23 novembre 2007
Aggiornamenti e focus
Il bisturi per il dolore lombare
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In ortopedia nelle situazioni di dolore persistente o severo della colonna lombare si pone il problema dell'approccio terapeutico di tipo conservativo piuttosto che chirurgico: tipicamente nella sciatica dovuta a compressione delle radici nervose vertebrali, o nella spondilolistesi che è uno scivolamento di una vertebra sull'altra per cause acute o croniche. Le tecniche chirurgiche ma anche le indicazioni si sono andate evolvendo ed è sempre più attuale la questione se i benefici delle chirurgia valgano i possibili rischi e i costi. Due studi, pubblicati sul New England Journal of Medicine, hanno portato contributi relativamente alla chirurgia precoce nella sciatica severa e a quella nella spondilolistesi degenerativa, in confronto al trattamento conservativo. Ne vengono fuori pro e contro che confermano come le scelte vadano individualizzate.
Nel primo lavoro sono stati considerati 283 pazienti olandesi tra 18 e 65 anni con ernia del disco e sciatica severa da 6-12 settimane, escludendo situazioni quali cauda equina, paralisi muscolare, stenosi ossea e spondilolistesi. Nei paesi occidentali la sciatica ha un'incidenza di circa 5 casi ogni mille adulti e costituisce la quinta voce più elevata di spesa ospedaliera; nella maggior parte dei pazienti il dolore all'arto inferiore in un tempo intorno a due-tre mesi si risolve, ma non c'è accordo su quanto continuare con la terapia conservativa prima di offrire quella chirurgica. Nello studio metà dei soggetti è stata sottoposta entro due settimane dalla randomizzazione a intervento di microdiscectomia e l'altra metà ad approccio conservativo (fisioterapia secondo un protocollo standardizzato di esercizi), con il 40% di questi ultimi operato dopo una media di 19 settimane. Nel primo anno non si sono registrate differenze negli indici di disabilità tra i due gruppi: tuttavia il ricorso al bisturi ha risolto il dolore più rapidamente rispetto al trattamento conservativo, con una differenza più evidente nelle prime 8-12 settimane. Nella scelta tra operare o non operare potrebbero quindi incidere fattori come il timore di rischi chirurgici, l'intenzione di attendere la guarigione spontanea, la sopportabilità dei sintomi; la finestra per la decisione non si chiude subito.
L'altra ricerca, statunitense, nell'ambito dello Spine Patient Outcome Research Trial (SPORT) del quale sono stati pubblicati altri studi, ha invece analizzato i risultati a distanza della chirurgia rispetto alla terapia conservativa in pazienti con spondilolistesi degenerativa e stenosi canalare (spinal stenosis). La prima, più frequente nelle donne e dopo i 50 anni, è in genere asintomatica ma può accompagnarsi alla seconda, che provoca andatura claudicante ed è causa comune di chirurgia lombare dopo i 65 anni: in presenza di entrambe, tuttavia, i dati sulla validità dell'intervento rispetto all'approccio conservativo sono limitati. Si sono combinati i dati relativi a 304 soggetti con sintomi da almeno 12 settimane, randomizzati a laminectomia con o senza fusione (innesto osseo autologo), o trattamenti quali fisioterapia, chiropratica, farmaci, e quelli di altri 303 dello studio osservazionale. A due anni sono risultati esiti più vantaggiosi, rispetto a dolore e funzionalità, con la chirurgia.
Scelta da valutare con il paziente
La questione di chi necessiti la chirurgia della colonna non si esaurisce certo qui, anche per incertezze che permangono: per esempio, sottolinea il commentatore dei due studi, gli effetti delle diverse strategie chirurgiche seguite o dei singoli approcci non chirurgici, o nel secondo trial la possibile sovrastima del beneficio del bisturi per l'analisi osservazionale utilizzata. Un consenso potrebbe comunque esserci, conclude, sul fatto che in assenza di deficit neurologici maggiori, i soggetti con ernia del disco, spondilolistesi degenerativa o stenosi scanalare non richiedono necessariamente la chirurgia, anche se questa può essere utile per alleviare il dolore: ogni decisione va quindi presa dal paziente adeguatamente informato insieme con il suo medico.
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Miglioramento più rapido
Nel primo lavoro sono stati considerati 283 pazienti olandesi tra 18 e 65 anni con ernia del disco e sciatica severa da 6-12 settimane, escludendo situazioni quali cauda equina, paralisi muscolare, stenosi ossea e spondilolistesi. Nei paesi occidentali la sciatica ha un'incidenza di circa 5 casi ogni mille adulti e costituisce la quinta voce più elevata di spesa ospedaliera; nella maggior parte dei pazienti il dolore all'arto inferiore in un tempo intorno a due-tre mesi si risolve, ma non c'è accordo su quanto continuare con la terapia conservativa prima di offrire quella chirurgica. Nello studio metà dei soggetti è stata sottoposta entro due settimane dalla randomizzazione a intervento di microdiscectomia e l'altra metà ad approccio conservativo (fisioterapia secondo un protocollo standardizzato di esercizi), con il 40% di questi ultimi operato dopo una media di 19 settimane. Nel primo anno non si sono registrate differenze negli indici di disabilità tra i due gruppi: tuttavia il ricorso al bisturi ha risolto il dolore più rapidamente rispetto al trattamento conservativo, con una differenza più evidente nelle prime 8-12 settimane. Nella scelta tra operare o non operare potrebbero quindi incidere fattori come il timore di rischi chirurgici, l'intenzione di attendere la guarigione spontanea, la sopportabilità dei sintomi; la finestra per la decisione non si chiude subito.
Beneficio maggiore a due anni
L'altra ricerca, statunitense, nell'ambito dello Spine Patient Outcome Research Trial (SPORT) del quale sono stati pubblicati altri studi, ha invece analizzato i risultati a distanza della chirurgia rispetto alla terapia conservativa in pazienti con spondilolistesi degenerativa e stenosi canalare (spinal stenosis). La prima, più frequente nelle donne e dopo i 50 anni, è in genere asintomatica ma può accompagnarsi alla seconda, che provoca andatura claudicante ed è causa comune di chirurgia lombare dopo i 65 anni: in presenza di entrambe, tuttavia, i dati sulla validità dell'intervento rispetto all'approccio conservativo sono limitati. Si sono combinati i dati relativi a 304 soggetti con sintomi da almeno 12 settimane, randomizzati a laminectomia con o senza fusione (innesto osseo autologo), o trattamenti quali fisioterapia, chiropratica, farmaci, e quelli di altri 303 dello studio osservazionale. A due anni sono risultati esiti più vantaggiosi, rispetto a dolore e funzionalità, con la chirurgia.
Scelta da valutare con il paziente
La questione di chi necessiti la chirurgia della colonna non si esaurisce certo qui, anche per incertezze che permangono: per esempio, sottolinea il commentatore dei due studi, gli effetti delle diverse strategie chirurgiche seguite o dei singoli approcci non chirurgici, o nel secondo trial la possibile sovrastima del beneficio del bisturi per l'analisi osservazionale utilizzata. Un consenso potrebbe comunque esserci, conclude, sul fatto che in assenza di deficit neurologici maggiori, i soggetti con ernia del disco, spondilolistesi degenerativa o stenosi scanalare non richiedono necessariamente la chirurgia, anche se questa può essere utile per alleviare il dolore: ogni decisione va quindi presa dal paziente adeguatamente informato insieme con il suo medico.
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