07 luglio 2004
Aggiornamenti e focus
La prudenza che salva il cerebro
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Esiste uno schema di alimentazione, battezzato "prudente", che può ridurre di gran lunga l'incidenza dell'ictus, cioè dell'infarto cerebrale, nelle donne. Non è niente di particolarmente nuovo, sia chiaro: pesce, frutta, verdura, carboidrati complessi e, in generale, pochi grassi animali. Tuttavia, gli effetti a lungo termine di questo stile alimentare si ampliano oggi, oltre che alla protezione di cuore e coronarie, anche a quella della circolazione cerebrale.
I dati vengono da uno dei più grandi studi prospettici condotti sulla popolazione femminile: il Nurses Health Study, forte di un campione di più di 120000 donne. A questo campione è stato inviato nel 1976 un questionario che indagava la frequenza con cui oltre 116 alimenti entravano nelle abitudini delle persone. Su questa base sono state selezionate oltre 75000 donne che presentavano in misura più o meno spiccata lo stile alimentare prudente oppure lo stile cosiddetto occidentale, ricco di carni rosse, carboidrati raffinati, dolci eccetera. Accanto alle scelte per pranzo e cena venivano valutati anche l'indice di massa corporea, il consumo di alcol, il grado di attività fisica e i consueti parametri fisiologici come colesterolemia, pressione arteriosa eccetera. Anche all'interno delle due "tribù" sono però state stabilite delle differenze, in quanto gli schemi dietetici potevano essere adottati in modo più o meno stretto. Altri dati importanti sono l'età all'arruolamento, compresa tra 38 e 63 anni, e l'indice di massa corporea, la cui media era pari a 25 in entrambi i gruppi. Per quanto riguarda fumatrici e ipertese, la loro quota era simile.
Individuato il campione, questo è stato valutato ogni quattro anni per 14 anni. In questo periodo si sono verificati 791 ictus, 476 ischemici, cioè con ostruzione semplice dei vasi cerebrali interessati, 189 emorragici, cioè con versamento di sangue a causa della rottura del vaso interessato, mentre per i restanti non si aveva documentazione sufficiente.
Il rapporto con la dieta è stato stabilito facilmente: nelle donne che avevano un stile alimentare prudente molto rigoroso, il rischio di ictus ischemico si riduceva del 32% rispetto a quelle che lo interpretavano in modo più libero, mentre il rischio di ictus in genere scendeva del 30%. Al contrario, nelle donne con una dieta occidentale "spinta" il rischio complessivo di ictus aumentava del 58% e del 56% quello della forma ischemica.
E con le aggravanti...
Ci sono poi alcune situazioni particolari in cui il pericolo che si corre aumenta ulteriormente: per esempio, chi fa una dieta occidentale e in più fuma, vede quadruplicarsi la probabilità di ictus ischemico; mentre l'obesità porta al raddoppio.
Come sempre in questi studi, non è possibile indicare un solo colpevole tra quanto arriva nel piatto, tanto è vero che gli autori escludono che l'effetto possa essere dovuto soltanto alla frequenza delle carni rosse: anzi, sottolineano come più spesso la dieta occidentale porti con sé altri comportamenti come l'uso di alcol e la sedentarietà che senz'altro contribuiscono al quadro complessivo. Visto che si tratta di una popolazione piuttosto selezionata, gli autori dello studio tendono a escludere generalizzazioni spinte, ma fatta salva la doverosa cautela statistica, la dieta prudente conviene.
Maurizio Imperiali
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Stile alimentare e di vita
I dati vengono da uno dei più grandi studi prospettici condotti sulla popolazione femminile: il Nurses Health Study, forte di un campione di più di 120000 donne. A questo campione è stato inviato nel 1976 un questionario che indagava la frequenza con cui oltre 116 alimenti entravano nelle abitudini delle persone. Su questa base sono state selezionate oltre 75000 donne che presentavano in misura più o meno spiccata lo stile alimentare prudente oppure lo stile cosiddetto occidentale, ricco di carni rosse, carboidrati raffinati, dolci eccetera. Accanto alle scelte per pranzo e cena venivano valutati anche l'indice di massa corporea, il consumo di alcol, il grado di attività fisica e i consueti parametri fisiologici come colesterolemia, pressione arteriosa eccetera. Anche all'interno delle due "tribù" sono però state stabilite delle differenze, in quanto gli schemi dietetici potevano essere adottati in modo più o meno stretto. Altri dati importanti sono l'età all'arruolamento, compresa tra 38 e 63 anni, e l'indice di massa corporea, la cui media era pari a 25 in entrambi i gruppi. Per quanto riguarda fumatrici e ipertese, la loro quota era simile.
14 anni di osservazione
Individuato il campione, questo è stato valutato ogni quattro anni per 14 anni. In questo periodo si sono verificati 791 ictus, 476 ischemici, cioè con ostruzione semplice dei vasi cerebrali interessati, 189 emorragici, cioè con versamento di sangue a causa della rottura del vaso interessato, mentre per i restanti non si aveva documentazione sufficiente.
Il rapporto con la dieta è stato stabilito facilmente: nelle donne che avevano un stile alimentare prudente molto rigoroso, il rischio di ictus ischemico si riduceva del 32% rispetto a quelle che lo interpretavano in modo più libero, mentre il rischio di ictus in genere scendeva del 30%. Al contrario, nelle donne con una dieta occidentale "spinta" il rischio complessivo di ictus aumentava del 58% e del 56% quello della forma ischemica.
E con le aggravanti...
Ci sono poi alcune situazioni particolari in cui il pericolo che si corre aumenta ulteriormente: per esempio, chi fa una dieta occidentale e in più fuma, vede quadruplicarsi la probabilità di ictus ischemico; mentre l'obesità porta al raddoppio.
Come sempre in questi studi, non è possibile indicare un solo colpevole tra quanto arriva nel piatto, tanto è vero che gli autori escludono che l'effetto possa essere dovuto soltanto alla frequenza delle carni rosse: anzi, sottolineano come più spesso la dieta occidentale porti con sé altri comportamenti come l'uso di alcol e la sedentarietà che senz'altro contribuiscono al quadro complessivo. Visto che si tratta di una popolazione piuttosto selezionata, gli autori dello studio tendono a escludere generalizzazioni spinte, ma fatta salva la doverosa cautela statistica, la dieta prudente conviene.
Maurizio Imperiali
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