05 novembre 2004
Aggiornamenti e focus
Femori fatali
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A compromettere l'autonomia dell'anziano ci sono malattie croniche, come l'artrosi o il morbo di Parkinson, ma anche i traumi. Tra questi ovviamente le fratture e in particolare quella del femore. Secondo i dati presentati all'ultimo congresso della Società Italiana di Ortopedia (Napoli, 26 ottobre 2004), nell'anno 2002 le fratture del femore seguite da ricovero sono state 80800 nella popolazione oltre i 65 anni e a stragrande maggioranza (78%) si è trattato di donne. Le ragioni di questo dato piuttosto allarmante sono diverse. Intanto, malgrado oggi le conseguenze dell'invecchiamento siano state rallentate dalle migliorate condizioni socioeconomiche, resta il fatto che mediamente con l'avanzare dell'età riflessi ed elasticità vengano si riducano. Inoltre, e questo spiega la maggiore prevalenza femminile, l'allungamento della vita media fa sì che aumenti la popolazione che soffre di osteoporosi anche grave e la principale conseguenza sono proprio le fratture, quelle vertebrali da compressione e quelle del femore.
Un altro fattore causale sono i farmaci con i quali spesso l'anziano è trattato, come ha ricordato anche il copresidente del Congresso, professor Giuseppe Guida. Infatti buona parte delle cadute che portano alla frattura accadono quando l'anziano si alza dal letto la notte ed è difficile non vedere che in questo è determinante lo stato di rallentamento indotto da farmaci come sonniferi e ansiolitici. Peraltro, anche un trattamento molto aggressivo dell'anziano con antipertensivi che hanno un'azione centrale, come i beta-bloccanti, può in parte raggiungere lo stesso effetto.
Uno studio epidemiologico italiano sulle fratture del femore, presentato al Congresso SIOT dall'epidemiologo Prisco Piscitelli, epidemiologo della Libera Università Mediterranea di Bari, conferma oltretutto che la tendenza è all'aumento: tra 1999 e 2002 i casi sono aumentati del 10%. Il fatto è che spesso questa frattura non ha soltanto effetti temporanei o limitati alla mobilità. Siccome può essere ridotta soltanto chirurgicamente, richiedendo quasi sempre l'applicazione di una protesi dell'anca, porta con sé tutte le incognite di un intervento in persone anziane. "La mortalità per questa patologia subito dopo l'operazione" ha detto Piscitelli "è del 5%: in pratica perdono la vita 4.040 persone. Entro un anno dall'intervento la mortalità è del 20%, 16mila individui".
Queste fratture hanno però anche un notevole impatto economico: " Solo i costi per i ricoveri e gli interventi " ha spiegato l'epidemiologo " ammontano a 394 milioni di euro, molto più dell'infarto che peraltro richiede cure mediche: 270milioni di euro. Solo per la riabilitazione il costo è di 412milioni di euro mentre è di 108milioni di euro la spesa per l'invalidità e l'accompagnamento per i 18mila anziani che in un anno rimangono invalidi a seguito della malattia". Se a questi costi diretti, cioè quelli relativi alle prestazioni sanitarie, si aggiungono quelli indiretti, per esempio le ore di lavoro perse per i famigliari che devono assistere l'anziano infortunato, si raggiunge la cifra di 1miliardo e 97 milioni di euro. Davvero varrebbe la pena di cominciare a investire oggi in prevenzione, che significa non solo trattare l'osteoporosi ma anche rendere più sicure case e strade. Oltretutto, ne beneficerebbe tutta la società e non soltanto le "pantere grigie".
Maurizio Imperiali
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Anche il farmaco ha il suo peso
Un altro fattore causale sono i farmaci con i quali spesso l'anziano è trattato, come ha ricordato anche il copresidente del Congresso, professor Giuseppe Guida. Infatti buona parte delle cadute che portano alla frattura accadono quando l'anziano si alza dal letto la notte ed è difficile non vedere che in questo è determinante lo stato di rallentamento indotto da farmaci come sonniferi e ansiolitici. Peraltro, anche un trattamento molto aggressivo dell'anziano con antipertensivi che hanno un'azione centrale, come i beta-bloccanti, può in parte raggiungere lo stesso effetto.
Uno studio epidemiologico italiano sulle fratture del femore, presentato al Congresso SIOT dall'epidemiologo Prisco Piscitelli, epidemiologo della Libera Università Mediterranea di Bari, conferma oltretutto che la tendenza è all'aumento: tra 1999 e 2002 i casi sono aumentati del 10%. Il fatto è che spesso questa frattura non ha soltanto effetti temporanei o limitati alla mobilità. Siccome può essere ridotta soltanto chirurgicamente, richiedendo quasi sempre l'applicazione di una protesi dell'anca, porta con sé tutte le incognite di un intervento in persone anziane. "La mortalità per questa patologia subito dopo l'operazione" ha detto Piscitelli "è del 5%: in pratica perdono la vita 4.040 persone. Entro un anno dall'intervento la mortalità è del 20%, 16mila individui".
I costi sociali enormi
Queste fratture hanno però anche un notevole impatto economico: " Solo i costi per i ricoveri e gli interventi " ha spiegato l'epidemiologo " ammontano a 394 milioni di euro, molto più dell'infarto che peraltro richiede cure mediche: 270milioni di euro. Solo per la riabilitazione il costo è di 412milioni di euro mentre è di 108milioni di euro la spesa per l'invalidità e l'accompagnamento per i 18mila anziani che in un anno rimangono invalidi a seguito della malattia". Se a questi costi diretti, cioè quelli relativi alle prestazioni sanitarie, si aggiungono quelli indiretti, per esempio le ore di lavoro perse per i famigliari che devono assistere l'anziano infortunato, si raggiunge la cifra di 1miliardo e 97 milioni di euro. Davvero varrebbe la pena di cominciare a investire oggi in prevenzione, che significa non solo trattare l'osteoporosi ma anche rendere più sicure case e strade. Oltretutto, ne beneficerebbe tutta la società e non soltanto le "pantere grigie".
Maurizio Imperiali
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