24 febbraio 2007
Aggiornamenti e focus
Ardua scelta del curante?
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Scoprire di avere un tumore, anche curabile come quello della mammella, cambia innegabilmente la vita. E tra i molti interrogativi che sorgono c'è anche dove farsi curare e da chi. In passato, ma in parte anche ora, era forte il movimento migratorio verso l'estero. Spesso per gli italiani era la Francia e spesso il Paul Brousse di Parigi. Poi, intervistando i chirurghi di quell'ospedale la risposta era colma di sorpresa: "Non capiamo perché i pazienti vengano qui, facciamo le stesse cose che si fanno in Italia".
Il punto è che per la cura dei principali tumori esistono delle linee guida, che teoricamente vengono applicate ovunque, a meno di rivolgersi a chi ha "la sua cura"...
Ma quanto sono osservate queste linee guida? Se lo è chiesto un gruppo di ricerca americano, che ha valutato l'aderenza ai protocolli per il trattamento del tumore al seno di una coorte di circa 1045 chirurghi che sono intervenuti su 9449 donne affette da carcinoma mammario di età dai 65 anni in su. Queste è la fascia d'età, del resto, in cui si concentra il 50% dei casi.
Scopo dello studio non era soltanto verificare l'aderenza del chirurgo a quanto prescrivono le linee guida, ma valutare se c'erano delle caratteristiche del chirurgo che lasciano presagire un maggiore o minore rispetto dei protocolli ufficiali. Le linee guida in questione erano quelle pubblicate nel 1990 dai National Institutes of Health e prevedono, in caso di intervento conservativo (quadrantectomia), la dissezione dei linfonodi ascellari e la radioterapia o, in caso di mastectomia radicale, la dissezione dei linfonodi ascellari. Se il chirurgo ometteva la dissezione dei linfonodi o la radioterapia, si giudicava che non avesse seguito le linee guida. Si tenga presente che la raccolta dei casi si è conclusa nel 1996 e che all'epoca alcune tecniche oggi invalse, come limitarsi all'esame del linfonodo sentinella, non erano comprese nelle linee guida.
Dal lato del chirurgo, l'analisi è stata condotta considerando l'età e il sesso, il numero di interventi eseguiti nell'ambito di Medicare (che assiste le pazienti anziane come quelle coinvolte nella ricerca), il fatto che avesse una specializzazione, che avesse o meno un ruolo universitario. Comunque, nel complesso, tre quarti delle pazienti hanno ricevuto cure perfettamente rispondenti alle linee guida. Però si osservava una radicale differenza in base al tipo di intervento eseguito: in caso di intervento conservativo, il protocollo è stato seguito soltanto nel 55% dei casi, in caso di mastectomia radicale, invece, l'osservanza era pari 92% circa. Il fatto è che in caso di quadrantectomia, spesso si evitava di ricorrere alla dissezione dei linfonodi ascellari, e questo comportamento era più frequente quando il chirurgo era una donna, opporre quando si trattava di un universitario. L'età del chirurgo, invece, non aveva alcun rapporto con la scelta di seguire o meno le indicazioni, mentre era più significativo il numero di interventi eseguiti ogni anno: maggiore era la frequenza con cui il chirurgo si dedicava a questi interventi, maggiore era la possibilità che seguisse le linee guida alla lettera.
Ovviamente, non rispettare le linee guida non significa necessariamente curare male. Per esempio, visto che si trattava di tumori iniziali (stadio 1 e 2) è probabile che molti chirurghi,magari quelli affiliati a istituzioni universitarie, si limitassero già a eseguire l'esame del linfonodo sentinella. Oppure che, avendo previsto comunque di procedere a una terapia adiuvante, ormonale o chemioterapia con citotossici, abbiano ritenuto superfluo questo passaggio. Insomma lo studio conclude che su questa base è difficile indicare al paziente quali caratteristiche cercare nel chirurgo cui affidarsi. Fatta eccezione, forse, per l'esperienza, cioè il numero di interventi eseguiti. Ma anche qui, attenzione: mentre per interventi tecnicamente difficili il vantaggio del chirurgo esperto è dovuto alla maestria nell'esecuzione, nel caso di un intervento relativamente semplice come questi, il vantaggio è mediato da altri fattori, come il fatto che ci sia un'organizzazione adeguata, una routine ben stabilita e altro ancora. Ma si può trarre anche una conclusione positiva da questo studio: quando esistono linee guida, la qualità media della cura, e con essa i risultati, tende a migliorare quasi ovunque. A vantaggio di tutti.
Maurizio Imperiali
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Il punto è che per la cura dei principali tumori esistono delle linee guida, che teoricamente vengono applicate ovunque, a meno di rivolgersi a chi ha "la sua cura"...
Ma quanto sono osservate queste linee guida? Se lo è chiesto un gruppo di ricerca americano, che ha valutato l'aderenza ai protocolli per il trattamento del tumore al seno di una coorte di circa 1045 chirurghi che sono intervenuti su 9449 donne affette da carcinoma mammario di età dai 65 anni in su. Queste è la fascia d'età, del resto, in cui si concentra il 50% dei casi.
Scopo dello studio non era soltanto verificare l'aderenza del chirurgo a quanto prescrivono le linee guida, ma valutare se c'erano delle caratteristiche del chirurgo che lasciano presagire un maggiore o minore rispetto dei protocolli ufficiali. Le linee guida in questione erano quelle pubblicate nel 1990 dai National Institutes of Health e prevedono, in caso di intervento conservativo (quadrantectomia), la dissezione dei linfonodi ascellari e la radioterapia o, in caso di mastectomia radicale, la dissezione dei linfonodi ascellari. Se il chirurgo ometteva la dissezione dei linfonodi o la radioterapia, si giudicava che non avesse seguito le linee guida. Si tenga presente che la raccolta dei casi si è conclusa nel 1996 e che all'epoca alcune tecniche oggi invalse, come limitarsi all'esame del linfonodo sentinella, non erano comprese nelle linee guida.
Chirurghi giovani o anziani?
Dal lato del chirurgo, l'analisi è stata condotta considerando l'età e il sesso, il numero di interventi eseguiti nell'ambito di Medicare (che assiste le pazienti anziane come quelle coinvolte nella ricerca), il fatto che avesse una specializzazione, che avesse o meno un ruolo universitario. Comunque, nel complesso, tre quarti delle pazienti hanno ricevuto cure perfettamente rispondenti alle linee guida. Però si osservava una radicale differenza in base al tipo di intervento eseguito: in caso di intervento conservativo, il protocollo è stato seguito soltanto nel 55% dei casi, in caso di mastectomia radicale, invece, l'osservanza era pari 92% circa. Il fatto è che in caso di quadrantectomia, spesso si evitava di ricorrere alla dissezione dei linfonodi ascellari, e questo comportamento era più frequente quando il chirurgo era una donna, opporre quando si trattava di un universitario. L'età del chirurgo, invece, non aveva alcun rapporto con la scelta di seguire o meno le indicazioni, mentre era più significativo il numero di interventi eseguiti ogni anno: maggiore era la frequenza con cui il chirurgo si dedicava a questi interventi, maggiore era la possibilità che seguisse le linee guida alla lettera.
Disobbedienze da interpretare
Ovviamente, non rispettare le linee guida non significa necessariamente curare male. Per esempio, visto che si trattava di tumori iniziali (stadio 1 e 2) è probabile che molti chirurghi,magari quelli affiliati a istituzioni universitarie, si limitassero già a eseguire l'esame del linfonodo sentinella. Oppure che, avendo previsto comunque di procedere a una terapia adiuvante, ormonale o chemioterapia con citotossici, abbiano ritenuto superfluo questo passaggio. Insomma lo studio conclude che su questa base è difficile indicare al paziente quali caratteristiche cercare nel chirurgo cui affidarsi. Fatta eccezione, forse, per l'esperienza, cioè il numero di interventi eseguiti. Ma anche qui, attenzione: mentre per interventi tecnicamente difficili il vantaggio del chirurgo esperto è dovuto alla maestria nell'esecuzione, nel caso di un intervento relativamente semplice come questi, il vantaggio è mediato da altri fattori, come il fatto che ci sia un'organizzazione adeguata, una routine ben stabilita e altro ancora. Ma si può trarre anche una conclusione positiva da questo studio: quando esistono linee guida, la qualità media della cura, e con essa i risultati, tende a migliorare quasi ovunque. A vantaggio di tutti.
Maurizio Imperiali
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