28 marzo 2007
Aggiornamenti e focus
Contro l'ernia c'è il trapianto
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"Affascinante, ma come altre novità scientifiche che arrivano dalla Cina è un'esperienza un po' approssimativa, con molti aspetti da chiarire". Si è espresso così, interpellato dal Corriere Salute, Patrizio Parisini, direttore della Divisione di chirurgia ortopedica- traumatologica vertebrale degli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna, a proposito del trapianto, avvenuto in Cina, di dischi intervertebrali prelevati da cadavere. Una scoperta di grande impatto mediatico e dalle notevoli prospettive, se confermata da studi successivi, ma sulla quale permangono delle perplessità. Fatte le dovute premesse, però, si tratta di una notizia di grande rilievo scientifico e pubblicata da una rivista di prestigio come Lancet. Una ragione sufficiente a prenderla in considerazione. Se poi si considera, come sottolinea l'editoriale di supporto allo studio, l'enorme impatto sociale ed economico della malattia spinale, il quadro è completo.
La spina dorsale ha un comportamento biomeccanico complesso e questo in virtù delle numerose azioni che deve compiere. Proteggere il midollo spinale, mantenendo la continuità geometrica del canale spinale, mantenere corpo e tronco in posizione eretta e muoversi con l'abilità di mantenere una posizione. Queste funzioni sono garantite dal sistema articolare, nel quale dischi e giunture svolgono il ruolo principale. I dischi che separano le vertebre dalla colonna possono usurarsi con l'invecchiamento e disidratarsi, diventando così meno flessibili e più facilmente danneggiabili. La malattia degenerativa discale, così, è piuttosto complicata da gestire: non è sempre sintomatica e quando anche lo è non è semplice differenziare l'effetto della degenerazione dei dischi da altri disturbi relativi allo squilibrio. In più, le terapie attualmente disponibili hanno alcuni limiti evidenti. Il trattamento conservativo, per esempio, non allevia del tutto il dolore, mentre la fusione spinale che è il trattamento "gold standard", e consiste nella rimozione dei dischi danneggiati e nella fusione delle vertebre vicine, pur efficace, può talvolta richiedere un ulteriore intervento. Ben vengano, perciò, le nuove terapie anche quelle avveniristiche come quella proposta dai ricercatori cinesi su Lancet.
L'equipe cinese, infatti, ha presentato i risultati preliminari di uno studio per valutare flessibilità, sicurezza e performance a lungo termine di una procedura di trapianto allogenico di disco spinale, immediatamente dopo il prelievo o congelato, in 5 pazienti che soffrivano di discopita della cervicale (il collo). Uno studio che parte da lontano, visto che i ricercatori hanno cominciato dodici anni fa a sperimentare il metodo sulle scimmie. I dischi intervertebrali sono stati prelevati da tre giovani donatrici, morte in un incidente stradale. A cinque anni dall'intervento i pazienti stanno bene, "i segni e i sintomi neurologici di tutti i pazienti sono migliorati dopo l'intervento.....Nessuno dei pazienti ha avuto dolori al collo persistenti o significativi né muovendosi né in posizione di riposo" scrivono gli specialisti nell'articolo. Una terapia alternativa che, negli auspici dei ricercatori, può diventare il trattamento di riferimento nelle patologie degenerative. L'obiettivo, una volta confermati i risultati di questo studio, sarebbe arrivare a operare lo stesso tipo di intervento nella zona lombare, quella più colpita da questo tipo di problemi. Ma il tutto diventa ancora più complicato.
Marco Malagutti
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L'indispensabile spina dorsale
La spina dorsale ha un comportamento biomeccanico complesso e questo in virtù delle numerose azioni che deve compiere. Proteggere il midollo spinale, mantenendo la continuità geometrica del canale spinale, mantenere corpo e tronco in posizione eretta e muoversi con l'abilità di mantenere una posizione. Queste funzioni sono garantite dal sistema articolare, nel quale dischi e giunture svolgono il ruolo principale. I dischi che separano le vertebre dalla colonna possono usurarsi con l'invecchiamento e disidratarsi, diventando così meno flessibili e più facilmente danneggiabili. La malattia degenerativa discale, così, è piuttosto complicata da gestire: non è sempre sintomatica e quando anche lo è non è semplice differenziare l'effetto della degenerazione dei dischi da altri disturbi relativi allo squilibrio. In più, le terapie attualmente disponibili hanno alcuni limiti evidenti. Il trattamento conservativo, per esempio, non allevia del tutto il dolore, mentre la fusione spinale che è il trattamento "gold standard", e consiste nella rimozione dei dischi danneggiati e nella fusione delle vertebre vicine, pur efficace, può talvolta richiedere un ulteriore intervento. Ben vengano, perciò, le nuove terapie anche quelle avveniristiche come quella proposta dai ricercatori cinesi su Lancet.
Primo trapianto di disco
L'equipe cinese, infatti, ha presentato i risultati preliminari di uno studio per valutare flessibilità, sicurezza e performance a lungo termine di una procedura di trapianto allogenico di disco spinale, immediatamente dopo il prelievo o congelato, in 5 pazienti che soffrivano di discopita della cervicale (il collo). Uno studio che parte da lontano, visto che i ricercatori hanno cominciato dodici anni fa a sperimentare il metodo sulle scimmie. I dischi intervertebrali sono stati prelevati da tre giovani donatrici, morte in un incidente stradale. A cinque anni dall'intervento i pazienti stanno bene, "i segni e i sintomi neurologici di tutti i pazienti sono migliorati dopo l'intervento.....Nessuno dei pazienti ha avuto dolori al collo persistenti o significativi né muovendosi né in posizione di riposo" scrivono gli specialisti nell'articolo. Una terapia alternativa che, negli auspici dei ricercatori, può diventare il trattamento di riferimento nelle patologie degenerative. L'obiettivo, una volta confermati i risultati di questo studio, sarebbe arrivare a operare lo stesso tipo di intervento nella zona lombare, quella più colpita da questo tipo di problemi. Ma il tutto diventa ancora più complicato.
Marco Malagutti
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