11 marzo 2005
Aggiornamenti e focus
Più candidati che vincitori
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Duole dire che di cure causali per l'Alzheimer non si sente ancora parlare con l'auspicata sicurezza. E' vero che con una certa frequenza si ha notizia dell'impiego di questo quel farmaco, ma si tratta di cosa diversa. Per esempio, l'ultima polemica che ha visto opposti i ricercatori dell'Istitute of Psychology britannico e la casa Astra Zeneca. Questa verteva sull'impiego di un antipsicotico, la quetiapina, per trattare gli stati di agitazione e i veri e propri scatti di ira che caratterizzano questa demenza, non certo la possibilità di rallentare la progressione della malattia.Intenti diversi aveva invece una ricerca pubblicata a febbraio sugli Archives of General Psychiatry, e che aveva come oggetto la possibile capacità di una classe di farmaci arcifamosa, le statine, di prevenire o rallentare la malattia. Le statine sono nate come farmaci ipocolesterolemizzanti, capaci cioè di normalizzare i livelli di colesterolo nel sangue attraverso l'inibizione di un enzima indispensabile per la sintesi epatica di questa contestata sostanza. Magari ci si potrà chiedere che centra l'aterosclerosi con la demenza, ma il legame c'è. Intanto perché l'ipercolesterolemia e il danno arterioso hanno un'incidenza diretta sulla demenza vascolare (dovuta a infarti cerebrali più o meno estesi) e poi perché tra colesterolo e Alzheimer sono stati notati, in vitro e nelle cavie, legami diretti. Infatti il colesterolo è in grado di promuovere la produzione della proteina amiloide-Beta, che è il costituente delle placche che caratterizzano il tessuto cerebrale dei pazienti affetti da questa demenza.
Inoltre, alcune indagini osservazionali avevano mostrato una minore incidenza della malattia nei gruppi che erano stati trattati in precedenza con le statine, ma non con altri farmaci, come i fibrati per esempio, impiegati allo stesso scopo. Altri studi, non avevano invece mostrato un effetto diretto sulle capacità cognitive, sempre nei pazienti trattati con statine, ma erano comunque ricerche concepite per altri scopi (in genere la cura delle malattie cardiovascolari). Lo studio degli Archives, condotto nella Cache County (Stati Uniti), è invece di tipo prospettico e ha riguardato un gruppo di oltre 5000 ultrasessantacinquenni. Questi sono stati valutati una prima volta nel 1995; in questa occasione sono stati valutati tutti gli aspetti che possono avere una correlazione con la demenza: dalla scolarità al genotipo APOE (è provato che la presenza dell'allele epsilon4 correla con il rischio di Alzheimer). Dopo 3 anni è stato condotto un secondo esame dei sopravvissuti con modalità analoghe.
Ovviamente in entrambe le situazioni sono stati controllati anche tutti i farmaci che il singolo assumeva, da banco e da prescrizione medica, ivi comprese le statine e gli altri agenti anti-colesterolo. Alla fine si è valutato il rischio di sviluppare l'Alzheimer o altra demenza in funzione dell'assunzione di statine, però senza trovare conferma dell'effetto protettivo riportato da altri studi. Anche tenendo conto del periodo d'uso di questi farmaci (qualcuno li usava già al primo controllo, altri hanno cominciato dopo) il risultato cambiava di ben poco. In pratica, la conclusione era che effettivamente c'era un minor numero di dementi tra gli utenti delle statine, ma che questo poteva essere attribuito ad altri fattori (per esempio che chi usa farmaci preventivi di un certo costo come questi ha di norma un miglior accesso alle cure, uno stile di vita per forza di cose più sano eccetera). Non sembra questa, per ora, la strada da battere per cercare una soluzione vera.
Marco Malagutti
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Un dato osservato
Inoltre, alcune indagini osservazionali avevano mostrato una minore incidenza della malattia nei gruppi che erano stati trattati in precedenza con le statine, ma non con altri farmaci, come i fibrati per esempio, impiegati allo stesso scopo. Altri studi, non avevano invece mostrato un effetto diretto sulle capacità cognitive, sempre nei pazienti trattati con statine, ma erano comunque ricerche concepite per altri scopi (in genere la cura delle malattie cardiovascolari). Lo studio degli Archives, condotto nella Cache County (Stati Uniti), è invece di tipo prospettico e ha riguardato un gruppo di oltre 5000 ultrasessantacinquenni. Questi sono stati valutati una prima volta nel 1995; in questa occasione sono stati valutati tutti gli aspetti che possono avere una correlazione con la demenza: dalla scolarità al genotipo APOE (è provato che la presenza dell'allele epsilon4 correla con il rischio di Alzheimer). Dopo 3 anni è stato condotto un secondo esame dei sopravvissuti con modalità analoghe.
... ma non confermato
Ovviamente in entrambe le situazioni sono stati controllati anche tutti i farmaci che il singolo assumeva, da banco e da prescrizione medica, ivi comprese le statine e gli altri agenti anti-colesterolo. Alla fine si è valutato il rischio di sviluppare l'Alzheimer o altra demenza in funzione dell'assunzione di statine, però senza trovare conferma dell'effetto protettivo riportato da altri studi. Anche tenendo conto del periodo d'uso di questi farmaci (qualcuno li usava già al primo controllo, altri hanno cominciato dopo) il risultato cambiava di ben poco. In pratica, la conclusione era che effettivamente c'era un minor numero di dementi tra gli utenti delle statine, ma che questo poteva essere attribuito ad altri fattori (per esempio che chi usa farmaci preventivi di un certo costo come questi ha di norma un miglior accesso alle cure, uno stile di vita per forza di cose più sano eccetera). Non sembra questa, per ora, la strada da battere per cercare una soluzione vera.
Marco Malagutti
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