01 dicembre 2004
Aggiornamenti e focus
Riabilitazione a motore
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Il termine inglese è continuous passive motion (CPM) e in italiano può essere tradotto con mobilizzazione continua passiva. Si tratta di dispositivi motorizzati studiati per far compiere alle articolazioni i normali movimenti, senza però che il paziente debba usare i propri muscoli. La mobilizzazione passiva dovrebbe garantire un più rapido ritorno alla funzionalità delle articolazioni e prevenire la rigidità. In caso di interventi chirurgici, anche prevenire la formazione di tessuti cicatriziali che, a loro volta, potrebbero in seguito limitare il movimento. La mobilizzazione passiva, peraltro, rientra tra le pratiche tipiche della terapia fisica, la differenza del sistema CPM, quindi, consiste nel ricorso a un sistema automatico che il paziente, volendo, può comandare da sé senza necessità di essere assistito dal fisioterapista.
Per quanto si sia imposta abbastanza rapidamente, ancora non si avevano prove che la CPM fosse davvero efficace e, soprattutto, migliorasse i risultati rispetto alla riabilitazione tradizionale. La lacuna può oggi essere colmata almeno in parte da una metanalisi condotta da ricercatori canadesi. Qui sono stata esaminati i risultati di tutti gli studi, sono in totale 14, in cui la CPM è stata usata per il recupero dopo intervento di applicazione di protesi completa del ginocchio. Si tratta di uno degli interventi più radicali, ma anche più diffusi, eseguiti a seguito di artrosi o artrite grave del ginocchio. Ai 14 studi avevano partecipato in totale 952 pazienti che, dopo l'atroplastica, erano stati sottoposti alla riabilitazione, con o senza ricorso alla CPM. I risultati erano valutati sia in termini di lunghezza del ricovero sia in termini di capacità di flettere autonomamente la gamba trattata. Il risultato sembra positivo: dopo due settimane dall'intervento, effettivamente, chi era stato trattato anche con la CPM riusciva a flettere da solo la gamba significativamente meglio dei pazienti seguiti con le procedure consuete. Inoltre, la capacità di piegare a 90° il ginocchio veniva raggiunta in media 4,7 giorni prima. Meno evidente il vantaggio in termini di degenza: con la mobilizzazione continua passiva si guadagnavano, sempre in media, 0,69 giorni. Altri vantaggi segnalati sono la riduzione del gonfiore, il minor ricorso agli analgesici e soprattutto la minore necessità di dover manipolare l'arto sotto anestesia.
Ciononostante, gli autori dello studio dichiarano che spesso i benefici clinici della nuova metodica sono abbastanza limitati e in molti casi non raggiungevano la significatività. Però i dubbi degli autori si appuntavano soprattutto sui costi delle apparecchiature in rapporto al beneficio che il paziente ne traeva. Di avviso opposto, però, un editoriale che accompagnava lo studio: secondo Robert Salter, infatti, l'uso dell'apparecchiatura è comunque conveniente rispetto alla necessità di trasportare avanti e indietro i pazienti dalle unità di terapia fisica al reparto di degenza. Anche questi, in effetti, sono costi da tenere presenti.
Maurizio Imperiali
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Il caso della protesi del ginocchio
Per quanto si sia imposta abbastanza rapidamente, ancora non si avevano prove che la CPM fosse davvero efficace e, soprattutto, migliorasse i risultati rispetto alla riabilitazione tradizionale. La lacuna può oggi essere colmata almeno in parte da una metanalisi condotta da ricercatori canadesi. Qui sono stata esaminati i risultati di tutti gli studi, sono in totale 14, in cui la CPM è stata usata per il recupero dopo intervento di applicazione di protesi completa del ginocchio. Si tratta di uno degli interventi più radicali, ma anche più diffusi, eseguiti a seguito di artrosi o artrite grave del ginocchio. Ai 14 studi avevano partecipato in totale 952 pazienti che, dopo l'atroplastica, erano stati sottoposti alla riabilitazione, con o senza ricorso alla CPM. I risultati erano valutati sia in termini di lunghezza del ricovero sia in termini di capacità di flettere autonomamente la gamba trattata. Il risultato sembra positivo: dopo due settimane dall'intervento, effettivamente, chi era stato trattato anche con la CPM riusciva a flettere da solo la gamba significativamente meglio dei pazienti seguiti con le procedure consuete. Inoltre, la capacità di piegare a 90° il ginocchio veniva raggiunta in media 4,7 giorni prima. Meno evidente il vantaggio in termini di degenza: con la mobilizzazione continua passiva si guadagnavano, sempre in media, 0,69 giorni. Altri vantaggi segnalati sono la riduzione del gonfiore, il minor ricorso agli analgesici e soprattutto la minore necessità di dover manipolare l'arto sotto anestesia.
Viaggi da un reparto all'altro
Ciononostante, gli autori dello studio dichiarano che spesso i benefici clinici della nuova metodica sono abbastanza limitati e in molti casi non raggiungevano la significatività. Però i dubbi degli autori si appuntavano soprattutto sui costi delle apparecchiature in rapporto al beneficio che il paziente ne traeva. Di avviso opposto, però, un editoriale che accompagnava lo studio: secondo Robert Salter, infatti, l'uso dell'apparecchiatura è comunque conveniente rispetto alla necessità di trasportare avanti e indietro i pazienti dalle unità di terapia fisica al reparto di degenza. Anche questi, in effetti, sono costi da tenere presenti.
Maurizio Imperiali
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