13 dicembre 2002
Aggiornamenti e focus
Osteoporosi, dati italiani
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Lo studio ESOPO è la prima indagine epidemiologica sulla diffusione dell'osteoporosi in Italia. Ha raccolto i dati clinici di 16.000 soggetti, attraverso 83 centri specialistici distribuiti su tutto il territorio nazionale, evidenziando come l'osteoporosi sia una patologia sotto-diagnosticata e sotto-trattata. Circa il 23% delle donne dopo i 40 anni e il 14% degli uomini sopra i 60 anni è affetto da questa malattia, mentre nelle stesse fasce d'età l'osteopenia riguarda il 42% delle donne e il 34% degli uomini. Questi numeri sono in aperto contrasto con quelli raccolti dall'ISTAT, nella sua Indagine Multiscopo sulle Famiglie, dove solo il 4,7% degli intervistati (17,5% negli over 65) si dichiara affetto da osteoporosi. La discrepanza si spiega con il fatto che la malattia è quasi sempre asintomatica, ma certo sottolinea anche una certa trascuratezza da parte del sistema sanitario nelle diagnosi.
Le donne, in conseguenza del drastico calo di estrogeni dopo la menopausa, sono molto più vulnerabili degli uomini, con un rischio quasi 4 volte superiore di sviluppare questa patologia. Tuttavia l'osteoporosi resta legata a molti fattori propri dell'invecchiamento e, dato l'andamento demografico italiano, è destinata a diffondersi sempre di più. L'Italia, infatti, è al primo posto nella top ten dei paesi più vecchi del mondo, con oltre il 18% di ultrasessantacinquenni e quasi il 4% di over 85. Il rapido e marcato invecchiamento, che si prevede continui nei prossimi 20 anni, non può che portare a un aumento delle condizioni associate all'età e, quindi, dei loro costi socio-sanitari.
Costi particolarmente elevati quando si parla della conseguenza più grave: la frattura del femore, che necessita sempre del ricovero in ospedale. La mortalità in fase acuta è del 5% e sale al 15-25% nei dodici mesi seguenti; il 20% dei pazienti perde completamente la capacità di camminare, mentre solo il 30-40% riacquista la piena autonomia nello svolgimento delle attività quotidiane.
Le donne, più esposte al rischio di fratture, lo sono anche alle conseguenze invalidanti e questo rappresenta un enorme costo per la società. Le donne, infatti, rappresentano quella parte di popolazione che maggiormente si occupa della casa e dei famigliari, facendosi carico delle molte carenze che affliggono il nostro sistema socio-sanitario. Proprio i deficit di queste istituzioni- commenta il professor Gaetano Crepaldi- sembrano riflettersi in una visione maschilista della prevenzione, negando la rimborsabilità ai farmaci (costosi) per il trattamento dell'osteoporosi. Molto è stato fatto per la diagnosi precoce del tumore alla mammella, tuttavia pochi sanno che dopo i 50 anni per una donna il rischio di morte è quasi lo stesso per cancro al seno o frattura del femore. I tassi d'incidenza della frattura del femore aumentano esponenzialmente dopo i 65 anni, raddoppiando quasi ogni 5 anni d'età, fino ad arrivare a 400 casi ogni 10.000 nelle donne oltre gli 85 anni.
Elisa Lucchesini
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Le donne, in conseguenza del drastico calo di estrogeni dopo la menopausa, sono molto più vulnerabili degli uomini, con un rischio quasi 4 volte superiore di sviluppare questa patologia. Tuttavia l'osteoporosi resta legata a molti fattori propri dell'invecchiamento e, dato l'andamento demografico italiano, è destinata a diffondersi sempre di più. L'Italia, infatti, è al primo posto nella top ten dei paesi più vecchi del mondo, con oltre il 18% di ultrasessantacinquenni e quasi il 4% di over 85. Il rapido e marcato invecchiamento, che si prevede continui nei prossimi 20 anni, non può che portare a un aumento delle condizioni associate all'età e, quindi, dei loro costi socio-sanitari.
Costi particolarmente elevati quando si parla della conseguenza più grave: la frattura del femore, che necessita sempre del ricovero in ospedale. La mortalità in fase acuta è del 5% e sale al 15-25% nei dodici mesi seguenti; il 20% dei pazienti perde completamente la capacità di camminare, mentre solo il 30-40% riacquista la piena autonomia nello svolgimento delle attività quotidiane.
Rischio di fratture
Femore prossimale
- Donne 17,5%
- Uomini 6%
Colonna vertebrale
- Donne 15,6%
- Uomini 5%
Avambraccio distale
- Donne 16%
- Uomini 2,5%
Le donne, più esposte al rischio di fratture, lo sono anche alle conseguenze invalidanti e questo rappresenta un enorme costo per la società. Le donne, infatti, rappresentano quella parte di popolazione che maggiormente si occupa della casa e dei famigliari, facendosi carico delle molte carenze che affliggono il nostro sistema socio-sanitario. Proprio i deficit di queste istituzioni- commenta il professor Gaetano Crepaldi- sembrano riflettersi in una visione maschilista della prevenzione, negando la rimborsabilità ai farmaci (costosi) per il trattamento dell'osteoporosi.
Elisa Lucchesini
Fonti
- Adami et al. ESOPO Osteoporosis International, in press
- I Update "L'osteoporosi e le sue implicazioni sociali" organizzato da Procter and Gamble Divisione Farmaceutica, Milano 2 dicembre 2002
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