17 giugno 2005
Aggiornamenti e focus
Attività fisica intensa ma efficace
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Chi soffre di artrite reumatoide sa bene che una delle strategie o comunque una componente importante della strategia terapeutica rimane l'attività fisica. Resta da decidere le modalità con cui eseguirla, l'intensità e la tipologia degli esercizi da fare.
Sull'efficacia dei diversi tipi di programmi terapeutici si continua a dibattere. Generalmente vengono inclusi tutti i tipi di attività sportiva senza particolare propensione ad attività in particolare ma con un occhio a non caricare troppo le articolazioni proprio per evitare peggioramenti o acutizzazioni della malattia.
Recentemente, invece, è stato mostrato maggior interesse a esercizi in cui il peso corporeo del paziente non viene neutralizzato o alleggerito, come per esempio avviene con il nuoto o con il ciclismo. Ma il dubbio è che le piccole articolazioni, come quelle presenti nei piedi, possano subire danni a lungo andare, proprio perché caricate del peso. In realtà sembrerebbe proprio il contrario e lo dimostrano diversi studi di cui uno recentemente comparso su Annals of the Rheumatic Diseases.
Sono stati coinvolti circa 300 pazienti, i programmi di attività fisica proposti duravano due anni, solo che metà dei soggetti ha seguito una terapia fisica classica, l'altra metà, invece, uno schema a elevata intensità, con esercizi in cui il peso corporeo non veniva neutralizzato. Al termine del periodo sono state eseguite valutazioni del livello del danno articolare misurato radiologicamente (Larsen score) e i pazienti del secondo gruppo avevano un punteggio favorevole con un incremento medio del danno inferiore rispetto agli altri pazienti. La differenza era più pronunciata nelle articolazioni dei piedi, rispetto a quelle delle mani.
Ma questo tipo di attività fisica esercitata sempre sul lungo termine (due anni) aveva già dimostrato di ridurre la tendenza a sviluppare l'osteoporosi dei pazienti con artrite reumatoide. Si otteneva infatti un miglioramento in termini di minor riduzione della densità minerale ossea dell'anca più che nelle vertebre, e variazioni significative e indipendenti della forza muscolare e della capacità aerobica.
Nonostante queste evidenze rimangono ancora molti punti non chiariti sul meccanismo patofisiologico che provoca l'artrite reumatoide e in studi come questi non vengono presi in considerazione fattori come la qualità, la forza e la resistenza dell'osso e della cartilagine verso stress meccanici e infiammatori. Inoltre anche l'uso di farmaci, l'avanzamento della malattia ma anche l'aderenza al piano biennale proposto, sono fattori che potenzialmente possono condizionare gli esiti di un programma di attività fisica di ogni genere.
Simona Zazzetta
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Sull'efficacia dei diversi tipi di programmi terapeutici si continua a dibattere. Generalmente vengono inclusi tutti i tipi di attività sportiva senza particolare propensione ad attività in particolare ma con un occhio a non caricare troppo le articolazioni proprio per evitare peggioramenti o acutizzazioni della malattia.
Le articolazioni ringraziano
Recentemente, invece, è stato mostrato maggior interesse a esercizi in cui il peso corporeo del paziente non viene neutralizzato o alleggerito, come per esempio avviene con il nuoto o con il ciclismo. Ma il dubbio è che le piccole articolazioni, come quelle presenti nei piedi, possano subire danni a lungo andare, proprio perché caricate del peso. In realtà sembrerebbe proprio il contrario e lo dimostrano diversi studi di cui uno recentemente comparso su Annals of the Rheumatic Diseases.
Sono stati coinvolti circa 300 pazienti, i programmi di attività fisica proposti duravano due anni, solo che metà dei soggetti ha seguito una terapia fisica classica, l'altra metà, invece, uno schema a elevata intensità, con esercizi in cui il peso corporeo non veniva neutralizzato. Al termine del periodo sono state eseguite valutazioni del livello del danno articolare misurato radiologicamente (Larsen score) e i pazienti del secondo gruppo avevano un punteggio favorevole con un incremento medio del danno inferiore rispetto agli altri pazienti. La differenza era più pronunciata nelle articolazioni dei piedi, rispetto a quelle delle mani.
Ma questo tipo di attività fisica esercitata sempre sul lungo termine (due anni) aveva già dimostrato di ridurre la tendenza a sviluppare l'osteoporosi dei pazienti con artrite reumatoide. Si otteneva infatti un miglioramento in termini di minor riduzione della densità minerale ossea dell'anca più che nelle vertebre, e variazioni significative e indipendenti della forza muscolare e della capacità aerobica.
Punti oscuri
Nonostante queste evidenze rimangono ancora molti punti non chiariti sul meccanismo patofisiologico che provoca l'artrite reumatoide e in studi come questi non vengono presi in considerazione fattori come la qualità, la forza e la resistenza dell'osso e della cartilagine verso stress meccanici e infiammatori. Inoltre anche l'uso di farmaci, l'avanzamento della malattia ma anche l'aderenza al piano biennale proposto, sono fattori che potenzialmente possono condizionare gli esiti di un programma di attività fisica di ogni genere.
Simona Zazzetta
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