23 giugno 2006
Aggiornamenti e focus
Tutta colpa dell'occhio umano
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Il calcio, si sa, è caratterizzato da regole e un arbitro e due guardalinee si occupano di farle rispettare. Ma quando le regole non sono applicate correttamente il risultato potrebbe essere falsato e in molti casi Biscardi e soci si accaniscono sui poveri arbitri rei delle colpe più innominabili. Ora uno studio spagnolo mette in discussione la capacità dell'occhio umano e quindi della terna arbitrale di valutare con assoluta certezza il fuorigioco di un giocatore. Una delle regole più discusse, al punto che nel nostro paese, dove come è noto il calcio è religione, il dibattito sulla moviola in campo ha preso il sopravvento su molte altre questioni. Ma perché l'arbitro sarebbe da scagionare?
Una premessa per i non addetti ai lavori. Il fuorigioco, introdotto nel 1866 e definito nella forma attuale nel 1925, è la regola in base alla quale tra il giocatore più avanzato della squadra che attacca e la porta ci devono essere almeno due giocatori della squadra che difende, purché l'attaccante sia attivamente coinvolto nell'azione di gioco. Per individuare la posizione di fuorigioco - dicono i ricercatori - l'occhio dell'arbitro e del suo assistente deve essere capace di seguire contemporaneamente cinque soggetti in movimento e determinare le posizioni che ciascuno assume in relazione agli altri. Quali? Gli ultimi due difensori, chi effettua il passaggio e chi lo riceve, oltre, naturalmente, alla palla. Quindi l'arbitro deve spostare lo sguardo da un oggetto all'altro e mettere a fuoco in rapida successione diversi bersagli. Nelle condizioni ideali sono necessari 160 millisecondi per elaborare le informazioni visive relative alla posizione di tre giocatori coinvolti in un'azione sospetta. Ma la partita non è la situazione ideale visto che i giocatori sono in movimento e non nella stessa direzione. In più l'arbitro è stanco e i suoi tempi di reazione rallentati. Così basta un minimo calo d'attenzione per commettere errori. Azzeccare un fuorigioco diventa in questo modo un'impresa quasi sovraumana che rischia di non essere compatibile con la normale funzionalità dell'occhio umano, per di più i cinque oggetti in movimento si trovano in un'area di almeno 3200 metri quadrati. Dunque - concludono i ricercatori - sarebbe ideale fare ricorso a moderne tecnologie durante le partite, per limitare gli errori. In alternativa, come commentato saggiamente da un ex fischietto inglese, interpellato dalla Bbc, occorrerebbe rassegnarsi al fatto che gli errori sono parte del gioco. Un centravanti può sbagliare un gol, un portiere mancare una presa e l'arbitro prendere una decisione errata. Già ma chi lo dice a Biscardi?
Marco Malagutti
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I limiti dell'arbitro
Una premessa per i non addetti ai lavori. Il fuorigioco, introdotto nel 1866 e definito nella forma attuale nel 1925, è la regola in base alla quale tra il giocatore più avanzato della squadra che attacca e la porta ci devono essere almeno due giocatori della squadra che difende, purché l'attaccante sia attivamente coinvolto nell'azione di gioco. Per individuare la posizione di fuorigioco - dicono i ricercatori - l'occhio dell'arbitro e del suo assistente deve essere capace di seguire contemporaneamente cinque soggetti in movimento e determinare le posizioni che ciascuno assume in relazione agli altri. Quali? Gli ultimi due difensori, chi effettua il passaggio e chi lo riceve, oltre, naturalmente, alla palla. Quindi l'arbitro deve spostare lo sguardo da un oggetto all'altro e mettere a fuoco in rapida successione diversi bersagli. Nelle condizioni ideali sono necessari 160 millisecondi per elaborare le informazioni visive relative alla posizione di tre giocatori coinvolti in un'azione sospetta. Ma la partita non è la situazione ideale visto che i giocatori sono in movimento e non nella stessa direzione. In più l'arbitro è stanco e i suoi tempi di reazione rallentati. Così basta un minimo calo d'attenzione per commettere errori. Azzeccare un fuorigioco diventa in questo modo un'impresa quasi sovraumana che rischia di non essere compatibile con la normale funzionalità dell'occhio umano, per di più i cinque oggetti in movimento si trovano in un'area di almeno 3200 metri quadrati. Dunque - concludono i ricercatori - sarebbe ideale fare ricorso a moderne tecnologie durante le partite, per limitare gli errori. In alternativa, come commentato saggiamente da un ex fischietto inglese, interpellato dalla Bbc, occorrerebbe rassegnarsi al fatto che gli errori sono parte del gioco. Un centravanti può sbagliare un gol, un portiere mancare una presa e l'arbitro prendere una decisione errata. Già ma chi lo dice a Biscardi?
Marco Malagutti
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