morbo sia sempre stato presente fra i bovini, ma sia esploso solo a partire dal 1986 in concomitanza con variazioni nel procedimento di preparazione del nutrimento per i bovini a base di carne e fertilizzanti da farine di ossa animali. Il cambiamento nella preparazione riguarda il ricorso alla fase di estrazione con solvente, utilizzato per estrarre i grassi. Questo passaggio è stato infatti eliminato a seguito della crescita del prezzo del petrolio e quindi dei solventi a base di petrolio utilizzati per questa operazione. Ma l'agente infettivo è sensibile ai solventi. Non solo. È distrutto dalle alte temperature mentre il nuovo procedimento prevede temperature più basse e quindi non è più in grado di inattivare il prione. Una serie di aspetti quindi sono responsabili di questa epidemia anche se molto resta ancora da accertare. In termini generali si può colpevolizzare la tendenza diffusa tra gli allevatori a riciclare quanto più possibile gli scarti della produzione o a ridurre il dispendio di energia che ha portato alle modifiche nel procedimento di preparazione.
Per quel che riguarda la trasmissione della malattia, non è stata accertata nessuna modalità di trasmissione orizzontale, vale a dire che una mucca malata di BSE non può passare per contatto la malattia a un'altra mucca. Recentemente (1 agosto 1996) le autorità del Regno Unito hanno rese pubbliche i risultati preliminari di uno studio iniziato nel 1989, secondo il quale esisterebbe la possibilità di trasmissione verticale dell'infezione, da una vacca al suo vitello. Ancora peraltro resta da chiarire l'effettiva importanza di tale meccanismo di trasmissione nella diffusione della malattia. Le vie di trasmissione delle malattie da prioni sono perciò, oltre all'eredità, l'inoculazione diretta di materiale che contiene il prione modificato , sperimentata generalmente sulle cavie in laboratorio e la via alimentare. La prima è assolutamente accertata, la seconda è solo un'eventualità come in precedenza sottolineato. Ma veniamo ora alla possibile trasmissione del contagio a specie superiori quali l'uomo.

...e l'uomo impazzisce?

Il 20 marzo 1996 le Autorità del Regno Unito hanno rilasciato una dichiarazione secondo la quale, pur non avendo prove certe in merito, non si poteva escludere un legame tra la BSE e la malattia di Creutzfeld Jacob nell'uomo.
Anche per l'uomo infatti esistono malattie da prioni, analoghe a quelle della mucca pazza. La più conosciuta è il morbo di Creutzfeldt Jacob (CJ) , si tratta di una malattia neurologica incurabile e mortale che colpisce l'uomo. Appartiene alla famiglia delle encefalopatie spongiformi umane, che comprende anche il kuru (malattia presente in Nuova Guinea a causa dell'esistenza di pratiche di cannibalismo). È stata descritta la prima volta negli anni venti ed è presente in tutto il mondo, con una incidenza di circa un caso per milione di abitanti all'anno. La forma classica colpisce persone prevalentemente attorno ai 60 anni e le alterazioni del tessuto cerebrale causate da questa malattia portano alla demenza. Un 10-15 per cento dei casi ha origine ereditaria e un numero piccolo di casi è dovuto invece a interventi chirurgici come i trapianti, nel caso si ricorra a tessuti appartenenti a persone malate. La variante di questa malattia individuata di recente è nota come V-CJD ed è quella segnalata nel Regno Unito, con la dichiarazione suddetta delle autorità locali, dopo che tra il marzo '95 e il gennaio '96 si sono manifestati 10 casi piuttosto particolari rispetto alla Creutzfeld Jacob classica per due ragioni fondamentali: l'età dei soggetti colpiti, tutti tra i 19 e i 41 anni, ed un decorso della malattia relativamente lungo, 13 mesi. Da allora un caso è stato confermato in Francia e nel Regno Unito si sono riscontrati altri quattro casi sospetti. Dati aggiornati all'inizio di novembre di quest'anno sono stati riportati dalle unita di sorveglianza sulla V-CJD in Gran Bretagna: 75 casi di cui 7 probabili e gli altri 68 accertati. È necessario però sottolineare che mancando adeguati sistemi di sorveglianza in parecchi paesi, risulta difficile definire la distribuzione geografica precisa della V-CJD

I sintomi sull'uomo

I principali sintomi della malattia sono di tipo neurologico-psichiatrico con manifestazioni depressive e schizofreniche, si ha infatti la progressiva degenerazione del cervello, che assume un aspetto spugnoso per accumulo di sostanza amiloide che finisce per distruggere le cellule nervose. Sintomi sensoriali meno comuni riguardano l'appicicosità della pelle che peraltro si è manifestata in modo piuttosto sporadico agli inizi della malattia, nella metà circa dei soggetti colpiti. Qualsiasi diagnosi è difficile la malattia infatti è identificata quando ormai è troppo tardi in virtù della sua natura progressiva e degenerativa. Gli unici test diagnostici significativi sono la risonanza magnetica e l'analisi del liquido cerebrospinale, anche l'andamento dell'elettroencefalogramma è indicativo poiché irregolare, ma non riprende l'andamento caratteristico delle onde dei malati di Creutzfeld Jacob nella forma classica. Solo l'analisi anatomopatologica successiva alla morte permette di identificare aggregati microscopici e anormali circondati da buchi le cosiddette placche fiorite, tipiche del morbo.
Il contagio avviene, secondo la teoria largamente più condivisa, attraverso l'ingestione di carne infetta. Un recente studio sugli ovini ha dimostrato però che il morbo è trasmissibile anche con una trasfusione di sangue da un soggetto infetto. Sull'uomo una simile modalità di trasmissione non è mai stata provata, come neppure ogni altra forma di contagio da uomo a uomo, ma le ricerche in questa direzione continuano.
La principale raccomandazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità in merito alle misure atte ad evitare un eventuale contagio all'uomo è stata quella di evitare che tessuti ed organi che possano contenere l'agente infettante vengano immessi nella catena alimentare umana
I tessuti bovini potenzialmente infetti, che possono contenere il prione che trasmette l'infezione, sono cervello, occhi, midollo spinale, intestino tenue, tonsille, linfonodi. Se non si è in grado di accertare la provenienza del bovino bisogna pertanto evitare il consumo di tali parti. L'infezione non viene uccisa dal calore e il prodotto contaminato mantiene, anche se surgelato, la sua capacità infettiva. Al contrario i muscoli (bistecche e lombate), il midollo osseo (l'ossobuco) e il latte, anche se provenienti da bovini colpiti da Bse, non sono contaminati e quindi consumarli non costituisce un rischio di contrarre l'infezione.

La situazione italiana

In Italia fino ad ora non è stato accertato nessun caso di morte per la variante umana del morbo di Creutzfeldt Jakob. Le morti di cui hanno spesso parlato i mezzi di informazione si riferivano al ceppo principale della malattia che non ha nessun rapporto con l'infezione che si può contrarre dalla carne bovina infetta. Negli allevamenti italiani non sono mai stati segnalati casi di Bse. Nel 1994 sono stati diagnosticati due casi, ma in bovini importati dalla Gran Bretagna. A seguito della recente nuova esplosione di casi in capi di bestiame francesi, il Ministro della Sanità Umberto Veronesi, ha poi disposto un'ordinanza per il divieto di somministrazione agli erbivori di tutte le farine animali, principale fonte di contagio della BSE. L'ordinanza del Ministro introduce anche il divieto di impiegare per la nutrizione animale qualsiasi genere di alimento ottenuto da animali non idonei al consumo umano nonché da carcasse di animali. È stata infine presentata in Consiglio dei Ministri un dispositivo di legge contenente norme per sottoporre al testi di diagnosi rapida "anti-prione" tutti i bovini, bufalini e bisonti macellati di età superiore ai 24 mesi, per il potenziamento della sorveglianza sullo stato di salute degli animali vivi, e per il rafforzamento dei controlli nella movimentazione degli animali attraverso il sistema di identificazione dei capi. Infine un'ultima recente disposizione del Ministero ha vietato l'introduzione dalla Francia di animali vivi della specie bovina di età superiore ai 18 mesi, nonché l'obbligo di macellazione per quei bovini già presenti nel territorio italiano e provenienti dalla Francia e ancora l'introduzione di carne bovina con osso per almeno tre mesi. Queste mosse recenti del Ministero della Sanità, si spera sufficientemente previdenti, rivelano comunque, nonostante alcune conflittualità con la Comunità Europea, il desiderio di affrontare la questione in modo organico e preventivo, anche se si può sostenere con discreta sicurezza che lo scarso numero di casi sospetti in Italia può essere ricondotto all'assenza della malattia o ad una sua presenza sul territorio a livelli così bassi da non poter essere rilevata con un sistema passivo di sorveglianza. È necessario ricordare comunque che anche la Comunità Europea, dal 1988 ad oggi, ha emanato una serie di norme per tutelare la salute umana ed animale dall'infezione tra le quali:
  • la distruzione di tutti gli animali riscontrati malati
  • il divieto di utilizzare proteine derivate da tessuti di ruminanti nell'alimentazione dei ruminanti stessi
  • il blocco di tutte le esportazioni di bovini, carne bovina e prodotti derivati dal Regno Unito agli altri stati
  • la distruzione del Regno Unito, dove l'incidenza della malattia è elevata, delle frattaglie (cervello, midollo spinale, timo tonsille, milza, intestino) di tutti i bovini di più di sei mesi.
È notizia dell'ultima ora che i ministri dell'Agricoltura dell'Unione europea hanno raggiunto un accordo politico che introduce test e misure di controllo per disinnescare la nuova crisi del morbo della mucca pazza. L'accordo si fonda su tre punti: l'introduzione di test rapidi, i test anti prione, dal primo gennaio 2001 per tutti i bovini a rischio di età superiore ai trenta mesi; sulla base delle modalità di attuazione di questa prima misura, verrà presa una nuova decisione su un programma di test a tappeto a partire dal primo luglio 2001 per i bovini della stessa età che entrano nella catena alimentare; infine saranno esclusi dall'alimentazione degli animali di fattoria i resti di animali morti. Le proposte del Consiglio, volte a rassicurare i consumatori di fronte al diffondersi dell'encefalopatia spongiforme bovina, devono passare il vaglio del Comitato veterinario, che dovrà stabilire le modalità di attuazione

Le prospettive della ricerca

Per quel che riguarda le prospettive della ricerca, la priorità è di introdurre un test diagnostico tale da identificare il morbo in modo preventivo sia sugli uomini sia sui bovini, prospettiva che a dire dei ricercatori è imminente. Si potrebbe trattare di un test immunologico rivolto a identificare la inusuale forma ripiegata della PrP proteina responsabile della malattia. I ricercatori si stanno prodigando poi nella creazione di una molecola di sintesi che stabilizzi la proteina normale nell'organismo prima che si ripieghi in modo pericoloso, ed in questo senso la via più propizia sembra essere quella dell'ingegneria genetica. L'auspicato progresso in questa direzione potrebbe aprire spiragli importanti anche nella ricerca sul morbo di Alzheimer e sarebbe, inutile sottolinearlo, provvidenziale.

Marco Malagutti



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