29 settembre 2003
Aggiornamenti e focus
I geni del morbo
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Il paziente alzheimeriano è un paziente complesso che può manifestare una gamma di sintomi che vanno dall'agitazione e aggressività alla depressione e psicosi. Tuttavia i sintomi neuropsichiatrici non si esprimono in modo continuo ma fanno la loro comparsa solo durante un lasso di tempo critico nell'arco dell'evoluzione della malattia. Come se qualcosa nel paziente si accendesse solo da un certo momento in poi. E' stata scoperta una componente genetica associata alla variabilità dei sintomi neuropsichiatrici, si tratta di un polimorfismo dei geni (cioè forme diverse dei geni) che codificano, per il trasportatore (5-HTTVNTR) e per il recettore (5-HT2A E 5-HT2C) della serotonina e per la regione del promotore del gene della serotonina (5-HTTPR).
All'Università della California i ricercatori del Dipartimento di Neurologia hanno voluto verificare delle ipotesi delineate sulla base di dati di letteratura. Era infatti possibile che i polimorfismi dei due geni che codificano per il recettore fossero associati con sintomi di agitazione e aggressività e psicosi, mentre gli altri due polimorfismi genetici con l'agitazione e l'aggressività oppure con ansia e depressione.
Per raggiungere l'obiettivo hanno coinvolto 96 pazienti con il morbo di Alzheimer e sui loro campioni di sangue è stata eseguita l'analisi genetica. La valutazione psicopatologica è stata condotta con il Neuropsychiatric Inventory (NPI), un metodo che raccoglie le informazioni relative al paziente mediante le risposte date dai parenti più prossimi o che se ne prendono cura.
La conferma delle ipotesi è stata solo parziale in quanto solo nel caso del gene 5-HT2A è stato possibile associare in modo significativo un genotipo, il 102T a sintomi di ossessione, agitazione e aggressività. Negli altri casi non è stata osservata una coerenza tra gli aspetti genetici e sintomatici della malattia. Tuttavia, i ricercatori sostengono che l'assenza delle altre possibili associazioni nel loro studio potrebbe essere dovuta alle piccole dimensioni del campione ma ipotizzano la poca forza del polimorfismo in termini di effetti sulla sintomatologia. Ma non escludono che, per avere risultati coerenti con la letteratura, il controllo dovrebbe essere condotto ripetutamente durante il decorso della malattia, proprio per la comparsa in tempi diversi dei vari sintomi, che caratterizza la malattia di Alzheimer.
Simona Zazzetta
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Sintomi e geni
All'Università della California i ricercatori del Dipartimento di Neurologia hanno voluto verificare delle ipotesi delineate sulla base di dati di letteratura. Era infatti possibile che i polimorfismi dei due geni che codificano per il recettore fossero associati con sintomi di agitazione e aggressività e psicosi, mentre gli altri due polimorfismi genetici con l'agitazione e l'aggressività oppure con ansia e depressione.
Per raggiungere l'obiettivo hanno coinvolto 96 pazienti con il morbo di Alzheimer e sui loro campioni di sangue è stata eseguita l'analisi genetica. La valutazione psicopatologica è stata condotta con il Neuropsychiatric Inventory (NPI), un metodo che raccoglie le informazioni relative al paziente mediante le risposte date dai parenti più prossimi o che se ne prendono cura.
Poche conferme
La conferma delle ipotesi è stata solo parziale in quanto solo nel caso del gene 5-HT2A è stato possibile associare in modo significativo un genotipo, il 102T a sintomi di ossessione, agitazione e aggressività. Negli altri casi non è stata osservata una coerenza tra gli aspetti genetici e sintomatici della malattia. Tuttavia, i ricercatori sostengono che l'assenza delle altre possibili associazioni nel loro studio potrebbe essere dovuta alle piccole dimensioni del campione ma ipotizzano la poca forza del polimorfismo in termini di effetti sulla sintomatologia. Ma non escludono che, per avere risultati coerenti con la letteratura, il controllo dovrebbe essere condotto ripetutamente durante il decorso della malattia, proprio per la comparsa in tempi diversi dei vari sintomi, che caratterizza la malattia di Alzheimer.
Simona Zazzetta
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