Piccoli casi difficili

03 ottobre 2008
Aggiornamenti e focus

Piccoli casi difficili



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Se per definire una patologia si correda il nome dell'aggettivo difficile è intuitivo che la sua gestione non è certo lineare e priva di ostacoli. E infatti l'asma difficile viene definita tale proprio perché scarsamente controllabile con sintomi cronici, peggioramenti episodici e frequente bisogno di farmaci a rapida azione (beta-agonisti a breve durata d'azione). Nonostante l'uso di un dosaggio elevato di corticosteroidi, che nei bambini può diventare a sua volta problematico per gli effetti collaterali.

Fattori aggravanti


Le cause di tale difficoltà possono essere diverse, un aspetto che rende molto eterogeneo questa popolazione di pazienti pediatrici. La stessa diagnosi di asma potrebbe essere non corretta, ci possono essere fattori aggravanti tra cui anche altri disturbi, fattori psicosociali o scarsa aderenza alla terapia. Gli esperti, in particolare quelli dell'American Thoracic Society, convengono che in questi bambini va in primo luogo confermata la diagnosi di asma, poi valutati eventuali fattori confondenti o esacerbanti e infine ottimizzata, cioè adattata al singolo caso, la terapia standard. Nel decorso dell'asma difficile, un ruolo importante è stato riconosciuto ai fattori psicosociali, ma non è chiara la dinamica di causa-effetto. Eventi stressanti possono peggiorare i sintomi, ma l'asma stessa, in quanto patologia cronica può essere causa di compresenza di disturbi psicosociali. In alcuni casi, se si verificano attacchi di panico, la difficoltà a respirare può essere confusa con asma con un eccesso di segnalazioni di episodi asmatici, che si può tradurre in un eccesso farmacologico. Vanno, inoltre, identificate se non escluse, patologie che coesistono o simulano l'asma. Che a volte possono anche rappresentare fattori aggravanti. Nel caso del reflusso gastroesofageo per esempio non è ancora chiaro quale delle due peggiora o causa l'altra condizione. Si osservano dei miglioramenti nel curare l'asma ma non significativi, e ci sono ancora pochi dati per affermare che una terapia antireflusso possa migliorare l'asma nel bambino.

Diagnosi e follow-up


Restano quindi prioritari la diagnosi e il monitoraggio per verificare l'efficacia della terapia. La prima la si fa sulla base di una storia tipica di sibili episodici, mancanza di fiato, senso di costrizione al torace e tosse ma non sono sintomi caratteristici esclusivamente dell'asma e anche lo stesso quadro clinico può essere variabile. Per altro non c'è un unico test che conferma o esclude la diagnosi, e quelli che valutano le condizioni delle vie respiratorie sono soggetti a variabilità. La spirometria e il picco di flusso espiratorio, per esempio, sono una parte importante della valutazione ma nei bambini lo sforzo può essere molto diverso a livello individuale e quindi rendere difficile la definizione di un valore soglia. Con i marcatori di infiammazione si aggiungono informazioni, dal momento che l'asma è un disturbo infiammatorio caratterizzato dalla limitazione variabile del flusso di aria. Inoltre, permettono di stabilire i singoli quadri patologici ed eseguire il monitoraggio del paziente. Alcuni, tuttavia sono invasivi (broncoscopia con biopsia endobronchiale e lavaggio bronco-alveolare) anche se considerati lo standard per eccellenza. Altri, come l'esame citologico dell'espettorato o l'ossido nitrico esalato si eseguono con facilità e possibilità di ripetere la misurazione, per esempio a ogni visita per monitorare il controllo del disturbo e la risposta alla terapia. Studi sugli adulti hanno dimostrato l'efficacia dei metodi non invasivi per dosare gli steroidi, non ci sono dati pediatrici a supporto ma di certo sono metodi che offrono un'opportunità per questa popolazione di asmatici per offrirgli trattamenti il più possibile personalizzati.

Simona Zazzetta



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