24 ottobre 2008
Aggiornamenti e focus
Malattie di impatto
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I milioni di persone che in tutto il mondo soffrono di malattie reumatiche sono alla prese con diversi problemi legati soprattutto al dolore e alla disabilità. Ma c'è anche un altro importante capitolo, connesso con lo stato fisico: l'impatto psicologico, che riduce ulteriormente la qualità di vita. Che questo aspetto sia cruciale lo sostengono i malati, lo confermano i medici e l'ha voluto enfatizzare quest'anno l'EULAR (Lega europea contro le malattie reumatiche) presentando in occasione del World Arthritis Day 2008 l'indagine sul tema "Pensa positivo", terza dopo le precedenti dedicate all'attività fisica e ai problemi pratici. Il survey è disponibile come gli altri online ed è tradotto in nove lingue, raccoglie 3.600 contributi principalmente europei ma in totale da 50 paesi e si compone di due sezioni, una relativa ai pazienti e l'altra a operatori medici e assistenziali. E' un buon osservatorio per rendersi conto di quanto il problema del carico emozionale delle malattie reumatiche sia avvertito, e di come si avanzi un'istanza comune: inserire le strategie di supporto psicologico negli standard di cura di queste patologie.
I partecipanti all'indagine (fascia più rappresentata 40-60 anni), erano per due terzi pazienti e per un terzo operatori; i primi affetti da artrite reumatoide, artrite giovanile, spondilite anchilosante, osteoartrosi o altre condizioni muscolo-scheletriche (in totale più di 200 possono rientrare nel gruppo artriti/reumatismi), i secondi costituiti da reumatologi e poi figure professionali come infermieri e fisioterapisti e medici di famiglia. Il dato più forte è che la totalità di pazienti e operatori, il 97%, riferisce che la malattia reumatica colpisce anche sul piano emotivo, con un impatto negativo sull'umore spesso o molto spesso. Questo si lega a difficoltà nelle attività quotidiane, ridotta mobilità, dolore, minori possibilità di uscire e di socializzare, insufficiente comprensione da parte di colleghi e conoscenti, realtà con scarsa flessibilità e porta i malati a non confidare il proprio stato d'animo per non essere compatiti (16%), o a provare rabbia (12%) o a sviluppare depressione (5%). Non più di un terzo però affronta la questione con il proprio medico, e quanto agli accorgimenti adottati si cerca di adottare un atteggiamento mentale positivo, di proporsi piccoli obiettivi, di uscire anche quando si è giù, di condividere l'esperienza con quella di altri. Altro dato forte è che l'85% dei malati ritiene che supporti psicologici (psicoterapia e trattamenti) vadano inclusi nel regime di cura, e quasi metà di essi vorrebbe partecipare a corsi per autogestirsi. Analoga la percezione degli operatori, che appaiono sempre più consapevoli delle ripercussioni psicologiche delle malattie reumatiche: infatti il 71% afferma di sollevare il problema durante i consulti, il 33% dice di indirizzare i pazienti a psicoterapia o altro e il 22% di suggerire un corso di auto-gestione.
I riscontri dell'indagine sono peraltro in accordo con le evidenze cliniche disponibili che hanno mostrato gli effetti delle malattie reumatiche sulla funzionalità fisica, psicologica e sociale: da metà a due terzi dei pazienti riferiscono perdita di relazioni sociali, rinuncia ad attività piacevoli, limitazioni lavorative per problemi psicologici, associazione con depressione e ansia. Il risultato principale dell'indagine "Pensa positivo" sembra dunque quello di aver intercettato un bisogno insoddisfatto dei malati reumatici (e di chi li assiste), aver colto una richiesta d'aiuto che è aggiuntiva rispetto a quella ovvia e comprensibile di poter disporre di terapie efficaci per la malattia in sé. L'ha sottolineato il comitato esecutivo dell'EULAR, commentando che il messaggio fondamentale che emerge è la necessità di un approccio onnicomprensivo esteso a tutti gli aspetti delle malattie reumatiche, compresi quelli psicologici. D'altronde può essere integrato anche l'approccio sul piano fisico, per esempio al recente congresso della Società italiana di reumatologia si è ricordato come nell'artrosi, accanto alla terapia farmacologica e riabilitativa, possano portare giovamento contro il dolore cure come quelle termali.
Elettra Vecchia
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D'accordo malati e operatori
I partecipanti all'indagine (fascia più rappresentata 40-60 anni), erano per due terzi pazienti e per un terzo operatori; i primi affetti da artrite reumatoide, artrite giovanile, spondilite anchilosante, osteoartrosi o altre condizioni muscolo-scheletriche (in totale più di 200 possono rientrare nel gruppo artriti/reumatismi), i secondi costituiti da reumatologi e poi figure professionali come infermieri e fisioterapisti e medici di famiglia. Il dato più forte è che la totalità di pazienti e operatori, il 97%, riferisce che la malattia reumatica colpisce anche sul piano emotivo, con un impatto negativo sull'umore spesso o molto spesso. Questo si lega a difficoltà nelle attività quotidiane, ridotta mobilità, dolore, minori possibilità di uscire e di socializzare, insufficiente comprensione da parte di colleghi e conoscenti, realtà con scarsa flessibilità e porta i malati a non confidare il proprio stato d'animo per non essere compatiti (16%), o a provare rabbia (12%) o a sviluppare depressione (5%). Non più di un terzo però affronta la questione con il proprio medico, e quanto agli accorgimenti adottati si cerca di adottare un atteggiamento mentale positivo, di proporsi piccoli obiettivi, di uscire anche quando si è giù, di condividere l'esperienza con quella di altri. Altro dato forte è che l'85% dei malati ritiene che supporti psicologici (psicoterapia e trattamenti) vadano inclusi nel regime di cura, e quasi metà di essi vorrebbe partecipare a corsi per autogestirsi. Analoga la percezione degli operatori, che appaiono sempre più consapevoli delle ripercussioni psicologiche delle malattie reumatiche: infatti il 71% afferma di sollevare il problema durante i consulti, il 33% dice di indirizzare i pazienti a psicoterapia o altro e il 22% di suggerire un corso di auto-gestione.
Intercettato un bisogno insoddisfatto
I riscontri dell'indagine sono peraltro in accordo con le evidenze cliniche disponibili che hanno mostrato gli effetti delle malattie reumatiche sulla funzionalità fisica, psicologica e sociale: da metà a due terzi dei pazienti riferiscono perdita di relazioni sociali, rinuncia ad attività piacevoli, limitazioni lavorative per problemi psicologici, associazione con depressione e ansia. Il risultato principale dell'indagine "Pensa positivo" sembra dunque quello di aver intercettato un bisogno insoddisfatto dei malati reumatici (e di chi li assiste), aver colto una richiesta d'aiuto che è aggiuntiva rispetto a quella ovvia e comprensibile di poter disporre di terapie efficaci per la malattia in sé. L'ha sottolineato il comitato esecutivo dell'EULAR, commentando che il messaggio fondamentale che emerge è la necessità di un approccio onnicomprensivo esteso a tutti gli aspetti delle malattie reumatiche, compresi quelli psicologici. D'altronde può essere integrato anche l'approccio sul piano fisico, per esempio al recente congresso della Società italiana di reumatologia si è ricordato come nell'artrosi, accanto alla terapia farmacologica e riabilitativa, possano portare giovamento contro il dolore cure come quelle termali.
Elettra Vecchia
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