14 luglio 2006
Aggiornamenti e focus
La cheratosi italica non allarma
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La cheratosi attinica è una lesione cutanea, dovuta all'azione dei raggi solari, che si associa a un aumentato rischio di tumori della pelle e, più recentemente, è stata considerata la primissima fase o il precursore del carcinoma a cellule squamose invasivo. Più frequente dopo i 45 anni, e nelle persone con fototipo nordico (pelle e capelli chiari), si manifesta con la formazione di aree dai bordi scarsamente definiti, rugose e secche al tatto e di colore che varia dal grigio al bruno-rossiccio. Quanti ne soffrono? Bella domanda, perché i dati disponibili sono molto frammentari e l'unica indagine corposa è statunitense (lo studio NAHNES-1). Quell'indagine aveva concluso per una prevalenza del 65 per mille nella fascia dai 65 ai 74 anni e del 15,9 per mille da 45 a 54 anni. Insomma, dall'1,6 al 6,5%. E in Italia? Fino a ieri, non si sapeva molto. Ora, invece, si può contare sui dati di uno studio su un campione di oltre 12000 persone, rappresentative dei 28 milioni di italiani che hanno superato i 45 anni. L'indagine è stata condotta intervistando direttamente le persone, e le interviste sono state condotte da 180 ricercatori addestrati anche a riconoscere la cheratosi attinica (e valutati sulle loro capacità prima di inviarli sul campo).
Parecchi i dati raccolti. Intanto, il 34% ha riferito di essersi sottoposto a una valutazione dermatologica, e lo 0,3% ha riportato una precedente diagnosi di cheratosi attinica. Le cure ricevute da costoro erano prevalentemente farmacologiche (39%) mentre i trattamenti chirurgici hanno interessato l'11% soltanto; il 25%, però, non ha ricevuto alcun trattamento: il dermatologo ha preferito osservare l'evoluzione. Secondo l'esame diretto dei ricercatori, invece, le persone che soffrivano di questo disturbo al momento dell'intervista (la cosiddetta prevalenza puntuale) erano l'1,4%, e il 42% di loro non era consapevole della malattia. La cheratosi attinica, come da manuale, era più frequente negli uomini che nelle donne, e aumentava con l'età, infatti, scorporando il dato, la prevalenza era dello 0,6% tra 45 e 54 anni e del 3% dopo i 74, sempre come indica la letteratura, le lesioni si associavano a una maggiore rugosità della cute. Non stupisca: se la causa è l'effetto dell'esposizione al sole, questa provoca innanzitutto la formazione delle rughe. Confermato anche l'effetto ambientale: più casi nelle regioni a forte insolazione annuale che in quelle dell'uggioso Nord: più casi in Sicilia che in Lombardia, dunque.
Nel complesso, comunque, la cheratosi attinica, in base a questo studio, è meno diffusa in Italia che negli altri paesi in cui sono stati condotte indagini al riguardo. Rispetto agli Stati Uniti, la prevalenza è un terzo. Ma questo si spiega con il fatto che in Italia prevale il fototipo mediterraneo (pelle più scura) e che a queste latitudini l'insolazione è comunque meno forte. Non suscita nemmeno apprensione quel 25% di casi non curati. Nella cheratosi attinica, infatti, la regressione spontanea è abbastanza frequente. E' quindi corretta anche l'abitudine dei dermatologi italiani a ricorrere in prima battuta ai trattamenti meno invasivi, a base di farmaci per uso locale o sistemico. Inutile usare il bisturi, o la dermoabrasione, quando magari basta attendere. Non ci sono state, invece, conferme sull'efficacia dei filtri solari ma, avvertono gli autori della ricerca, il numero di persone che ne faceva uso era troppo esiguo per trarne delle conseguenze. Nel dubbio, come dice un famoso giornalista sportivo: prudenza, sempre.
Gianluca Casponi
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Visite dermatologiche e scelte terapeutiche
Parecchi i dati raccolti. Intanto, il 34% ha riferito di essersi sottoposto a una valutazione dermatologica, e lo 0,3% ha riportato una precedente diagnosi di cheratosi attinica. Le cure ricevute da costoro erano prevalentemente farmacologiche (39%) mentre i trattamenti chirurgici hanno interessato l'11% soltanto; il 25%, però, non ha ricevuto alcun trattamento: il dermatologo ha preferito osservare l'evoluzione. Secondo l'esame diretto dei ricercatori, invece, le persone che soffrivano di questo disturbo al momento dell'intervista (la cosiddetta prevalenza puntuale) erano l'1,4%, e il 42% di loro non era consapevole della malattia. La cheratosi attinica, come da manuale, era più frequente negli uomini che nelle donne, e aumentava con l'età, infatti, scorporando il dato, la prevalenza era dello 0,6% tra 45 e 54 anni e del 3% dopo i 74, sempre come indica la letteratura, le lesioni si associavano a una maggiore rugosità della cute. Non stupisca: se la causa è l'effetto dell'esposizione al sole, questa provoca innanzitutto la formazione delle rughe. Confermato anche l'effetto ambientale: più casi nelle regioni a forte insolazione annuale che in quelle dell'uggioso Nord: più casi in Sicilia che in Lombardia, dunque.
Un dato abbastanza basso
Nel complesso, comunque, la cheratosi attinica, in base a questo studio, è meno diffusa in Italia che negli altri paesi in cui sono stati condotte indagini al riguardo. Rispetto agli Stati Uniti, la prevalenza è un terzo. Ma questo si spiega con il fatto che in Italia prevale il fototipo mediterraneo (pelle più scura) e che a queste latitudini l'insolazione è comunque meno forte. Non suscita nemmeno apprensione quel 25% di casi non curati. Nella cheratosi attinica, infatti, la regressione spontanea è abbastanza frequente. E' quindi corretta anche l'abitudine dei dermatologi italiani a ricorrere in prima battuta ai trattamenti meno invasivi, a base di farmaci per uso locale o sistemico. Inutile usare il bisturi, o la dermoabrasione, quando magari basta attendere. Non ci sono state, invece, conferme sull'efficacia dei filtri solari ma, avvertono gli autori della ricerca, il numero di persone che ne faceva uso era troppo esiguo per trarne delle conseguenze. Nel dubbio, come dice un famoso giornalista sportivo: prudenza, sempre.
Gianluca Casponi
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