Notturne assistenze

16 marzo 2007
Aggiornamenti e focus

Notturne assistenze



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In genere non è un problema particolarmente affrontato, ma a soffrire di insonnia sono spesso e volentieri anche i caregiver, cioè coloro che si occupano dell’assistenza ai malati. Un numero monografico degli Archives of Internal Medicine sui problemi del sonno si è soffermato anche su questo aspetto, in particolare per quel che riguarda l’assistenza a bambini malati. Con risultati significativi. Il sonno dei “badanti” conclude, infatti, lo studio, si interrompe spesso e volentieri, con inevitabile privazione del sonno. Il tutto, naturalmente, in funzione del tipo di cura richiesta per i piccoli. Un problema da affrontare.

Caregiver depressi


L’assistenza familiare, premettono i ricercatori, è del resto diventata centrale nei sistemi sanitari, con oltre 25 milioni di “informal caregiver”, cioè assistenti non professionali, che rappresentano l’80% di tutti i servizi a lungo termine dedicati ai membri della famiglia nell’arco di una vita. Un tipo di supporto che ha un grande valore economico, stimato attorno ai 257 miliardi di dollari, ma che mette a rischio la salute e il benessere dei caregiver. Depressione e altre patologie psichiatriche, per esempio, sono comunemente riportate da oltre il 35% dei parenti, a confronto con una prevalenza in condizioni normali del 21%. Non mancano, perciò, gli studi che evidenziano come l’assistenza possa avere un impatto negativo sia sulla salute fisica sia sull’aspettativa di vita. Il problema in relazione all’insonnia è che spesso l’aiuto si protrae nel cuore della notte, con inevitabile privazione e cattiva qualità del sonno. E non a caso, dicono gli Archives, è segnalato da una percentuale oscillante tra il 60 e il 95% degli assistenti. La letteratura ad oggi si è occupata in prevalenza, e come premesso in misura minima, del problema riferito all’assistenza agli adulti. Eppure quasi il 20% dei piccoli in età scolastica hanno una condizione cronica, che equivale a 12 milioni di under 18 con una malattia cronica. E un bambino con una patologia cronica richiede un impegno che va ben oltre quello di allevare bambini sani. Chi se ne può occupare se non i genitori?

Assistenza ai bambini


Gli studi fino ad ora disponibili, hanno associato il poco sonno e la sua cattiva qualità a problemi in prevalenza depressivi per chi assiste adulti in particolare con cancro o demenza. E nell’assistenza ai più piccoli? I genitori di bambini con epilessia e diabete hanno denunciato problemi di insonnia successivi alla diagnosi e risvegli continui nel cuore della notte, ancora di più se il bambino dorme nella stessa stanza. Ci sono poi genitori di bambini con supporto respiratorio continuo, il 60% dei quali si sveglia con frequenza per falsi allarmi ma anche per le lamentele del bambino. E ancora i genitori di bambini con l’asma riportano assenze frequenti sul lavoro per “colpa” delle cure dedicate ai bambini. Ma la questione ad oggi rimasta aperta è se queste continue interruzioni del sonno possano incidere e quanto sulla resa quotidiana degli adulti e sugli outcome negativi così frequentemente riscontrati nei genitori di bambini con malattie croniche. Lo studio degli Archives, condotto su 118 madri di bambini sottoposti a ventilazione meccanica, affetti da fibrosi cistica o sani, compensa questa lacuna. Dalle interviste telefoniche è, infatti, emerso come i genitori che assistono bambini con supporto respiratorio si svegliano più presto al mattino e dormono complessivamente peggio degli altri considerati. Le interruzioni del sonno sono dovute a necessità assistenziali ma anche, e vale anche per i piccoli con fibrosi cistica, ad ansie legate alla salute del figlio. Infine il cattivo sonno permette di associare la salute del bambino alla depressione e alla stanchezza cronica del parente che assiste. Ottime ragioni,anche in virtù dell’aumentato peso sociale di questo tipo di assistenza, per intervenire e supportare chi assiste i malati cronici a casa.

Marco Malagutti



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